Si è conclusa sabato 16 ottobre la sesta edizione del festival emiliano che, da venerdì 8, ha visto impegnate tra Modena, Sassuolo e Carpi 22 compagnie italiane e straniere con 70 spettacoli distribuiti nei diversi spazi, anche non specificatamente teatrali, recuperati tra il capoluogo e le cittadine della provincia.
Quest'ultima giornata, insieme al Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richads con il suo I Am America per la regia di Mario Biagini che è stata oggetto di mia recensione in altra occasione, ha visto protagoniste in particolare due tra le più note e compagnie del nuovo teatro italiano, IL TEATRO DELLE ALBE e MOTUS, con due spettacoli rispettivamente in prima nazionale ed in prima assoluta.
È opportuno quindi soofermarsi, innanzitutto, sue queste due drammaturgie.
DETTO MOLIERE – La 'non scuola' del Teatro delle Albe
Con questa drammaturgia, ideata insieme a Ermanna Montanari, Marco Martinelli anticipa in un certo senso lo studio e la riscrittura de L'avaro, già commentato all'esordio ravennate, ponendosi, e ponendo anche noi con lui, di fronte alla problematicità del teatro, al senso del fare teatro e soprattutto al mistero iscritto nella sua capacità di portarci con la finzione verso il vero. Problema e mistero ineludibile sin dalla nascita del teatro stesso.
Dunque una meditazione sul teatro? Uno studio sul teatro mediante il teatro? Una didattica, forse? Forse molto più semplicemente un esporre, sul filo sottile della storia antica e consueta di un matrimonio 'contrastato', il teatro direttatamente nella sua meccanica relazionale, in quell' alternarsi di conflitti, di morti e resurrezioni, di inganni e disvelamenti, meccanica così man mano scarnificata fin nei suoi minimi termini, al di là di ogni narrazione e contenuto, appunto come essenziale gioco di contrasti e relazioni.
Martinelli, rilegge così i meccanismi antichi ed essenziali del teatro, quelli delle farse degli Infarinati e della prima commedia dell'Arte conditi con raffinate citazioni anche più recenti, e li riscrive con la contemporanea sintassi degli spettacoli del wrestling, intuendo in questi, acutamente, la riproposizione di quegli antichi meccanismi tradotti in lingua attuale.
Senza questi meccanismi essenziali, semplici ma non primitivi, sembra domandarsi Marco Martinelli, potrebbe il teatro oggi intercettare l'attenzione del bambino perduto Jean Baptiste e portarlo ancora una volta alla consapevolezza drammaturgica di Molière? Poteva e può, cioè, il teatro di Racine e Corneille esistere senza gli 'Infarinati'?
La risposta che Martinelli ci dà, attraverso questa sua affasciante drammaturgia, è negativa, perchè il teatro è anzitutto “carne tritata” e si sviluppa dalla concreta fisicità degli attori che riscrivono, con la loro concreta presenza, con le loro bugie, le finte botte e le cadute spettacolari, il rapporto tra noi e la realtà del mondo.
La drammaturgia in effetti appare, per questo, tutta giocata sul doppio e sulla proiezione, il doppio di due compagnie e di due lingue (francese e italiano), il doppio dei personaggi diversi recitati dai medesimi attori, il doppio di Sganarello che ferito nella realtà per le conseguenze delle cadute, si proietta nel personaggio sempre risanato in scena.
Spettacolo affascinante, una vera 'non scuola' dove non si impara ma si partecipa. Bravissimi tutti, attori italiani e attori belgi, tecnici e musicisti, che citiamo collettivamente per questioni di spazio, ed un successo anche commovente.
ALEXIS. UNA TRAGEDIA GRECA – Motus
Drammaturgia 'polisemantica' come tradizione del Gruppo, questo lavoro di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, iscrive all'interno di una sorta di approfondimento dei motivi e delle dinamiche della Antigone Sofoclea, un tragico episodio di cronaca o storia politica, l'uccisione del giovane Alexandros-Andreas Grigoropoulos da parte della polizia ad Atene, cui seguirono disordini per le strade della capitale greca, sorta di anticipazione e spia del malessere della Società greca a confronto con le sue contraddizioni anche economiche.
Lo spettacolo peraltro risulta svilupparsi su due piani che, però, non sembrano ancora raggiungere un amalgama profondo, il piano della riflessione ed esplicitazione dei meccanismi drammaturgici della tragedia antica, come momento di consapevolezza sia soggettiva che collettiva, e quello della narrazione storica e contemporanea, per questo in un certo senso più aleatoria e transeunte.
I due piani semantici appaiono in effetti sfuggirsi vicendevolmente e sono quasi forzati l'uno di fronte all'altro al prezzo però di una sorta di semplificazione della vicenda esistenziale, complessa e contradditoria, di Alexis all'interno del contrasto tra legge e libertà, ovvero tra legge e coscienza, che Antigone tradizionalmente rappresenta.
L'assunto è comunque affascinante, in quella sorta di recupero alla contemporaneità di Polinice-Alexis, ed il padroneggiamento scenico dei linguaggio come di consueto eccellente, per la capacità di Motus di trascivere i segni in movimenti di corpi e di luci, ma rimane nel complesso un senso di incompletezza, in un approccio in cui sembra perdersi molto della complessità del messaggio di Antigone e molto delle contraddizioni di un momento storico, quello greco al pari del nostro, che va decifrato nel sue sfaccettature al di là di schematismi a volte un po' 'immaturi'.
Resta l'impatto visivo e cinetico che apre comunque, in maniera efficace, verso la realtà.
Da ultimo una breve citazione di BAROKTHEGREAT, spettacolo ideato da Leila Gharib e Sonia Brunelli, che vede in scena la danzatrice-coreografa Sonia Brunelli. Performance giocata sulla interazione tra suono e luce è una sorta di peripezia fisica all'interno del senso, non solo fisico, e della capacità di significazione del movimento. Per la coreografa, il moto, il movimento quasi prodotto dall'interagire appunto di suono e luce, è un processo di liberazione dello spazio per renderlo, a mio avviso, accogliente per il pensiero, capace cioè di accoglierlo e quindi, in senso lato, attraverso il vuoto, di produrlo. Spettacolo dunque interessante che merita e richiede altre occasioni.
Vie scena contemporanea festival
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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