Il convegno di Vicenza ha rafforzato la mia convinzione che il futuro sia dalla parte del web. Per diversi motivi: contenimento dei costi, tempestività dei contenuti, multimedialità, trasversalità, interattività. Ritengo, tuttavia, che il web, per vincere la
partita, abbia bisogno, per paradosso, di dotarsi di regole, circoscrivendo l’anarchia oggi imperante. Il florilegio di siti e blog nasconde infatti una profonda incertezza che, alla lunga, rischia di essere paralizzante. Perché il web possa crescere, conquistando piena cittadinanza nel novero della critica, ha bisogno di un immediato salto qualitativo. Servono maestri, ancora una volta. Oltre che un’etica. Con tutti suoi limiti, la “bottega” insegnava un mestiere. Magari male, ma con dei riferimenti e una metodologia certa. La facilità di accesso al web spinge molti giovani, oggi, alla scrittura. Chiunque, dotato di un minimo d’interesse e curiosità, può improvvisarsi critico. Perché questa scrittura guadagni in profondità (“verticalità”, è stato detto) c’è bisogno, tuttavia, di un confronto, anche generazionale. Una verifica continua, incanalata in un percorso, spesso difficile, di crescita progressiva, a tu per tu con un fitto ventaglio di temi, idee, spettacoli, anche molto diversi tra loro. Oltre che dello sguardo esterno, delle volte correttivo, in ogni caso migliorativo, che solo può venire da una redazione. Viceversa, il rischio di tradurre l’analisi in onanistico sfogo verbale, non giustificato dai fatti né da un’argomentazione pertinente, rimane alto. Gli esempi non mancano: recensioni superficiali, inchieste generiche e improvvisate dove, a dominare, è un mal inteso concetto di “io”, dietro l’alibi dell’autorialità. Risolvendosi in bozzetto, magari anche interessante, ma lontano dalle reali intenzioni di un approfondimento critico.