Scrivere per il web è un’avventura meravigliosa, come scrivere in generale. Se non si accettano consuetudini, presunte regole, consigli di scuola. Se si sperimenta, allora il pezzo brevissimo, il tweet, acquista la forza del titolo ampio (140
caratteri) – che può trasmettere anche informazioni – o dell’aforisma, oppure diventa quello che principalmente è: forma di intermediazione di contenuti, richiamati con un link. Lo spazio infinito consente la scrittura breve, quella veloce, e l’approfondimento di ampio respiro. E permette di narrare e analizzare mostrando documenti e suggestioni, linkando, allegando fotografie e video, un po’ di più contro l’essenza volatile dell’oggetto. È scrittura per tutti, per chi passa e va, e per i pochi che vogliono approfondire, sperando che diventino molti. Naturalmente, ogni volta ha modalità diverse, da scoprire scrivendo, provando, sbagliando, sperimentando, facendo tesoro e spostando ogni volta i confini un po’ più avanti.
Alla recensione si affianca il reportage non promozionale, l’intervista e l’intervento, il commento e l’intertestualità. Si può descrivere uno spettacolo con stelline e faccette (che c’è di male, tutti ci serviamo dei trip advisor, come sostiene Roberto Canziani), ma anche penetrarlo con una scrittura saggistica che va alla radice dei problemi e magari spazia tra i media. Si possono raccogliere riflessioni più approfondite, anche se non di lunghezza infinita (sulle 20-30 pagine) in un e-book, facile da pubblicare (tra l’altro i tablet e gli e-book rimettono in discussione le teorizzazioni sul fatto che su internet si leggano cose brevi, e che bisogna scrivere secondo brevità).
Si può utilizzare la scrittura sul web e il gioco teatrale con i social network per creare reti, per inventare nuovi ambienti, esplorare e tracciare mappe culturali.
I limiti stanno in noi stessi, nei freni opposti dell’eccessivo acritico entusiasmo o dell’avara diffidenza.