Recensioni
Drammaturgia contemporanea in scena

- Scritto da Maurizio Sesto Giordano
- Visite: 356
In anteprima nazionale ha debuttato al Teatro Brancati di Catania, dove resterà sino al 23 aprile, l’adattamento teatrale di Giuseppe Dipasquale (che cura anche regia e scene) dell’omonimo romanzo del 2006 – edito da Sellerio - di Andrea Camilleri, “La Pensione Eva”, produzione Teatro della Città - Centro di Produzione Teatrale, musiche di Matteo Musumeci, movimenti coreografici di Giorgia Torrisi e costumi di Dora Argento. Si tratta di un atto unico di circa due ore, considerato dallo stesso scrittore come una "vacanza narrativa", che nell’adattamento di Giuseppe Dipasquale (non nuovo alla riduzione drammaturgia di opere di Camilleri, infatti annotiamo “Filippo Mancuso e Don Lollò”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”) diventa un lavoro a tratti leggero e divertente ed a volte nostalgico, facendo tornare in mente la freschezza della giovinezza, il gioco innocente del desiderio e del peccato, l’'iniziazione sessuale, gli amori carnali di quei ventenni provinciali degli anni Quaranta. Su una scena colorata ed essenziale, che fotografa l’interno della Pensione Eva, il casino di Vigata, si muovono i protagonisti: il cavaliere Lardera, frequentatore storico della struttura, la nuova tenutaria la Signora

- Scritto da Daniele Stefanoni
- Visite: 224
C’è una vita da narrare, di solito messa in ombra dall’opera monumentale, così capace di travalicare i secoli e le percezioni culturali. Che ci sarà mai di così significativo in quella biografia da costruirci uno spettacolo? La risposta è in questa pièce-reading-narrazione musicale originale (Teatro Franco Parenti, via Pier Lombardo 14 a Milano, fino al 23 aprile). Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, figlio di un anonimo tappezziere nella Francia dell’assolutismo monarchico seicentesco, balbetta, abbandona gli studi, si infatua del teatro ma inanella un fiasco dopo l’altro. Otto anni di frustrazioni con le sue tragedie che non amava nessuno, ma una volontà di ferro di non mollare e un amore per il palcoscenico che vince ogni resistenza. Ottiene successo e fama con la commedia di carattere e non riuscirà più a fermarsi dallo scrivere e dall’interpretare. Le sue commedie, queste sì, sbancano il botteghino, entusiasmano il Re Sole e lo rendono il personaggio più celebre della Francia dell’epoca. Ma nessuno è

- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 234
Ci sono episodi nella Storia, con la S maiuscola, snodi, gorghi che superano gli individui o l'individuo che, anche suo malgrado, ne è protagonista, ma che però solo attraverso quell'individuo possono trovare una giustificazione, una dimensione significativa che da esistenziale si fa appunto storica e talora fin metafisica (almeno intendendo la metafisica della politica). Il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, con il corollario di una suo prima che lo prepara e lo rende possibile, e di un suo dopo, lungo, difficile e controverso che ancora non lo ha del tutto illuminato, è uno di quegli episodi, o snodi, o gorghi che dir si voglia, ovvero incroci, insieme causali e casuali, in cui precipita molto di più di quello che appare a prima vista. Con questo suo “Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro” Fabrizio Gifuni, che lo ha ideato, messo in drammaturgia e che lo interpreta, proprio questo vuole e cerca di fare, illuminare cioè la Storia attraverso la lente di quell'individuo, singolare ma anche in qualche modo archetipicamente simbolico, che ne è stato stritolato in forma di vittima sacrificale del potere per consentire a questo di riprodursi. Un'offerta tragica, proprio nel senso che la definizione

- Scritto da Emanuela Ferrauto
- Visite: 441
Nel 2017 avevamo osservato con attenzione Sergio Del Prete il quale, insieme a Roberto Solofria, aveva colpito il pubblico con lo spettacolo CHIROMANTICA ODE TELEFONICA AGLI ABBANDONATI AMORI, testo creato attraverso la lettura e l’ispirazione dettate dagli splendidi capolavori di Enzo Moscato, Giuseppe Patroni Griffi, Annibale Ruccello, Francesco Silvestri. Il successo di questo spettacolo, visto sei anni fa al Teatro Bellini di Napoli, aveva sollevato interesse anche nei confronti del giovane attore, artista in verità di esperienza, che aveva regalato al pubblico una prova intensa. Dopo qualche anno, ritroviamo Del Prete non solo come interprete, ma anche come autore, attraverso un allestimento scenico che, in parte, ricorda le ambientazioni di CHIROMANTICA, ma che sembra esplodere sul palcoscenico come un’urgenza interiore e personale. È evidente, infatti, che questo testo, monologo interiore e flusso di coscienza, rappresenti una necessità: l’attore/autore si mette a nudo davanti al suo

- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 315
La geometrica rappresentazione della 'violenza', che sembra appartenerci fondativamente più di ogni altra passione o sentimento, quando scende in guerra calcandosi l'elmo dell'Amore e dunque mascherandosi con esso solo e proprio per esserne, cosi metamorficamente trasfigurato, il più distante possibile. È la nuova drammaturgia di Carmelo Rifici, in collaborazione con Livia Rossi, che lui stesso mette in scena e che ha al suo baricentro l'omonimo e famosissimo romanzo di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, illuminato, a scritto dello stesso drammaturgo, dalle interpretazioni, anzi elaborazioni di René Girard. Scrive il filosofo francese (riferendosi al teatro di Marivaux): <<Quello che sigilla la battaglia amorosa è l'alleanza tra vanità rivali, un vero e proprio patto di ammirazione reciproca che assomimiglia a un surrogato dell'amore corrisposto finché la sua tenuta non è messa alla prova; naturalmente non esiste alcun rischio in proposito, poiché la commedia arriva alla fine>>. Ma questo baricentro è come una frattura nella roccia da cui, fonte perennemente surgiva, sgorgano infinite suggestioni psicologiche e ripetute corrispondenze linguistiche che ci portano spesso a coloro

- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 486
Ci sono talora nell'esistenza elementi e situazioni che percepiamo confusamente e che non riusciamo sempre a mettere correttamente a fuoco, quasi non avessimo, o non avessimo ancora, gli strumenti adatti alla loro coerente elaborazione, individuale o sociale non importa. Il teatro spesso offre questi strumenti quando parla di noi attraverso noi. È il caso di “10 KG”, drammaturgia coinvolgente che narra indagando, ovvero indaga scenicamente narrando, un fenomeno che corre sotto traccia nelle affluenti società europee, ma che, come una corrente che si confonde tra le altre di un fiume una volta impetuoso ed ora piuttosto impantanato, sembra essere accantonato come occasionale anomalia, sociologicamente interessante ma socialmente ininfluente. Eppure si tratta di qualcosa che, se ben guardiamo, ci riguarda molto più di quanto vorremmo, poiché inerisce non tanto la scelta che viene fatta, e di cui continuiamo a sorprenderci un po' ipocritamente, piuttosto perché va a mettere in