Recensioni
Drammaturgia contemporanea in scena

- Scritto da Angela Villa
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Sospesa fra vita e morte, fra dover dire e dover fare, legata a una parola che nessuno ascolta, Cassandra si consegna all’eternità. Un fascio luminoso l’avvolge. Cassandra di Christa Wolf, nella regia di Carlo Cerciello, diventa così metafora del Teatro, della lingua teatrale che parla a un mondo di ciechi, qual è il suo destino? Continuare a parlare e denunciare. La piccola Sala Tre del Teatro Franco Parenti di Milano, comincia a riempirsi fra il vociare del pubblico e Cassandra, è là ad attenderci, è là da sempre, figura emblematica, che attraversa il tempo, in eterno conflitto con il potere. Con questo testo Christa Wolf (1929-2011), denuncia il clima di oppressione nella Germania dell’Est, nonostante i crescenti dissapori, ha creduto e si è impegnata fino in fondo, cercando di combattere dall’interno. Come più volte ha dichiarato: «Se io posso liberarmi e posso continuare a scrivere, totalmente indipendente, posso restare qui, se no, devo andarmene.» Cassandra, nel monologo messo in scena da

- Scritto da Paolo Randazzo
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Se amate gli spettacoli in cui ad essere al centro di tutto è la parola e il suo brillare tagliente quando sono intelligenze vivide a usarla e quando la si adopera, senza pietà alcuna, come arma, allora “Boston Marriage”, prodotto dal Teatro Biondo di Palermo insieme con il Centro Teatrale Bresciano, fa assolutamente per voi. Il testo è di David Mamet (nella traduzione di Masolino D’Amico) e lo spettacolo è concepito e diretto da Giorgio Sangati. Interpreti, assolutamente all’altezza, sono Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria. Sulla scena del Biondo di Palermo (Sala Grande), in prima nazionale, dal 17 al 26 marzo per poi iniziare una tournee che si concluderà il 21 maggio al Gobetti di Torino. Negli Stati Uniti di fine ottocento, due signore in età, Anna e Claire s’incontrano di nuovo. Sono state amanti una volta, una coppia omosessuale, innamorate, ma poi è finita e adesso Anna prova a farsi mantenere da un ricco signore e protettore, mentre Claire desidera il suo aiuto (e la sua

- Scritto da Emanuela Ferrauto
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Arriva dalla Puglia questo spettacolo prodotto da TEATRO DEI LIMONI, compagnia foggiana che si presenta a Napoli attraverso Leonardo Lo Savio e Roberto Galano, entrambi interpreti di questa storia, ma rispettivamente anche autore e regista. L’inflessione pugliese affiora a tratti, ma sostiene l’intero racconto scenico che è costruito su quel filone narrativo-drammaturgico che caratterizza la drammaturgia meridionale contemporanea. Per questo motivo la nostra attenzione si è rivolta in particolare a LA STRADA, spettacolo in scena al Teatro TRAM di Napoli dal 3 al 5 marzo. Il teatro di parola, caratterizzato dai racconti che sembrano nascere tra le pagine di un libro e poi riportati sulla scena, è costantemente abbracciato dai drammaturghi e dagli attori meridionali e, anche in questo caso, la scrittura teatrale pugliese, come quella calabrese e siciliana, appare in scena come un lungo racconto inframezzato da monologhi, soliloqui, sequenze riflessive e dialogiche. Il titolo ci ricorda numerosi film “on the road” a cui si ispira questa introspezione e riflessione sull’umanità, affidata a due personaggi maschili di mezza età che si ritrovano a viaggiare insieme attraverso il famoso BLA BLA CAR. Due uomini con due visioni del futuro e della vita apparentemente differenti: l’uno più gioioso, a tratti superficiale, intento a tessere un rapporto di forzata confidenza e un dialogo aperto con l’ospite accolto

- Scritto da Laura Bevione
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Un’aula scolastica d’altri tempi, con i massicci banchi di legno con il piano di formica verde, la lavagna con i gessetti e le pareti ricoperte di vecchie carte geografiche. La maestra – gonna e golfino neri e camicetta candida – arriva con passo fermo, autorevole e allo stesso tempo affabile. Laura Cleri indossa le vesti e la mirabile vicenda umana di un’altra Laura, Seghettini, dal 1944 partigiana prima del Battaglione Picelli e poi della 12ª Brigata Garibaldi, attivi sull’Appennino Tosco-Emiliano, e, dopo la guerra, maestra elementare. Una donna forte e determinata che, nondimeno, scelse per quasi sessant’anni di non raccontare quell’esperienza, vissuta quando era appena ventenne, salvo poi decidere nel 2006 di pubblicare le proprie memorie partigiane, con il titolo Al vento del Nord. Una donna nella lotta di Liberazione, edito da Carocci – una nuova edizione, pubblicata da ETS, risale al 2018, un anno dopo la scomparsa dell’autrice. Da questo libro autobiografico, che ripercorre i mesi trascorsi come combattente – e non come “semplice” staffetta – Laura Cleri ha realizzato uno spettacolo destinato a un gruppo ristretto di spettatori, “scolari” della maestra-partigiana. Declinando in maniera

- Scritto da Angela Villa
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Tempo di seconda mano di Svetlana Aleksievič ha debuttato il 25 marzo, in prima nazionale, al Teatro Due di Parma con la regia di Carlo Cerciello e la drammaturgia Florian Borchmeyer. Cerciello è un regista che sa stupirsi di fronte alla realtà e sa stupire il pubblico. Intendo stupore nel senso filosofico e antropologico del termine, cioè la capacità di interrogarsi sulla vita, sulle problematiche, Cerciello, riesce in tal modo a far scaturire dal suo mondo teatrale una scintilla, che porta a contestare il mondo così come è dato e cercare uno sguardo nuovo per ridisegnarlo. In questo suo continuo interrogarsi e dialogare con i classici e i contemporanei, sa stupire e affascinare lo spettatore, tenendolo in tensione per settanta minuti, crea uno spettacolo con una serie di effetti scenici e figure simboliche che si susseguono, fino alla scatola magica finale. Il suo sguardo è sempre rivolto ad un dialogo diretto e immediato con il pubblico, intelligenza, sensibilità, riflessione critica, passione, sono caratteristiche della ricerca teatrale che conduce da anni. Si esce da teatro, discutendo, ponendosi, dubbi facendo domande, questa è la funzione del Teatro, quando svolge una ricerca sul piano esterno, quello del

- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Non è così consueto intercettare una drammaturgia che, esteticamente, non parla tanto o solo di sé stessa, ma attraverso di sé parla di noi, di come lo siamo diventati e soprattutto di come potremmo tornare ad essere. Il fenomeno Laplante, testo di Maurizio Patella messo in scena per il Teatro della Tosse per la regia di Emanuele Conte, riesce a farlo, senza pesantezze didattiche e senza retorica, scegliendo la sintassi leggera da cabaret futurista o post-futurista che ben si addice all'epoca dei fatti, in una sorta di inattualità di cui il sottotitolo della pièce, “Lo strano caso del capo indiano fascista”, è limpido esergo. È un lavoro, tra l'altro, figlio di un oggi inconsueto approfondimento documentario della verità degli eventi artisticamente trasfigurati in scena (lo spunto è un episodio secondario raccontato nel libro di Emilio Lussu “Marcia su Roma e dintorni”). La concreta rappresentazione di tutto questo è infatti il costume del capo Cervo Bianco posto al centro del palcoscenico e che fedelmente riproduce