Articoli e interviste
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- Scritto da Angela Villa
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Piano City Milano è il primo festival diffuso di Milano, nato nel 2011, cresce negli anni e si evolve accompagnando le trasformazioni della città. Un progetto che sin dall’inizio si è caratterizzato, grazie all’innovativo metodo di lavoro che vede il coinvolgimento di istituzioni, artisti, associazioni, reti e partner. Una rivoluzione silenziosa che, ribalta le dinamiche della musica dal vivo divenendo in tal modo un momento di alto coinvolgimento del pubblico, come avviene per il teatro. Tutta la città diventa un grande palcoscenico musicale. La musica che non aspetta il pubblico, ma gli va incontro nelle piazze, nelle case e in spazi non convenzionali la musica che diventa teatro di strada; una diffusione che non concentra l’attenzione verso il centro, ma invade pacificamente tutto lo spazio urbano; qualità culturale inclusiva, non per pochi, ma donata a tutti, in modo da generare nuova cultura. Nel 2018, Daniela Cattaneo Diaz e Titti Santini, fondatori di Accapiù e Ponderosa, insieme a Manuela Rosignoli e Lorenzo Carni, che hanno curato la direzione esecutiva del festival, decidono di costituire l’Associazione senza scopo di lucro Piano City Milano. Uno strumento per rendere più forte il rapporto con le istituzioni e
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- Scritto da Maria Dolores Pesce
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In contesti e con significati diversi, e anche con sfumature talora contraddittorie, i Balcani sono stati spesso definiti la “ferita d'Europa”, una ferita che, come sorta di stimmata identitaria, talvolta riprende a sanguinare. Luogo da sempre di transito tra Oriente e Occidente, luogo di antichissime e più recenti migrazioni per sua stessa natura geografica, invece di essersi trasformato in un fecondo bacino di fusione di identità singole e collettive, invece di definirsi cioè quale luogo di scambio, è diventato e si è quasi sempre caratterizzato come luogo di scontro. Anzi direi come “il luogo”, in senso fisico ma anche in senso spirituale o mentale, dello scontro, scontro di civiltà e scontro di etnie, scontro di individui e scontro di Stati, come l'ultima tragica fiammata che lo ha attraversato negli anni 90 del novecento, alla caduta di quella Jugoslavia rivelatasi laboratorio promettente ma poi, per cause diverse, frantumatosi. Oggi, infine, è ancora la terra di transito, il percorso (la cosiddetta “rotta balcanica”) di una migrazione disperata che vuole solo attraversarla, quella terra, per poter poi andare oltre, verso il miraggio di una Europa Felix che i Balcani, come sempre anticipano, difendono ma insieme
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- Scritto da Angela Villa
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I luoghi della Resistenza a Cologno Monzese “Qualcuno deve pur lottare” Così rispondeva, Antonio Fanzel, alla moglie quando lei gli diceva di non andare agli scioperi, gli chiedeva di pensare ai figli ma il miglior modo per pensare ai propri figli è proprio quello di lottare, di non dimenticare, di protestare. Il miglior modo è, non rimanere indifferente. Gramsci in un testo del 1917 diceva proprio questo: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”. (La città futura l’11 febbraio 1917) Vivere significa partecipare, la direttrice della Biblioteca Civica di Cologno Monzese, racconta il percorso che ha permesso di realizzare un’iniziativa di teatro canzone per le vie della città, in particolare, la sezione di storia locale, curata da Paola Domina, ha messo a disposizione della compagnia ATIR TEATRO RINGHIERA, i documenti e le testimonianze dei deportati e dei loro parenti. Un percorso fatto di racconti, testimonianze, canzoni, testi tratti da Antonio Gramsci, Italo Calvino, Umberto Eco, Sandro Pertini, lettere scritte dai deportati. Testimonianze
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- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Diciannovesima edizione del “Festival dell'eccellenza al femminile”, nel segno della “Next generation women”, e undicesima edizione del “Premio Ipazia alla nuova drammaturgia” che ha come suo tema, in questo 2023, “L'identità”. Un tema istituzionalmente aperto e molto libero che può e vuole raccogliere le innumerevoli suggestioni che la discussione in corso propone su cosa oggi va a comporre l'identità e innanzitutto, dato il contesto, una identità di genere che ormai travalica i limiti della sola identità biologica, per farsi antropologica e poi culturale e dunque sociale. Come sappiamo il Premio si caratterizza per la volontà di valorizzare il ruolo della donna nel teatro e quest'anno, fedele alla sua linea, raddoppia e si costituisce anche come Premio Ipazia alla migliore attrice, alla sua prima edizione.
Un premio che, come dichiarano le promotrici, nasce dentro l'orizzonte del movimento “ME-TOO” che in questi ultimi anni ha messo in discussione con successo le dominanti gerarchie maschiliste e
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- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Seguo da tempo, anche attraverso gli spettacoli di Kronoteatro, Fiammetta Carena e ne apprezzo sinceramente le scritture teatrali. Credo possa essere definita una drammaturga di frontiera, nel senso che questo termine (“la Frontiera”) ha assunto nell'immaginario moderno e non solo Nord Americano. Una drammaturga cioè che si è posta con consapevolezza sul confine dell'ignoto, lo sguardo rivolto a quelle “terrae incognitae” che stanno oggi di fronte a tutti noi. La forza profonda di questa sua drammaturgia risiede proprio nella manipolazione degli schemi, di cui si riconosce la capacità di rassicurare e insieme di allontanare e imprigionare. Schemi sociali, culturali, esistenziali sempre più irrigiditi in un universo al contrario, e paradossalmente, sempre più fluido. Una contraddizione che produce quel caratteristico orrore della normalità che percepiamo spesso in quelle molte scritture che l'avvicinano, ma con singolare originalità, al mondo di un certo teatro europeo, nordico e soprattutto germanico di
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- Scritto da Maria Dolores Pesce
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L'Amore in fondo, esteticamente ed artisticamente scrivendo, è uno schema sintattico, poco importa che la grammatica sia costituita da parole o da gestualità, che organizziamo galleggiando a stento, anzi talora felicemente affondando e con essa impastandoci, nella sostanza sentimentale e affettiva di cui siamo umanamente fatti e che ci siamo abituati a chiamare Amore, pur, al pari di Pietro, rinnegandolo come spesso accade oggi. Così lo shakespeariano Romeo e Giulietta, oltre ad essere una delle realizzazioni drammaturgicamente più alte di quella sintassi, è diventato anche una struttura estetica capace ancora di guidare la nostra faticosa esplorazione di quel magma, ed il tentativo di tracciarne una mappa che ci aiuti a non perderci, dirottati dalla forza della storia sul sentiero imprigionante della maschera che si traveste da confortante luogo comune. L'omonimo Studio performativo di Bernardo Casertano, cioè lo Sharing esito di una residenza artistica promossa e ospitata da Teatro Akropolis di Genova selezionando un gruppo di giovani attori, usa in questo modo quella struttura, che collega lo psicologico al metafisico, e, quasi fosse un cantiere appena aperto, ricostruisce al suo interno