Articoli e interviste

- Scritto da Maria Dolores Pesce
“Festival Internazionale di azioni cattive” giunto alla sua sesta edizione. Non “cattive azioni”, si badi bene e per quanto ovvio, ma “azioni cattive” ove in questo aggettivo qualificante, una parola dalle figurativamente poliedriche declinazioni significative, precipitano intenzionalità e finalità profondamente teatrali, dalla cattiveria che caratterizza la volontà ferma di raggiugere il proprio senso ovvero il proprio scopo estetico, alla cattiveria che pronuncia in scena l'artuadiana “crudeltà”, cioè il coraggio che travolge la paura che abbiamo di 'vedere', e prima ancora di vedere, la paura di 'guardare'.
Da quest'anno riconosciuto a livello ministeriale, in ambito FUS, come “Festival di Danza” è, alla mia percezione, un evento che, ruotando su sé stesso a partire proprio dalla danza, coltiva l'intenzione e l'ambizione di rintracciare e mostrare sulla scena una idea di teatro “totale”, con ascendenze legittime o illegittime che siano in molti maestri, una idea istituzionalmente ricercata in promesse, talora

- Scritto da Marco De Marinis
1. 1961. Peter Brook ha trentasei anni. E' un regista teatrale e cinematografico di successo. Per quanto riguarda il teatro, suo principale campo d'azione, ha spaziato su tutti i generi, dai più impegnati ai più leggeri e commerciali, musical incluso. E' il regista shakesperiano più innovativo e acclamato del suo Paese e proprio da quell'anno dirige la più prestigiosa istituzione teatrale inglese dedicata al grande Bardo: la Royal Shakespeare Company (RSC). Eppure è in crisi e vede nero nel futuro del teatro: "La terribile verità è che, se in questo paese si chiudessero tutti i teatri, l'unica impressione di perdita sarebbe la sensazione, da parte di una comunità raffinata, della mancanza di una fra le comodità della vita civilizzata – come gli autobus e l'acqua corrente." Questa riflessione appartiene a uno scritto che Brook pubblica appunto nel 1961 sulla rivista “Encore”. Dopo aver sperimentato a fondo, per oltre un decennio, “tutte le forme di teatro possibili” (sono ancora parole sue), egli è arrivato, alla

- Scritto da Marco De Marinis
Ho letto con attenzione il lungo articolo fantastorico di Tiziano Scarpa sul teatro italiano del nuovo millennio (Stefano Massini e gli altri che salvano il teatro da sé stesso, "Domani" del 26 giugno). È brillante, addirittura effervescente. Ma, una volta esauritesi le bollicine, quello che resta assomiglia molto, purtroppo, all'ennesima variazione sull'eterno lamento dell'autore teatrale incompreso e bistrattato. Quasi un genere letterario, nel nostro Paese, con una lunga tradizione (non priva di momenti alti, da Alfieri a Pirandello, a Pasolini), che si ripropone con implacabile periodicità. La trovata narrativa dello studioso del 2122, che scrive una Storia del teatro italiano del ventunesimo secolo, serve a stento a mascherare la sostanza genuinamente reazionaria della requisitoria scarpiana, che ricalca appunto da vicino il suddetto "genere": "l'Italia viveva uno stallo che impediva al teatro di essere una forza significativa nella cultura e

- Scritto da Maria Dolores Pesce
Custodi dei dorati frutti di Era/Giunone le Esperidi, secondo alcuni miti, erano anche esperte nel canto e nella danza, attraverso i quali nascondevano e insieme rappresentavano, a chi avesse occhi per vederli, i misteri di cui erano esecutrici e dunque, in fondo, 'attrici'. Al pari della loro consorella Atalanta, la ninfa della corsa, ninfa tutelare di altri boschi appena oltre le montagne e le valli di “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...”. Canto e danza, peripezie e viaggi, la corsa della vita, dunque, tra natura e teatro. In sintesi così appare “Campsirago Residenza” che, con la comune direzione artistica di Michele Losi, questo Festival da 18 anni organizza nelle colline tra la gaddiana Pastrufazio (la Brianza intendo ovviamente) e i manzoniani monti sorgenti dalle acque, luoghi di amori e di fughe, di guerra e di Pesti malefiche alla ricerca della luce di un Dio nascosto. Infatti titola se stessa “Following the Sun” l'edizione di quest'anno, tra ville storiche e borghi (Colle Brianza, Ello, Olgiate Molgora,

- Scritto da Maria Dolores Pesce
Esistono dei rivoluzionari conservatori, ovvero degli innovatori tradizionalisti? Ricordando Peter Brook, la sua vita artistica ed i suoi insegnamenti, verrebbe da dire di sì per la sua capacità, quale vero e proprio 'facitore' di teatro, di stare a lato delle convenzioni creative senza abbandonarle, anzi sapendole usare, senza diventarne prigioniero, per costruire a partire da un linguaggio comune e percettibilmente condiviso nella sua immediatezza, un percorso nuovo che quel linguaggio trasfigurava e traslava, oltre e insieme. Secondo i suoi biografi avrebbe voluto fare cinema, ove peraltro non sono mancate sue prove eccellenti, ma non riuscendo ad esordire 'capitò', per sua e soprattutto nostra fortuna, al teatro, che segnò in maniera non abituale percorrendolo anche fisicamente da nord a

- Scritto da Maria Dolores Pesce
“FUORI FORMATO” un titolo programmaticamente suggestivo per un Festival che si propone di esplorare il poco esplorato, di intercettare il difforme rispetto ai moduli più consueti della espressività artistica e teatrale. Un Festival, questo genovese giunto alla settima edizione, di Teatro Danza e non a caso, poiché a mio avviso, il teatro/danza e, in esso, la danza in particolare ha in questi ultimi tempi sviluppato una rinnovata tensione creativa, una voglia di scoperta che lo ha spinto e lo spinge ad avventurarsi in “terra incognita”. Del resto la danza, attraverso il corpo e i suoi movimenti coreografici, è istituzionalmente, per così dire, il luogo estetico nato e concepito proprio per rappresentare l'invisibile, per esprimere l'indicibile ovvero ciò che non si è ancora in grado di “dire”. È un cominciare, con il rituale all'interno del cerchio misterico della coreusi dionisiaca, a dare “forma”, in senso stretto, al magma indistinto che ci produce e ci spinge, per approdare a quella consapevole e luminosa visione del