Articoli e interviste

- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Diciannovesima edizione del “Festival dell'eccellenza al femminile”, nel segno della “Next generation women”, e undicesima edizione del “Premio Ipazia alla nuova drammaturgia” che ha come suo tema, in questo 2023, “L'identità”. Un tema istituzionalmente aperto e molto libero che può e vuole raccogliere le innumerevoli suggestioni che la discussione in corso propone su cosa oggi va a comporre l'identità e innanzitutto, dato il contesto, una identità di genere che ormai travalica i limiti della sola identità biologica, per farsi antropologica e poi culturale e dunque sociale. Come sappiamo il Premio si caratterizza per la volontà di valorizzare il ruolo della donna nel teatro e quest'anno, fedele alla sua linea, raddoppia e si costituisce anche come Premio Ipazia alla migliore attrice, alla sua prima edizione.
Un premio che, come dichiarano le promotrici, nasce dentro l'orizzonte del movimento “ME-TOO” che in questi ultimi anni ha messo in discussione con successo le dominanti gerarchie maschiliste e

- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Seguo da tempo, anche attraverso gli spettacoli di Kronoteatro, Fiammetta Carena e ne apprezzo sinceramente le scritture teatrali. Credo possa essere definita una drammaturga di frontiera, nel senso che questo termine (“la Frontiera”) ha assunto nell'immaginario moderno e non solo Nord Americano. Una drammaturga cioè che si è posta con consapevolezza sul confine dell'ignoto, lo sguardo rivolto a quelle “terrae incognitae” che stanno oggi di fronte a tutti noi. La forza profonda di questa sua drammaturgia risiede proprio nella manipolazione degli schemi, di cui si riconosce la capacità di rassicurare e insieme di allontanare e imprigionare. Schemi sociali, culturali, esistenziali sempre più irrigiditi in un universo al contrario, e paradossalmente, sempre più fluido. Una contraddizione che produce quel caratteristico orrore della normalità che percepiamo spesso in quelle molte scritture che l'avvicinano, ma con singolare originalità, al mondo di un certo teatro europeo, nordico e soprattutto germanico di

- Scritto da Maria Dolores Pesce
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L'Amore in fondo, esteticamente ed artisticamente scrivendo, è uno schema sintattico, poco importa che la grammatica sia costituita da parole o da gestualità, che organizziamo galleggiando a stento, anzi talora felicemente affondando e con essa impastandoci, nella sostanza sentimentale e affettiva di cui siamo umanamente fatti e che ci siamo abituati a chiamare Amore, pur, al pari di Pietro, rinnegandolo come spesso accade oggi. Così lo shakespeariano Romeo e Giulietta, oltre ad essere una delle realizzazioni drammaturgicamente più alte di quella sintassi, è diventato anche una struttura estetica capace ancora di guidare la nostra faticosa esplorazione di quel magma, ed il tentativo di tracciarne una mappa che ci aiuti a non perderci, dirottati dalla forza della storia sul sentiero imprigionante della maschera che si traveste da confortante luogo comune. L'omonimo Studio performativo di Bernardo Casertano, cioè lo Sharing esito di una residenza artistica promossa e ospitata da Teatro Akropolis di Genova selezionando un gruppo di giovani attori, usa in questo modo quella struttura, che collega lo psicologico al metafisico, e, quasi fosse un cantiere appena aperto, ricostruisce al suo interno

- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Potremmo definire Sibilla Aleramo, in una delle tante sfumature che il termine porta con sé, una 'visionaria', una sorta di utopista il cui orizzonte in continuo movimento va oltre ogni clichè, non solo quelli che la maschera borghese vorrebbe imporle, ma anche quelli di un femminismo di maniera che cerca di celarne l'esplosività nascosta. Una visionarietà che ha posto, e pone tuttora attraverso i suoi riemergenti richiami, al centro del suo orizzonte l'amore che, come sentimento ultra-psicologico ovvero come energia irriducibile, costituisce e fonda l'umanità dell'essere umano (dell'essere umani anche) e che, per questo, costruisce il segno di una sua propria incoercibile libertà. Una rivendicazione dunque che non può che partire dalla femminilità intesa come declinazione di un esserci sempre fluido e in continua modificazione, dalla donna cioè che diventa custode e stimolo della sua generazione e della sua rigenerazione, contro quel riflesso nel maschile che spesso ne irrigidisce i lineamenti in un

- Scritto da Angela Villa
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2 marzo 2023, ultima lezione del corso, PICCOLA MACCHINA DELLO STUPORE 2, con Paolo Nori, ci regala in video, 50 minuti di lettura, un flusso di coscienza senza mai perdere un tono, un elemento emotivo, “La Fondazione” di Raffaello Baldini. Scritta in dialetto romagnolo, poi tradotta in italiano, La Fondazione, è un testo sulle cose che svaniscono e sul desiderio di conservarle. Baldini oltre che poeta ha scritto anche monologhi che sono stati rappresentati in teatro e Paolo Nori più di una volta ha letto questo testo nelle sue presentazioni. Nori, ci invita a riflettere sulla particolarità di questa scrittura, sulla sua musicalità interna, sulla verità di un personaggio che supera il tempo e lo spazio, anche se nasce in dialetto romagnolo, quest’opera, potrebbe appartenere a qualsiasi luogo a qualsiasi tempo, perché il protagonista del testo è un personaggio profondamente umano. Un uomo colleziona ossessivamente oggetti del passato, ma quando lui morirà chi raccoglierà il suo tempo e le sue

- Scritto da Maria Dolores Pesce
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I termini che a mio avviso si possono più coerentemente accostare alla attività e alla creatività teatrale di Arturo Cirillo mi paiono soprattutto due e reciprocamente illuminanti: Paradosso e Ossimoro. In effetti Arturo Cirillo nasce e si forma all'interno di un fiume della tradizione italiana che ha come suoi argini da una parte l'Accademia, nella forma di indirizzo ed educazione all'arte drammatica che nasce nel secondo dopoguerra, e dall'altra il teatro partenopeo che scavalca le due guerre mondiali per approdare ad Eduardo. Ma nonostante questo, o forse, paradossalmente appunto, proprio attraverso questo, è anche artista che sta dentro l'innovazione e la ricerca del nuovo teatro, a cui si è guadagnato, per intuizioni ed espressioni di scrittura scenica, il diritto ad appartenere. Un tradizionalista innovativo, dunque, o anche un innovatore tradizionale se vogliamo (e questo è l'ossimoro). Ed è proprio questa ultima frizione che, io credo, produce l'energia drammatica che, sia nell'aspetto della recitazione che in quello della regia e anche, ora, della drammaturgia, leggiamo nelle sue messe in scena, e non solo nelle ultime. Diplomatosi nel 1992 in recitazione all'Accademia nazionale di arte