Articoli e interviste
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Proseguendo in questa nostra ricognizione della tredicesima edizione del festival autunnale di Teatro Akropolis, sorta di peripezia che segue cadenze più estetiche che temporali, incontriamo la danza Butō che ha occupato l'intera giornata di sabato 5 novembre. È questo un appuntamento raro nel panorama teatrale italiano, cui la Compagnia di David Beronio e Clemente Tafuri si accosta con regolarità ormai da qualche anno, rappresentando in un certo qual modo, per la sua articolazione di grandi ospiti e per l'organicità della sua organizzazione, un unicum. Più che una danza in senso stretto, il Butō è una espressione compiuta e coerente del corpo e della mente/anima che lo alimenta e lo muove, talora addirittura costringendolo, in sentieri inusuali capaci di illuminare spazi inaspettati, gli spazi della bellezza. Fusione nella dissociazione, individuazione e perdita dell'uno (il corpo) nell'altra (la mente/anima) finalizzati insieme alla costruzione di un corpo scenico singolare e anche irripetibile nella sua
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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In medias res. Come dicevano i latini per raccontare questa tredicesima edizione del Festival “Testimonianze Ricerca Azioni”, che più che un festival è appunto una sorta di narrazione con al suo nucleo il Teatro, è opportuno partire dal centro del suo operare. Un centro da cui si irradiano le riflessioni di Teatro Akropolis che lo organizza, e quindi dei suoi Direttori Artistici David Beronio e Clemente Tafuri, e che ne alimenta continuativamente le suggestioni, il loro modo di intendere la cosiddetta “Arte drammatica”. Questo centro è il “mistero del Teatro”, il mistero cioè del rapporto tra la vita e la sua rappresentazione, cioè tra rappresentazione e conoscenza che ne consegue, una conoscenza che è essenzialmente un processo e non l'imitazione di un oggetto. Una conoscenza estetica che nasce dunque da un comporre, da un mettere assieme gli elementi dell'esistenza che continuamente fluisce ed il cui esito è sempre qualcosa di più della semplice somma di quegli stessi elementi. È dunque, più che una conoscenza, una sapienza che, come sappiamo, si è arricchita e si arricchisce di molti e importanti contributi teoretici nel solco della moderna, e sempre più attuale, interpretazione del pensiero di Nietzche, inaugurata da Giorgio Colli e proseguita negli studi di Carlo Sini. Da quest'ultimo in particolare giunge uno stimolo assai suggestivo riassunto nella affascinante definizione di “Foglio-Mondo”.
- Scritto da Angela Villa
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Inaugurato il 21 giugno 2019 il Museo Italiano dell’Immaginario Folklorico è una piccola casa accogliente, immersa in un verde paesino della Garfagnana: San Michele. Il Museo nasce dal Centro di Documentazione della Tradizione Orale di Piazza al Serchio che ha registrato, negli anni, migliaia di racconti inediti della tradizione orale italiana, grazie soprattutto all’attività del suo Direttore, il Prof. Alberto Borghini del Politecnico di Torino. È un punto di riferimento importante per ricercatori, studiosi, artisti ma anche appassionati di tradizioni popolari. Il museo oggi custodisce materiale proveniente da diverse regioni italiane, materiale molto vivido per chi voglia, anche attraverso il teatro, raccontare le storie dimenticate. Compito del Museo è dunque quello di recuperare e conservare per mettere a disposizione di tutti, privati cittadini, studiosi e artisti, questo materiale prezioso: all’interno delle sue sale è possibile assistere ai numerosi eventi in continua programmazione nonché, con l’aiuto di tablet, computer e dispositivi multimediali, consultare tutti i documenti catalogati e lasciare la propria testimonianza regalando a piacere, come restituzione, un racconto che ci è stato tramandato. Questo grazie a
- Scritto da Barbara Berardi
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A Roma si è appena conclusa la XII edizione del Festival INVENTARIA - La festa del teatro off, organizzato dalla compagnia DoveComeQuando, composta da Flavia Germana de Lipsis e dal suo direttore artistico Pietro Dattola. “Potere del teatro off: azione!”, sottotitolo di questo importante evento, ha fatto da sfondo a tutte le 14 serate del festival, rispecchiando a pieno la necessità e il bisogno di chi vi ha partecipato di vivere il teatro off in tutte le sue sfaccettature e particolarità. Chi ha voluto contribuire alla promozione di un teatro lontano dai circuiti ufficiali, lo ha fatto all’interno di una realtà indipendente, autofinanziata e sostenibile, che ha deciso di promuovere i suoi spettacoli in spazi alternativi, in grado di dare il giusto rilievo a una scena artistica in costante ricerca di nuovi linguaggi e possibilità di azione. Teatro Trastevere, Teatrosophia, Fortezza Est e Carrozzerie n.o.t., punti di riferimento per numerose realtà artistiche e culturali presenti nella capitale, grazie ai loro spazi raccolti e a quella rara capacità che hanno alcuni posti nel farti sentire a casa, hanno contribuito a un aspetto da sempre caro a questo festival: far sentire le persone parte di qualcosa. 14 serate, 20 spettacoli dove la varietà ha
- Scritto da Paolo Randazzo
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I festival teatrali, specialmente nel sud Italia, vanno sicuramente (ri)pensati e quasi condotti per mano, avendo presente che questa forma di proposta teatrale perde facilmente di senso se la si lascia indifesa di fronte alle storture delle burocrazie e delle amministrazioni oppure soltanto alla sciatteria che premette il dato del finanziamento pubblico a quello del progetto culturale e artistico. È triste dirlo ma è così. Raccontiamo di “Primavera dei teatri 2022”, raccontiamo del Festival di Castrovillari in provincia di Cosenza, raccontiamo delle kermesse che, nel sud Italia, rappresenta forse l’appuntamento più prestigioso e riconosciuto per la ricerca teatrale italiana e complessivamente per i nuovi linguaggi della scena. A organizzare questa manifestazione è sempre “Scena Verticale” la compagnia di Saverio Laruina, Dario De Luca e Settimio Pisano che, riflettendo criticamente sulle modalità dei bandi per l’assegnazione dei fondi per lo spettacolo della regione Calabria, non hanno esitato l’anno
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Potrebbe e parrebbe essere un trafiletto tra i tanti di una qualunque cronaca locale, tra annunci economici e proposte commerciali. Ma non lo è perchè quando chiude un teatro è come aprire un vuoto in un flusso di energia, è come l'interruzione di corrente in un circuito che produce vita, è un buco nero in cui precipitano gli anni di quella esperienza singolare e di quelle esperienze irripetibili che sono il teatro, occasionale e contingente nel suo accadere ma capace di dare riflessi e creare suggestioni che sembrano non finire mai, come le onde di uno stagno. A fine anno infatti il Teatro “I” di Milano chiuderà definitivamente dopo diciotto anni di vita. Un altro luogo teatrale, fisico e creativo, che cessa di alimentare la nostra vita culturale, come il sasso che caduto sul fondo dello stagno non da più energia alle onde che ci raggiungono. Perché? Ce lo dicono in un breve comunicato i suoi fondatori Renzo Martinelli, Federica Fracassi e Francesca Garolla nel breve comunicato stampa con cui