Articoli e interviste

- Scritto da Angela Villa
- Visite: 3753
C’è una grande casa in centro a Milano e c’è un teatro. No, non è un salotto teatrale, non è casa teatro, è un teatro dentro una casa, perché tutto quello che accade in questa casa, ruota intorno al teatro. C’è una stanza per gli artisti che arrivano da fuori Milano, una zona palco con un fondale scuro che occupa un’intera parete, ci sono le luci, ci sono leggii. Tutto questo nasce dalla grande passione che Mariagrazia Innecco ha per il teatro. Spettacoli in prova che poi vanno in teatro, spettacoli adatti ai piccoli spazi, fuori dai circuiti dei grandi teatri, spettacoli che altrimenti nessuno mai vedrebbe, trovano spazio e vita nello spazio scenico di Mariagrazia Innecco. Durante il lockdown anche l’iniziativa del teatro online “Portiamo il teatro a casa tua”: un progetto nato anche per chi si è sempre trovato in difficoltà ed è stato costretto a rinunciare al teatro, perché vive in un luogo in cui non esiste alcun teatro, per esempio i piccoli paesi di montagna oppure le piccole isole, oppure per chi per motivi di salute

- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 874
È un'idea di teatro quella che ha guidato Armando Punzo, anzi è l'idea di un teatro molto singolare e molto profonda, collegandosi come in percorso di grotte carsiche nella carne stessa della sua essenza estetica, l'idea cioè che il teatro sia il luogo in cui si può e si deve liberare la “Vita” imprigionata nella vita. E quale posto migliore per esercitare questa intuizione artistica se non uno dei luoghi simbolo della reclusione, intesa nel suo essere insieme condizione esistenziale e concezione metafisica, cioè un carcere, il carcere di Volterra nello specifico esistenziale di un artista che ha recentemente e giustamente meritato il Leone d'oro alla carriera. Un teatro che non è missione, confusamente sovrapposta ad esigenze di remissione, restituzione e salvaguardia sociale o psicologica, bensì un teatro che è teatro, che è ricerca estetica ed artistica, in un percorso che si alimenta della condivisione con chi partecipa, insieme all'artista e in modo anche altrimenti caratterizzato, di una condizione esistenziale consapevole delle sbarre che tutti ci circondano e limitano nel tempo e nello spazio. Abbiamo avuto modo, noi insieme a molta parte della critica e anche dell'accademia, di approfondire le linee estetiche

- Scritto da Redazione
- Visite: 718
Seguendo la distopica suggestione della sua intitolazione, potremmo anche dire che il 25 gennaio 2023 si 'terrà' a Reggio nell'Emilia, nella sede della Fondazione che la famiglia Sarzi ha promosso, e in occasione del centenario dalla nascita di Otello Sarzi, la premiazione della prima edizione del premio dedicato alla “Drammaturgia contemporanea e al Teatro di Figura”. Ovviamente la premiazione si 'è' tenuta il 25 gennaio, ma abbiamo voluto 'giocare' con lo sguardo singolare che quella famiglia e la sua compagnia di burattini ha saputo da moltissimi anni coltivare, uno sguardo che partendo dalla tradizione vuole immettere il teatro di figura (che oltre a quello dei burattini comprende quello degli oggetti e tutto quanto alla danza, al movimento ovvero alla immagine scenica fa riferimento e aggio) direttamente nella temperie creativa della drammaturgia dei nostri tormentati tempi e della parola che la fonda. Non a caso la nostra rivista è partner del premio, poiché al superamento di abusate

- Scritto da Alessandra Bernocco
- Visite: 1179
“Quello che stupisce di più è che un medico che quotidianamente vede ammalarsi e anche morire molte donne, dopo lo spettacolo sia rimasto impietrito per mezz’ora, gli occhi lucidi e l’incapacità di esprimere a parole quello che aveva provato”. Parte di qui Giampiero Cicciò per inoltrarsi in un articolato discorso sul potere sovversivo della parola detta. Dalla reazione di un autorevole senologo invitato ad assistere a I miei occhi cambieranno, monologo da lui diretto, tratto da Certo che mi arrabbio di Celeste Brancato, attrice messinese morta per un tumore al seno nel 2009, che ha affidato la sua esperienza di malattia a un diario intimo e potentissimo, rivolto a tutti o almeno a molti. “Un percorso tragicomico – dice Giampiero, che di Celeste fu amico e compagno di studi alla Bottega di Vittorio Gassman – grazie anche al suo innato senso dell’umorismo che le permetteva di trovare l’aspetto farsesco anche in situazioni infernali”. Il risultato è questo diario fiume in cui le riflessioni tragicomiche

- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 1103
“Aspettando Godot” è una drammaturgia, nel suo essere e nel suo essere manipolata dalla scena, doppiamente paradossale (e come noto gli opposti si annullano) nel senso che viene denegata ogni dialettica per affermare una visione diadica, dentro un forse eracliteo “tutto scorre”, della realtà, una sorta di tesi e antitesi che scelgono (e il termine è consapevole) di non sciogliersi in alcuna sintesi, ovvero, decidono di affermarsi come tali, così di smascherare di quella (di ogni possibile sintesi) la menzogna. Da una parte dunque c'è Samuel Beckett che, smascherando la falsità a suo parere insita in ogni linguaggio soprattutto quando si articola in dialogo (un dialogo che non a caso fa esplodere proprio sulla scena), riaffermerebbe paradossalmente, nel nulla esistenziale così svelato, una energia ontologica inaspettata, in grado di rifondare il mondo sottraendolo alla menzogna del discorso (e forse anche della letteratura). Un “nulla che c'è” dunque e che come tale scioglie la catena esistenziale

- Scritto da Maria Dolores Pesce
- Visite: 1005
Per un teatro importante, e il Teatro della Tosse di Genova lo è sempre stato e non solo per il territorio di riferimento, cinquant'anni e più di vita vogliono dire cinquanta volte esordire, cinquanta volte inaugurare, cioè, appunto, cinquanta volte essere 'nuovo', non certo nel senso che ciò che è stato è perduto, ma bensì proprio perché continua ad essere, fedele a sé stesso in quanto diversamente trasfigurato. Compagno di strada, e mai 'fratello minore', nelle avventure del teatro che a Genova ha nel tempo trovato una casa 'burbera' ma accogliente, dello Stabile e ora Nazionale, non si è mai rassegnato ad una situazione subalterna, ad uno stato ancillare rispetto a quello, ma ha aperto e coperto sentieri nascosti e strade aperte che la 'Istituzione', forse proprio per il fatto di essere tale, non voleva o poteva percorrere con continuità. Così, lo ricordiamo tutti ma vale sempre la pena sottolinearlo, il Teatro della Tosse, alimentato dall'arte e dalla passione di Tonino Conte, Emanuele Luzzati e