• Associazione
    • Collaboratori
    • La storia
    • Contattaci
    • Collabora con noi
    • Dramma.it nel tuo sito
    • Rubriche
    • Recensioni
    • Articoli e interviste
    • Cartelloni teatrali
    • Bacheca spettacoli
    • Materiali
    • Siti teatrali
    • Il vostro spazio
    • Comunità
    • Libreria virtuale
    • Concorsi drammaturgia
    • Formazione
    • Traduzioni
    • Spettacoli
    • Rassegne e festival
    • Formazione
    • Concorsi e opportunità
    • Altre notizie
    • Invia un comunicato
    • Pubblica una notizia in evidenza
    • Drammi
    • Libri
    • Promo spettacoli
    • Dossier
    • Scritture sulla scena
dramma.it
  1. Sei qui:  
  2. Home
  3. Segnalazioni
  4. Drammi

Il dramma del mese

Fatto in casa di Nino Romeo

Scritto da Administrator
Visite: 2513

Fatto in casa ha debuttato al Metateatro di Roma il 19 gennaio 1993. Da quell’anno non ha perso una stagione e per tredici anni consecutivi è stato presentato nelle principali città italiane e in giro per la penisola; in alcune città è ritornato in stagioni diverse. Interpretato da Graziana Maniscalco e Nino Romeo, con la regia, scene e luci dello stesso autore è prodotto dal Gruppo IARBA di Catania. Lo spettacolo sarà ospite della Stagione del Premio, il cartellone dell'Associazione Riccione Teatro, il prossimo 26 novembre 2005 al Teatro del mare di Riccione.
Attenzione: Per argomento e linguaggio il testo è adatto solo ad un pubblico adulto.

Nota dell'autore
Un uomo giace su un letto, morto e composto. Entra una donna piangente. L'uomo si desta: i due parlano, si affrontano, ricordano. Poi, la donna si stende sul letto; l'uomo la compone e va via per poi rientrare, piangente. La donna si desta: i due parlano... All'interno di un impianto geometrico che richiama vagamente Girotondo di Schnitzler si susseguono sei scene nelle quali l'uomo e la donna assumeranno i ruoli di Padre e Figlia, Moglie e Marito, di Amanti; di Madre e Figlio, di Marito e Moglie e, ancora, di Amanti, per perdere, infine, nell'Epilogo, ogni connotazione relazionale e scoprirsi Uno e Una (o, forse, due Niente). Pur mantenendo una costante identità, il marcato dialetto catanese consente all'uomo e alla donna di affrontare ciascun ruolo con l'acceso realismo di un'identificazione forzata. A questo realismo fa da contrappeso l'ostinato lirismo dei dialoghi, imperniati su un unico argomento: il sesso; o meglio, la sua genitalizzazione. E geometria, identità e mutazione di ruoli, realismo, lirismo, morte, sesso non perseguono alcuna astrazione o metafora, nessun tentativo di indagare recondite turbe nei rapporti familiari e coniugali ed extraconiugali; l'Uomo e la Donna, forse, hanno subìto un sogno - un incubo – all'unisono.
Nino Romeo

Leggi


La stampa:

Letizia Catarraso «il Meditearraneo» dell’ 11 gennaio 1996
CATANIA - Graziana Maniscalco usa tutti i toni di una sicilianità così marcata da diventare astratta (…) Nino Romeo sceglie invece una vocalità più naturale e si lascia spesso contagiare dalla malinconia che lui stesso ha seminato nelle pieghe della crudezza del testo.

Sabrina Gariddi «La Sicilia» del 17 febbraio 1996
RAGUSA - Il filo conduttore dei sei episodi è la predominanza dell’elemento femminile (…) …invece appare una figura maschile fragile, da mettere in discussione proprio sull’elemento che tanta letteratura l’ha contraddistinto: il sesso.

Nico Garrone «la Repubblica» del 28 marzo 1996
ROMA - Il testo non solo è scritto in dialetto siciliano, ma in quelle variazioni e perversioni quasi onanistiche sul tema dell’erotismo e di una coppia in camera da letto che continuamente cambiano ruolo e rapporto diventando padre e figlia, marito, moglie, amante come in un casalingo girotondo schnitzleriano, si avverte fortissima l’impronta di una tortuosità isolana, di un desiderio che si consuma nelle ossessioni della mente, di un surreale grottesco in agguato dietro l’angolo della porta. Tra Pirandello e Buñuel.

Leonardo Sole «La Nuova Sardegna» del 28 novembre 1996
SASSARI - …Ne vien fuori un discorso terribilmente asciutto, concreto e assurdo, sboccato e crudele, che pian piano rivela la sua quotidiana, grottesca tragicità, fino a concludersi…in un limbo di sofferta e quasi metafisica astrazione, del tema. (…) Fatto in casa non solo è il sesso ma questo e qualunque altro mondo possibile, i vivi e i morti, tanto che alla fine questi personaggi non vivi e non morti soffrono con un’angoscia ineluttabile il semplice fatto di esistere. (…) All’altezza dei difficili ruoli di grandi interpreti, Nino Romeo e Graziana Maniscalco, che giocano con grande bravura sui toni e sui ritmi fino a raggiungere, con la Maniscalco, un altissimo livello di polifonia vocale

Franco de Ciuceis «Il Mattino» del 21 marzo 1997
NAPOLI - Una drammaturgia cruda, senza limiti all'eccesso delle parole e del racconto… Proprio la Sicilia come archetipo di un mondo antico e primigenio, conservato nelle manifestazioni più elementari dell’espressione popolare, ricercato nelle pieghe e nel viluppo di un dialetto strettissimo, essenziale e immaginifico a un tempo, forma verbale di una sostanza fatta di carne e di sangue, sottratta alla ragione e al sentimento, come pura e violenta naturalità. Nino Romeo e Graziana Maniscalco sono bravissimi, espressivi nelle loro vesti nere, nei gesti, nel ritmo verbale che rende la crudezza aspra della rappresentazione e riporta la sessualità primordiale ad una misura di vitalismo che vuole esorcizzare la morte.

Vincenzo Morvillo «Roma» del 21 marzo 1997
NAPOLI - Graziana Maniscalco, attrice di grande potenza espressiva, porta all’esasperazione la cadenza cantilenante propria del catanese, dando così luogo ad una serie di modulazioni vocali che fonde con la danza mimica del corpo. Di contro, la recitazione più controllata ma ugualmente intensa di Nino Romeo ben si adatta ai personaggi maschili messi in scena. Ironico e iconoclastico ad un tempo, così potremmo definire questo lavoro di Nino Romeo.

Monica Moscardi «il Quotidiano della Calabria» del 30 marzo 1997
COSENZA - E’ stata una grande prova quella resa dagli interpreti. Carica d’intensità è risultata essere quella di Romeo. Fatta di infinite modulazioni, alti e bassi, l’interprete ha dimostrato di essere padrone assoluto delle sue possibilità. (…) Il dialetto catanese è risultato essere di facile comprensione ed ha tirato fuori tutta la sua sensulaità e infinita gamma di sfumature.

Giuseppe Drago «Oggi Sicilia» del 22 febbraio 2000
CATANIA - Fatto in casa conferma Romeo autore innovativo e al contempo profondamente radicato nella tradizione linguistica e teatrale dei siciliani, uno degli autori di maggior rilievo della drammaturgia meridionale. (…) Graziana Maniscalco interviene a modulare con estrema varietà espressiva il ricco disporsi dell’animo femminile, offrendo stupefacenti accensioni di leggerezza e il senso della cupa doglianza del lamento, la litania della prefica e la parodia dell’incontenibile passione erotica. E’ pièce altresì disciplinata da bell’esercizio del comico e del grottesco, per cui il linguaggio impudicamente impregnato di coprolalia dialettale smaterializza il pur torbido spaccato di violenze subite e taciute, di morbose complicità; e si ride… (…) Un iperbolico excursus teatrale che intreccia il gioco delle apparenze di pirandelliana memoria ai più moderni paradossi di Ionesco, sicché l’orecchio delicatamente appoggiato alle sottili pareti delle camere da letto è divertita e insieme amarissima auscultazione dei battiti del cuore di un’umanità senza ali per volare.

Monica Perozzi «L’Unione Sarda» del 27 febbraio 2000
CAGLIARI - Uno spettacolo rigorosissimo, girotondo perverso illuminato dall’interpretazione di Graziana Maniscalco che della sua lingua riesce a fare ciò che vuole: velocissima ne accentua le asperità, trasforma le nasali in cantilene, spinge al massimo gli acuti e poi scende ai toni più cupi. Vibra e freme la sua «donna», vogliosa e materna scatena l’altro e poi lo domina. Contraltare a tanta furia, a volte appena sussurrata. Nino Romeo scrive per sé la parte di un «uomo» in minore, stordito dalle tante contraddizioni, geloso come tradizione vuole eppure omosessuale. Fatto in casa, spettacolo iconoclastico, mette in scena il sesso come la cosa più antica del mondo in una lingua che canta. In un altro mare, certo, ma a sentire e vedere (sì vedere, perché chi sperimenta incarna la lingua) i due attori della compagnia Gruppo Iarba di Catania, e pensare al teatro in limba sarda, viene un brivido.

Claudio Galleri «l’Obiettivo» del 27 febbraio 2000
CAGLIARI - La difficile comprensione per un non siciliano si scioglie a più riprese, guidata dai gesti calibrati e dalle sorprendenti impennate vocali della coppia. Fatto in casa avvince soprattutto nella forza interpretativa e nella straordinaria prestazione di Graziana Maniscalco, la cui voce raggiunge ritmi impressionanti e scioglilingua impossibili. Il sesso, trattato in un linguaggio acceso e crudo, si presta a mirabolanti giochi poetici e si mescola alla sicilianità di immagini, odori e spezie che attraversano i dialoghi.

Domenico Danzuso «Prima fila» del Maggio 2000
CATANIA - Nino Romeo ha ripreso uno dei suoi testi di maggiore successo, quel Fatto in casa che qualche anno fa scandalizzò e a un tempo entusiasmò un pubblico attento e coinvolto. Del resto l’originalità del dramma e la sua crudezza, meritavano entrambe le reazioni. In Fatto in casa, il sesso non è erotismo, mentre la morte -immanente, compiuta, vinta, beffata- non è suprema e nobile conclusione di qualsiasi umana e universale vicenda, ma solo passaggio che nel ricordo, nel sogno, nell’incubo, evoca amplessi, coiti e dintorni.

Angelo Pizzuto «Cinema Sessanta» del Luglio/Agosto 2000
CATANIA - Ruvidi e vittimisti, aspri e aggressivi, gli esemplari di uomo e di donna intarsiati da Nino Romeo e Graziana Maniscalco narrano di una «sicilianitudine» di difficile vivibilità: iugulante, arcaica, intimamente violenta (…) In ciascun ritaglio di situazione, l’atmosfera che aleggia sullo spoglio rettangolo è atra, rabbiata, afosa. (…) Radiografia astratta e, al contempo, verista di un inestirpabile teorema di interdipendenza, l’analisi di Nino Romeo sembra infangare di primitiva rapacità gli universi della desolazione già intuiti da Strindberg, Bernhard, Beckett, misturando un prezioso intarsio di glottologia e antropologia.

Giuseppe Condorelli «Giornale di Sicilia», 9 marzo 2003
CATANIA - …il linguaggio assurge ad una dimensione drammaturgica quasi epica: e Graziana Maniscalco lo trasforma in canto sontuoso, in lamentazione da prefica, in una liquidità incandescente ora di effimero e lussurioso appagamento, ora di mutilata nostalgia; lo veste di violenza, di sfrenata carnalità.

Mario Grasso «Gazzetta Ufficiale dei dialetti», Marzo 2003
CATANIA - …di pagina in pagina Nino Romeo ci fa scoprire un mondo del quale la sua commedia rappresenta il dramma profondo, la tragedia sconcertante. Il dialetto si fa codice di comunicazione nazionale… E’ il genio che può comunicare la grande arte: questa non ha codice perché è a sua volta luce e anima di qualsiasi codice.

Francesca Motta «La Sicilia», 11 Maggio 2004
CATANIA - Un vagabondaggio tempestoso dove i due si librano, si dissolvono, affondano nei meandri di passioni… in una scabrosità non scandalosa ma necessaria, in cui i dialoghi risuonano corposi, possenti, urlati, brucianti, lirici.

Sergio Sciacca «La Sicilia», 13 Maggio 2004
CATANIA - Scavo interiore, coraggio di togliere i veli, solo uno lasciandone e bellissimo: il linguaggio che è un dialetto studiato nelle sue origini latine scandito come una cantilena, accompagnato da dondolii della voce, da innalzamenti e improvvise sincopi come quei canti tribali che uniscono orgia da baccanti e voce, invito e pratica dell’ardore. Graziana è straordinaria in queste modulazioni, vive le varie facciate della femminilità arcaica: magna mater del peccato, abisso della fecondità.
Gigi Giacobbe «Centonove» dell’1 aprile 1995

MESSINA - …una gustosa e divertente pièce noir…
Salvatore Claudio Sgroi «La Sicilia» del 17 gennaio 1996
Fatto in casa di Nino Romeo (edizioni Sicilia Punto L, Ragusa 1996) è uno straordinario testo teatrale (…) Il linguaggio adoperato è quello delle classi popolari ricco di una «serenità espressiva» che agli occhi e alle orecchie dei «borghesofoni» non può non suonare pornolalico, osceno, turpiloquio. (…) Il risultato finale è un dialetto non mimetico, iperreale, fortemente espressivo e poetico. (…) La comprensibilità di questo testo in Sicilia e nel Continente è un fatto non solo verbale, ma esperenziale, extra-linguistico, situazionale, extra-verbale, legato a fatti intonativi, ritmici, alla gestualità, ai movimenti.

Aggeo Savioli «l'Unità» del 27 gennaio 1993
ROMA - Si accendono di tanto in tanto, nelle sale teatrali romane, segnali e riflessi di realtà creative lontane e diverse, più che degne di attenzione. Così avviene in questi giorni al Metateatro dove il Gruppo Iarba presenta Fatto in casa, un nuovo testo di Nino Romeo.
(…) il tema della coppia viene prospettato secondo angolazioni insolite e sospinto poi in un clima quasi di «mistero» profano, di fosco rituale di eros e morte. (…) Un letto, variamente collocato, è il perno della rappresentazione: ora l’Uno ora l’Altra vi giacciono, nel passaggio da ogni quadro al successivo, come corpi esanimi, appena composti, ma pronti a ridestarsi al richiamo non tanto dell’amore, quanto d’un cieco impulso sessuale, che non esclude, al caso, più d’un sospetto d’incesto. (…) Fatto in casa ha un suo timbro spiccato e originale, consistente soprattutto nell'uso di un dialetto di forte espressività…un linguaggio spregiudicato ma non propriamente realistico, qui tendente a una reinvenzione in qualche modo fantastica, nel lessico e nei ritmi, del tessuto vernacolare. Il risultato è di tutto riguardo, avvalorato dall'interpretazione dei due interpreti.

Ettore Zocaro «La Sicilia» del 28 gennaio 1993
ROMA - (…) è strutturato come tante dissolvenze che evitano gli spezzettamenti episodici per affermare invece una fluida unità narrativa. (…) Il discorso punta drammaturgicamente sulla conflittualità che procura l’eros mancata, un motivo che è concentrato attorno a un letto, motivo conduttore di vita e di morte, unico elemento di una scenografia che per il resto si compone semplicemente di un cerchio magico illuminato da lampadine funeree. Lo stile è iperrealistico, strindberghiano, mentre il linguaggio dialettale, miscellanea di fonemi isolani, alcuni dei quali di fantasia, costituisce un referente carico di suggestioni, crudo e tenero al tempo stesso. I due interpreti sono bravi per sobrietà scenica, aderenza psicologica e rigore lessicale, eccellenti inoltre sia nel saper muoversi con visceralità dentro la migliore tradizione siciliana che nel sapere stare fuori da manierismi con una recitazione asciutta e moderna frutto delle migliori scuole europee di questi anni.

Sandra Cesarale «Corriere della Sera» del 29 gennaio 1993
ROMA - ...un modo di raccontare di grande coinvolgimento per dialoghi serrati, ironia tagliente e inaspettati momenti di poesia.

Dante Cappelletti «Il Tempo» del 4 febbraio 1993
ROMA - (…) In scena due personaggi, un uomo e una donna. Sono perduti in un buio nero, circonferenza o bozzolo scuro, ma giocano in primo piano l’azione. La quale è legata ad un letto e ad altri pochi elementi di una generica camera. Si allude, così, sia al sonno fatale della morte –rispecchiata anche in tante luci cimiteriali che compongono un altro cerchio nello spazio- e all’abbandono dei sensi, elemento che fa da filo conduttore- il sesso come motore di diverse condizioni umane, psicologiche. Vi è anche solitudine e smarrimento; una sorta di viaggio senza fine che la coscienza percorre, mentre si compongono e si scompongono grandi e piccoli fatti del quotidiano. (…) Costruito su dialoghi serrati ed efficaci, Fatto in casa si apprezza anche per la prova dei due attori.

Piero Longo «Giornale di Sicilia» del 18 maggio 1993
ERICE - (…) L’autore…merita certamente il successo tributato a Roma da critica e pubblico perché la sua drammaturgia aggiunge qualcosa al giovane teatro in dialetto e si allinea degnamente tra gli esiti più riusciti di Ruccello, Moscato, Scaldati dato che la dialettalità come strumento espressivo e poetico è solo un aspetto del suo linguaggio. Quanto accade sulla scena…trattato da un’originale angolazione che non indulge nelle ovvietà psicoanalitiche e in intellettualistiche fumosità, è, infatti, una coinvolgente azione che sarebbe ingenuo definire «intreccio di storie» poiché materializza, attraverso i due protagonisti, le pieghe più profonde dell’istinto e della coscienza umana nei suoi rapporti affettivi. Seziona con crudezza e con distacco i complessi moti che caratterizzano la vita inconscia dei desideri interpretandoli, oltre ogni moralismo, per comprenderli senza cadere in teorie ed astrazioni ma calandoli nell’animo, quello dei dodici personaggi che danno vigore drammatugico all’iperrealismo dei rapporti svelati nella surrealtà di un contesto scenico dove si mette a nudo l’amore. Padre-figlia, madre-figlio, marito-moglie, amanti, in quanto coppie differenziate, dal sentimento incestuoso sino al più spirituale dei rapporti, si rivelano allo spettatore nell’asciutta teatralità dei due misuratissimi attori, si concentrano in una danza verbale di purissima metafora e risplendono nel cerchio-stellario di un ego impietoso che scopre se stesso proprio quando l’oggetto del suo amore viene a mancare. (…) I morti che parlano e rivivono da madri o padri, mogli o amanti, non sono perciò coup-de-theatre ma i pensieri segreti che tutti noi nascondiamo e che la poesia della scena, il linguaggio e la fisicità degli attori trasformano in realtà-finzione dove la coprolalia diventa naturale referente culturale che esclude ogni dialetto per farsi lingua di teatro, di poesia. Dramma di eros e thanatos fuori da ogni mito, ricerca di quelle ali e di quel congiungersi nel volo metafisico dell’ultima, stupenda scena dove la serpeggiante ironia di tutto il gioco teatrale, cede il posto al sogno. Teatro, puro teatro e rivelazione di un autore e di due eccellenti attori.

Diana Palma «Sipario» dell’ottobre 1993
ROMA - L’idea è bella e accattivante…con un frasario di una crudezza e di una violenza notevole pur nella sua bellezza. (…) Al realismo del dialogo si contrappone un delicato lirismo che ne attenua la violenza. Fatto in casa è anche un esempio di come sia importante scavare nel mistero delle culture dei dialetti ed è anche la riprova che pur nelle difficoltà di comprensione si possa creare un lavoro di pregevole fattura. Molto bravi i due interpreti, sempre giusti nei loro mutevoli ruoli in una recitazione difficile e accurata.

Guido Valdini «Patalogo 16» referendum Ubu 1993
(…) la ricerca drammaturgica e linguistica, inventiva e di qualità, del Gruppo Iarba di Catania, in particolare nello spettacolo Fatto in casa.

Maria Paola Cavallazzi «l'Unità» del 20 gennaio 1994
MILANO - Un'occasione rara per vedere un'opera di un rappresentante pluripremiato della nuova drammaturgia italiana.

Magda Poli «Corriere della Sera» del 22 gennaio 1994
MILANO - Un testo aspro e crudo, scritto in dialetto stretto, il catanese, e recitato con grande forza espressiva. Ed è proprio la potenza del dialetto, di una lingua popolare estremamente concreta e al tempo stesso poetica, a far sì che questa vicenda greve di volgari umane bassezze, violenta e scabrosa, si trasformi in una sorta di rito profano che ha per centro l’uomo, i complessi e tortuosi percorsi che caratterizzano la vita inconscia dei suoi desideri e dei suoi istinti. Il dialetto di Nino Romeo diventa strumento di provocazione e trasgressione con il quale crea un'originale partitura di suoni e ritmi, una vera e propria danza verbale, evocativa e al tempo stesso impregnata di crudo realismo. Alla fascinazione del testo contribuisce l'ottima prova dei due attori impegnati, in un’altalena d’emozioni, a costruire un’atmosfera di sciroccosa sensualità che avvolge come un sudario questa vicenda d’amore e morte.

Giampaolo Spinato «la Repubblica» del 28 gennaio 1994
MILANO - Fatto in casa si distingue per svariati motivi di ammirazione. Anzitutto la penetrazione di un linguaggio sfruttato con asciutta ma caparbia attenzione alle sue potenzialità liriche e ritmiche. Ciò che il dialetto stretto cui attinge Romeo toglie alla comprensione è restituito dalla qualità interpretativa quasi maniacale nella misurata partitura dei gesti e dei movimenti. (…) Il confronto realistico con i tabù, l’esplorazione del pregiudizio, della superstizione e della diversità sussuale non sono intaccati dalla retorica.

Fulvio Barberis - «il Lavoro» del 3 febbraio 1994
GENOVA - E’ una performance rigorosa, spartana, ascetica, tutta appoggiata su un testo oscillante tra realismo e lirismo (…) Il sesso vi è sviscerato di duetto in duetto senza infingimenti ed esitazioni, neppure di fronte a tematiche come l’incesto, attraverso un dialogo ora drammatico, ora beffardo o persino grottesco, ma sempre serrato e intenso (…) Nino Romeo e Graziana Maniscalco forniscono un'eccellente prova di interpreti, in sede di regia e di recitazione, con misura e intensità, con l’apprezzabile capacità di mantenere sempre in corretto equilibrio fra crudo realismo e squarci di lirismo un testo aspro e difficile.

Jole Natoli «Giornale di Sicilia» del 21 febbraio 1994
MILANO – La parola è il linguaggio della carne e la lingua è il dialetto catanese. Il trascorrere dei vari personaggi non lede l’impianto unitario. (…) Le molte identità appaiono una sola, colta nei frammenti della realtà o del sogno, d’un incubo patito forse all’unisono.

Gabriella Gentilucci «La Sicilia» del 22 febbraio 1994
GENOVA - La compagnia è di ritorno da una trionfale tournèe al Nord dove il pubblico ha decretato a Fatto in casa un successo meritato (…) E’ infatti questa una performance rigorosa: né la scena né le luci né il testo hanno qualcosa di superfluo; tutto è essenziale e puntualmente ricco di realismo lirico.

Domenico Danzuso «La Sicilia» dell’ 1 dicembre 1994
CATANIA - Andando oltre la sicura preziosità della ricerca sul dialetto e sui dialetti di Sicilia, ma anche allo straordinario equilibrio della scrittura scenica che ci fa passare da situazioni crudemente incestuose a quelle maritali o adultere, per condurci prima a divagazioni umoristiche e al finale a quelle dialetticamente (e liricamente) pirandelliane, noteremo in questo testo del Romeo un radicamento profondo dell'Essere e del Morire (...) A ben riflettre poi, siamo di fronte a una particolare visione della crisi della coppia, a quella primigenia cioè del percepirsi come entità distinte, poi del toccarsi, dello scoprirsi e unirsi, forse però per restare in una trance ossessiva «da rapporto» o da rifiuto di esso, che rende l’uno e l’altro due sconosciuti prima che tra loro, soprattutto a se stessi. Sono considerazioni che, a nostro avviso, lo spettacolo suscita: nella sua oscura limpidezza, nel suo doloroso gioire, nel suo farci guardare alla morte in una dimensione sessuale che è esaltante e tragica insieme. E ciò va detto sia per sottolineare il valore del testo, sia per esaltare l’allusiva regia firmata da entrambi gli interpreti, sia, infine, per prendere atto della recitazione che, se è essenziale e provocatoria in Romeo, si fa affascinante e da grande attrice in Graziana.

Michele La Spina «Gazzetta del Sud» dell’1 dicembre 1994
CATANIA - Vien fuori uno spettacolo di tutto rilievo (…) La bontà della pièce viene accentuata dalla carica profusa dai due interpreti…Graziana Maniscalco, perfetta nelle convulse vesti dei suoi tanti personaggi…Nino Romeo, che alle contorte menti degli uomini a cui ha dato corpo e vigore, ha saputo aggiungere una recitazione asciutta e essenziale.

Rosalba Cannavò «Il Mercatino» del 6 dicembre 1994
CATANIA - …è in scena uno spettacolo affascinante e intenso, fatto di spaccati di iperrealismo e avanguardia linguistica. (…) La “coppia” anomala e ambigua al tempo stesso trasforma i ruoli con viscerale capacità espressiva e verbale… Fatto in casa è uno spettacolo che unisce alla singolarità dell’argomento una “invenzione lessicale, la strategia del dialetto che inasprisce e intensifica l’espressione di un linguaggio già di per sé sanguigno (…) Uno spettacolo “vero”, concreto e provocatorio.

Vincenzo Bonaventura «Gazzetta del Sud» del 26 marzo 1995
MESSINA - La carnalità…ha una sua incurante naturalezza che è poi la cifra dell’intero spettacolo.Il sesso, cioè, è fine a sé stesso e prescinde dall’assenza o presenza di sentimenti. (…) …la ricerca linguistica e stilistica intorno al dialetto che Romeo sta conducendo ormai da molti anni con esiti di grande effetto teatrale. Esiti confermatissimi in questo spettacolo, prezioso per l'uso di una lingua che nelle singole parole è di difficile comprensione anche per un siciliano, ma in possesso di un colore, di una ricchezza di significati così vasta da rendere tutt’altro che ripetitiva (cm’è quasi sempre) la descrizione dell’esercizio del sesso. (…) …e confermare come questo spettacolo-incubo-delirio finisca col celebrare la morte del sesso e, attraverso di essa, anche quella dell’uomo. Si direbbe che come gli antichi ai tempi di Dionioso celebravano l’atto sessuale perché era all’origine della vita, adesso Romeo ne celebri (parafrasando quei modi estremamente schietti) il funerale, ultimo atto di un’umanità senza valori. Lo spettacolo è duro ma affascinante. Grazie anche all'eccellente interpretazione dei due attori. Graziana Mniscalco, volutamente sopra le righe, è straripante nel suo variare di intonazione, di tempi, di volume. (…) Cosa che ritroviamo anche nell’interpretazione di Nino Romeo, pur se molto diversa da quella della sua compagna di palcoscenico e di vita. Asciutto ed essenziale, l’attore riesce a creare un efficace contrasto: i due modi di recitare non cozzano tra di loro, ma si dimostrano straordinariamente complementari, fino a decretare il meritato successo della pièce.

Michele La Spina «Gazzetta del Sud», 13 Maggio 2004
CATANIA - Copione…da considerare un capolavoro…
Paolo Randazzo «Centonove», 21 Marzo 2003
CATANIA - Fatto in casa è un congegno teatrale di esatta geometria…un’indagine che scende nelle zone più buie della sessualità e in esse si attesta ricostruendo la genitalità più netta.

Sciopero di Giacomo Vallozza

Scritto da Administrator
Visite: 1027

Sciopero è stato presentato in anteprima il 6 agosto 2005 nell'ambito del festival "Incontri 2005" a Loreto Arputino (Pe) alla presenza di molti testimoni dei fatti storici raccontati nel dramma. Lo spettacolo, diretto dall'autore, è con Tommaso Di Giorgio, Irene cocchini, Giacomo Vallozza, Federica Nobilio, Fausto Roncone. Fonica e luci di Pierpaolo Di giulio, Produzione: Associazione Culturale Lauretana. Le prossime repliche previste: il 21.10.05 a Giulianova (TE) - organizzatore Terrateatro, il 16.12.05 a Loreto Aprutino (PE) - organizzatore Teatro del Paradosso, il 9.02.05 Atessa - organizatore Teatro del Sangro, il 31.03.06, 01.04.06 e 02.04.06 a Bari - Teatro Abeliano. In date da definire: a Napoli organizzatore Libera scena ensemble, a Caserta e ad Aversa.

Nota dell'autore
Sciopero affronta il problema dell'identità: quella reale di un figlio che vuole sapere chi è suo padre, scomparso negli anni 50', dopo uno sciopero turbolento con blocchi e sequestri di persona. Quella politico di un gruppo di giovani che vede la generazione che li ha preceduti fondamentalmente disillusa e tradita; infine quella teatrale perchè siamo un gruppo di attori in cerca dei propri padri.
Uno spettacolo intenso che attraverso la vicenda di Zopito (il nome del protagonista), mette in scena la difficoltà dell'esistenza quotidiana di cinque amici attraverso la ricostruzione delle lotte bracciantili che hanno visto protagonisti i loro padri, e quindi attraverso i canti di lavoro e delle feste religiose di un mondo contadino che allora caratterizzava la vita di un piccolo borgo della provincia di Pescara.
Giacomo Vallozza

I premi:
Sciopero ha ottenuto una menzione speciale all'ultima edizione del Premio Annalisa Scafi per il teatro d'impegno civile. Ha vinto l'ultima edizione del premio "Ombra" con la seguente motivazione: Per la qualità e il carattere fortemente sociale dell'opera che intende analizzare un periodo cruciale della storia del nostro paese. Ha vinto il premio Villarosa 2005 e il premio Garcia Lorca di Torino, sezione drammaturgia.

Di cosa parla:
Il 22 marzo 1950 la Camera Generale Italiana del Lavoro indice uno sciopero generale per protestare contro la politica del governo di Alcide De Gasperi e contro il barbaro assassinio di due braccianti a Lentella, un paesino della provincia di Chieti, ai confini con il Molise. Il Ministro degli Interni Mario Scelba, infatti, attuando una repressione militare feroce e intransigente contro ogni forma di lotta sociale, risponde con cariche dell’esercito e leggi antimobilitazione alle richieste di pane e lavoro di innumerevoli disoccupati, braccianti, mezzadri e operai. La storia di Zopito, ambientata a Loreto Aprutino, un paese del pescarese che oggi conta circa settemila anime, vive di riflesso le lotte bracciantili di quegli anni, che vedono la mobilitazione pressoché generale del proletariato per l’attuazione del Piano del lavoro di Giuseppe Di Vittorio. I fatti qui riportati sono forse minori, rispetto a un quadro generale di sommosse che interessano tutta l’Italia; ma hanno lasciato ferite profonde nel tessuto sociale e sono ancora ben presenti nella memoria dei loretesi. I primi anni della repubblica italiana risultano cruciali per il cammino verso la democrazia, non meno caldi dei successivi anni di piombo. Morte, carcere, emigrazione sono il prezzo pagato per le numerose conquiste sociali. Alla memoria di quelle lotte e degli uomini che le hanno vissute, il mio lavoro.

Leggi

Muri di vita di Davide Monti

Scritto da Administrator
Visite: 847

Muri di vita scritta nel 2003 è tuttora drammaturgia inedita.

Di cosa parla
Lui, lei e l'altro. E il figlio di lei e l'altro. Una discesa nelle profondità dell'animo di tre personaggi alle prese con una svolta cruciale e dolorosa nella loro vita. Quali trasformazioni e sbocchi?

Nota dell'autore:
Il soggetto di questo dramma è di quelli che nel ventunesimo secolo non sorprendono più. Una donna stanca della sua vita agiata e regolare, tradisce il marito con un giovane bibliotecario squattrinato e bohemien. Quando rimane in cinta decide di confessare tutto al marito e lasciarlo definitivamente, sognando un futuro da tre cuori e una capanna. Il giovane però non si sente pronto a intraprendere la nuova vita da compagno e papà e allo stesso tempo non ha il coraggio di confidarlo alla donna, finirà col suicidarsi nello stesso momento in cui nascerà suo figlio. Intanto il marito, uomo quadrato e rispettabile, si confida con una prostituta e inizia un lento, ma inarrestabile, declino psicologico, che lo porterà a progettare l’omicidio della moglie e del suo nuovo compagno. Quello che sta dietro alla vicenda, così come dice il titolo del dramma, sono quei muri di incomunicabilità di pinkfloydiana memoria che ci circondano ogni giorno e ci obbligano a dover scegliere tra noi e le persone intorno a noi, persone che amiamo o che pensiamo di amare. Ricorre il tema della morte come soluzione finale ai problemi della vita, o meglio, come non soluzione, ma ottimo sfogo, di tutto ciò che si è accumulato tra le mura immaginarie del nostro spazio vitale. Il finale, tragico, mostra come l'unico personaggio veramente forte sia la moglie, volontà di ferro, metafora questa dei nostri tempi in cui le donne acquistano sempre maggior indipendenza in un mondo allo sbando, ormai orfano alla loro “dipendenza”.
Davide Monti

Leggi


Una nota critica
di Marcello Isidori
Se un appunto si può fare a questo testo di Davide Monti, ingegnere pentito ma anche poeta e drammaturgo, è la tendenza alla prolissità e qualche caduta nel linguaggio retorico o didascalico. Ma la forza del testo, a mio parere, è indubbia. La base è il triangolo, il banalissimo triangolo tra marito, moglie e l’amante di lei. Archetipo di infiniti lavori per lo spettacolo, qui il triangolo da’ lo spunto ad una storia per nulla banale e dall’esito inatteso. Una storia che definirei solida e densa di significato. La solidità nasce prima di tutto da una scelta strutturale di fondo: seguire e compenetrare le storie dei tre protagonisti. Nessun giudizio dell’autore, nessuna presa di posizione. Non ci sono buoni o cattivi. Solo tre personaggi con la loro vicenda, la loro azione, i loro argomenti e, soprattutto, i loro sogni. In secondo luogo da un buon lavoro sui protagonisti, che appaiono vivi e credibili. In terzo luogo da un’indicazione per la messa in scena che riguarda la scenografia e taluni movimenti degli attori. La separazione della scena in tre settori è infatti essenziale e tematica. Le relazioni tra i personaggi sono filtrate da una separazione fisica rappresentata dai “muri” in scena. Ognuno si muove “nel proporio settore” e parla, grida, minaccia da lì verso il personaggio dell’altro settore. Al di là della immediata metafora di questa separazione, citata ed esemplificata anche nel titolo del dramma, a me sembra che l’esistenza di questi settori dica anche un'altra cosa, forse ancora più importante. Che le tre storie sono certamente anche il frutto di re-azioni alle azioni degli altri, ma che ognuno va preso a se’, come un cammino unico, una “monade” a parte. Che ciascuno di noi è comunque solo con se’ stesso e con le proprie paure, fobie e prospettive. E poco importa che a scatenare la progressione della fabula sia la storia d’amore tra Enrica ed Andrea, meglio ancora il bambino atteso da Enrica e che nascerà a chiusura della pièce. Quello che conta maggiormente è lo sviluppo e l’evoluzione psicologica dei tre protagonisti, che il lettore/spettatore non può non seguire con co-mmozione e partecipazione. E’ questa triplice vicenda che crea la vera suspense e che approderà ad esiti in parte sorprendenti. Mentre ad avvio del dramma quella che prevale è comunque una dinamica di relazioni ed interazioni tra i protagonisti, con lo sviluppo narrativo questa dinamica andrà dissolvendosi nella solitudine senza sbocchi. E pur sembrando tale, neanche la sorte di Enrica rappresenta un’eccezione a questo esito complessivo, perché neanche lei troverà appigli in uno degli altri due personaggi, ma un sollievo, carico di speranza in verità, nel nuovo rapporto con la sua creatura appena data alla luce.

Per amarti meglio di Daniele Timpano

Scritto da Administrator
Visite: 887

Per amarti meglio scritta nel 2000 e finalista al Napoli drammaturgia in festival 2001 è tuttora inedito.
Attenzione: Per argomento e linguaggio il testo è adatto solo ad un pubblico adulto.

Di cosa parla
Cappuccetto Rosso, il Lupo e una puttana si incontrano nel bosco. La fiaba originale non è che un pretesto, qui la storia è un'altra ed è un ridacchiante e irriverente carosello di macerie, una improponibile storia di squallore, candore ed amore ma -soprattutto- di altro.
Nota dell'autore
Non di "adattamento" si tratta ma di recupero e tradimento. Inutile negare (lo si intuisce già dal titolo) che il punto di partenza è la fiaba di Cappuccetto Rosso ma l'intento è stato sin dall'inizio quello di allontanarmene per dare vita ad una creazione autonoma, e pur tuttavia impregnata fin nella carne e nell'osso della potenza archetipica dell'originale. Esigenza fondamentale è stata da subito quella di strappare la fiaba ai bambini, o meglio al processo di edulcorazione progressiva di cui è stata vittima nei secoli. Cappuccetto Rosso, dunque, ed un Lupo dissociato, punto e basta. Una prostituta schizofrenica quanto stregonesca chiude il novero dei personaggi, assumendo sulla sua pelle tutto il peso dei personaggi assenti (mamma, nonna e cacciatore). Il Lupo e la puttana sono i giocatori e Cappuccetto il giocattolino. L'uno gioca in buona e l'altra in malafede. Cappuccetto Rosso non gioca mai; entra in scena che è il ritratto della salute, dell'entusiasmo, della fantasia, piena di voglia di giocare: verrà distrutta piano piano. La società come integrazione (puttana) e la società come disadattamento (Lupo) distruggono un fiorellino (Cappuccetto) che ancora non ha superato la soglia dell'età adulta: né integrato né disadattato. Se non morisse sarebbe costretto a scegliere tra integrazione e alienazione: Cappuccetto Rosso muore sulla soglia per non oltrepassarla.
D. Timpano

Leggi


Una nota critica
di Marcello Isidori
La scelta di raccontare una storia così raccapricciante ed esplicita su temi talmente delicati in una pièce teatrale, cioè metaforica e semiologica per definizione, pone un problema cruciale: la ricerca di una forma adeguata. A mio parere Daniele Timpano ha risolto brillantemente questo problema: una fiaba. Anzi, la fiaba di Cappuccetto rosso, quella che i nostri bambini oggi possono leggere solo censurata, privata degli aspetti più violenti che ne facevano, ai tempi nostri, una favola sanguinaria. Oggi il lupo non mangia più la nonna ed il cacciatore diventa un taglialegna che non squarta più il lupo per salvare la bambina. Come in una favola tutto è diretto e chiaro, più volte spiegato e anche ribadito dagli stessi personaggi (come il tormentone del lupo “in cerca di puttane”). E’ chiara la volontà della bambina di crescere, di fare esperienza, di “vedere la città”, con il suo bottino di vestiti “da grande” che appartenevano alla mamma che non la capisce. Sono chiare le intenzioni della puttana e del suo alterego, o parte maschile Crampo. E’ chiara la figura del lupo, qui trasposto in uno psicolabile con gravi turbe che farà strazio della bambina pur amandola. E’ tutto chiaro nelle dettagliate didascalie che sembrano spiegare a dei bambini quello che sta succedendo. Il bello è che all’interno della fiaba sono stati creati dei personaggi drammaturgicamente interessanti come la puttana e la sua appendice maschile, “bambolottino” dotato di parola ma non di autonomia, in quanto le sue battute non sono altro che una prosecuzione di quelle della sua “padrona”. Quello di Cappuccetto, di cui ho già in parte detto prima e che nel suo racconto introduttivo mostra l’iniziale sconfinata fantasia del bambino per passare gradualmente, e “facendo sul serio”, alla consapevolezza di avere delle esigenze da adolescente che la mamma non vuol capire, pur continuando a sgranocchiare biscotti. Ma il personaggio più bello, di una tragicità toccante, è quello del lupo, dettagliato con particolari originali e azzeccati e che rappresenta degnamente il senso più profondo dell’intera pièce. Viene quasi da sorridere, come durante una fiaba, finchè non ci si ferma a pensare che nella realtà queste cose succedono davvero: “e meno male che capitano sempre agli altri”...

Pagina 29 di 40

  • 24
  • 25
  • 26
  • 27
  • 28
  • 29
  • 30
  • 31
  • 32
  • 33

I libri

La vita delle parole di Maria Dolores Pesce

Della straordinaria figura di Dacia Maraini molto si è scritto e pubblicato ma, evidentemente, non è mai abbastanza. Così Editoria & Spettacolo pubblica questo volume che Maria Dolores Pesce dedica a Maraini drammaturga. Nella prima parte del

A teatro nessuno è straniero a cura di Giulia Tollis

Questa pubblicazione di Franco Angeli editore, curata da Giulia Tollis drammaturga e docente di scrittura teatrale presso la Scuola Paolo Grassi di Milano, rappresenta allo stesso tempo la documentazione di un'esperienza rilevante dal punto di vista

Altrimenti il carcere resta carcere di Ornella Rosato e Alessandro Toppi

A partire dall'esperienza ultradecennale della compagnia Petra di Potenza, questa pubblicazione di Bulzoni, curata da Ornella Rosato e Alessandro Toppi, affronta, attraverso una serie di testimonianze e interventi, un discorso più generale sul

Culture teatrali 31/32 a cura di M.De Marinis e S.Mei

Questa edizione della rivista “CultureTeatrali”, uscita per le “Edizioni di Pagina” di Bari, è doppia non solo e non tanto perché si riferisce a due annualità della rivista (2022 e 2023) ma anche e soprattutto in quanto sostanzialmente binaria, suddivisa

Dramma.it on line dal 15 settembre 2000 - direttore Marcello Isidori
© 2000-2025 Ass. Cult. Dramma.it c.f. 97266180583