Il dramma del mese
La scimmia di Mussolini di Tiziano Fratus
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La scimmia di Mussolini è una ragazza sui vent’anni, colta anche se ricorre ad un linguaggio diretto. Una sua caratteristica evidente è il colore della pelle: mulatta. E’ figlia di una padre marocchino e di madre bergamasca. Vive l’Italia post caduta del Muro di Berlino e post undici settembre (quello di New York), vive in un paese attraversato da rigurgiti neofascisti e da movimenti di piazza di varia matrice: reduci del sessantottismo, idealisti, pacifisti, anarchici, disobbedienti. Il diffuso senso di disagio e di protesta, tipico fenomeno che emerge e si diffonde negli strati economicamente più insicuri, e più ampi, durante le fasi di stagnazione macroeconomica, di inflazione galoppante (sui consumi, la spesa), è pane quotidiano per una ragazza e per i suoi compagni, in una città italiana che si sta trasformando, rincorrendo modelli architettonici e culturali internazionali, probabilmente irraggiungibili. Si rivolge ad un ragazzo che le fa il filo, uno studente, un intellettuale di sinistra dichiarata, probabilmente uno di quelli che si infervora pensando a termini e concetti del nuovo come sinistra democratica, Ulivo, lista unitaria. Un ragazzo come tanti, un ragazzo che predica l’integrità intellettuale e morale e poi finisce per rincorrere le mutande di una ragazza che invece prova simpatie per tutt’altra fede politica, e che ha delle passioni notturne molto particolari. Il monologo, scritto come nella mia poesia e come nel precedente monologo in versi l’autunno per eleni (2002, in scena alla Galleria Velan di Torino, al festival Linguaggi di Pescara e musicato da Ilaria Drago e Giovanni Signoretti per Arezzo Wave), procede per frammenti, per flussi di coscienza: in questo modo si intrecciano problematiche perosnali, passioni, discussioni con l’innamorato, ragionamenti di carattere politico e storico. L’assensa di segni d’interpunzione favorisce, nell’intento del suo autore, una maggiore libertà interpretativa. Il linguaggio è volutamente sciatto, diretto, poco o per nulla ricercato. In fase di recitazione la ragazza potrebbe anche manifestare dei tick, delle manie ossessive. Ma ad un certo punto cala la notte, la ragazza è sola, cambia, si trasforma, il nero sgorga e ricopre ogni oggetto, modificando anche il linguaggio che si addensa, si raggruma, si eleva. Per qualche lettore la drammaturgia potrà apparire un inno al qualunquismo, bene: la vita supera le idee o sono le idee che reggono la vita, che la sostengono, che la alimentano, che la vincono? Una risposta non è facile, e d’altro canto nemmeno l’esistenza permette di stare troppo da una parte o troppo dalla parte esattamente contraria. Alla fine, quello che resta, forse, è soltanto l’amore, od un suo simulacro.
Tiziano Fratus
Pazzi di Luigi Maccione
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Pazzi è stato segnalato al premio Ugo Betti 2001 e vincitore del premio Don Chisciotte nello stesso anno.
E' stato prodotto dalla Compagnia Stabile Attori & Tecnici - Teatro Vittoria per la regia di Stefano Messina con Viviana Toniolo, Andrea Lolli, Raffaele Vannoli e Paolo Zuccari. E' andato in scena a Roma all'Ex Mattatoio, al Teatro Vittoria (2001 e 2002) e al teatro Comédie & Studio des Champs Elysées di Parigi (2003).
Con la produzione della Compagnia Giuliano Lenzi (La Lut) per la regia di Giuliano Lenzi, con Lorenzo Giansante, Ugogiulio Lurini e Lorenzo Mori è andato in scena a Santa Maria della Scala Magazzini della Corticella a Siena (2002) a Piancastagnaio (SI), a Il Fabbricone - sala Fabbrichino Prato (2003) e a Buti (PI) nella rassegna Piccoli Fuochi diretta da Dario Marroncini (2003). Andrà in scena , il prossimo 13 marzo 2004 al Castello Pasquini di Cacastiglioncello (LI) per la stagione teatrale di Armunia diretta da Massimo Paganelli.
Pazzi è stato tradotto in spagnolo (Locos) e sono allo studio progetti per metterlo in scena in un prossimo futuro in Spagna.
Note di regia
L’opera, pur essendo incentrata sui monologhi dell’unico personaggio che parla, non cade mai nel vuoto soliloquio: ogni ricordo, ogni frase, ogni azione di Jill è utilizzata dalla donna come strumento per coinvolgere gli altri due e renderli partecipi del proprio tentativo di acquisire coscienza e libertà. Lo spettacolo affronta due temi fondamentali: la diversità e la ricerca di una propria identità. L’originalità del dramma consiste nell’intrecciare i due temi, rifiutando i cliché lacrimosi che tanta produzione artistica moderna ha adottato. Per fare ciò era necessario che il pubblico si sentisse il più coinvolto possibile dalla storia. Tale coinvolgimento può essere ottenuto a due livelli: a livello di messa in scena e a livello di testo. Per agire al primo livello è necessario unire attori e spettatori in un unico spazio scenico, in modo da evitare il distacco emotivo che spesso l’opposizione palco/platea provoca. Per quanto riguarda il testo si è scelto di adottare un linguaggio fortemente realistico, popolare, ruvido, a tratti volgare, all’interno di situazioni che mostrano quasi sempre il loro risvolto divertente. Nonostante il tema apparentemente drammatico, il testo è infarcito di battute comiche e il modo di parlare utilizzato dalla protagonista è sempre sarcastico e ironicamente provocatorio. La scommessa di “Pazzi” consiste nel far riflettere il pubblico su argomenti scomodi, utilizzando i toni della commedia. Una riflessione seria sempre condotta col sorriso sulle labbra.
"... Oddio, scusa Felix, scusa. Scusa, sono proprio una puttana, hai ragione, scusa. Scusa, scusa, vi ci ho portato io nel casino, voi magari vi divertivate pure, là dentro a pisciarvi addosso e mangiare pillole ..."
Di cosa parla:
Pazzi è una favola ironica di cui sono protagonisti due malati psichici e una prostituta, che si trovano in un luogo di costrizione che in qualche modo hanno scelto, fuggiti (probabilmente) da un altro luogo di reclusione; è il racconto di una fuga senza fine, quindi è anche una favola folle, onirica. La fuga sognata e raccontata avviene attraverso la sessualità: ogni prestazione è un passo verso la via d'uscita. Ma per andare dove? Il sesso come chiave universale per infrangere i divieti stabiliti dagli uomini. Pazzi dunque è un gioco di ruoli e si intuisce che per rompere questo gioco qualcuno dovrebbe prendere in mano il proprio destino e cambiare il proprio percorso. Ma è un labirinto senza via d'uscita, un intreccio di affetti troppo complesso. E la favola ironica prosegue, sul filo del grottesco di una situazione paradossale che non precipita mai.
Arrivederci, Luigi...
A cuore aperto di Patrizio Cigliano
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A cuore aperto è in scena fino al 21 dicembre al Teatro dell'Orologio di Roma per la regia di Patrizio Cigliano prodotto da Doppia Effe Compagnia di Prosa Mariano Rigillo e La Compagnia Arcadinoè. Con Alessandra Fallucchi, Patrizio Cigliano e la partecipazione straordinaria "in voce" di Arnoldo Foà e Maria Rosaria Omaggio nella versione a monologo e con Marta Paglioni, Veronica Milaneschi e Alessandro Loi nella versione a dialogo. Aiuto Regia: Italo Coretti, Francesco Trifilio, Irma Carolina Di Monte, Stefano Masala; Grafica: Simona Barbarito; Luci di Camilla Piccioni; Foto e Foyer : Pino Le Pera.
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La stampa:
"... 70 anni di felicità, una storia d'amore in cui il tempo, fugace, è abbattuto dall'intensità dei sentimenti e dalla pasione dei ricordi. Da non perdere". (Il Tempo)
"...Cigliano incanta scegliendo registri alati e drammatici per raccontare la storia degli ottantenni Giuseppe e Maria, ...per avere una visione più ampia della vita. " (Repubblica)
"... Quanto amore tra quei due vecchi coniugi. Il testo ha una struttura singolare: due monologhi incrociati e affiancati per restituire, insieme, una sola verità. Impegnatissimi, i due ottimi attori, già di solida esperienza". (L'Unità)
"...Attimi e sguardi d'amore lunghi come una vita". (Messaggero)
"...il bravo attore si riconosce così. Commozione pura. Vera chicca di Cigliano, l'autore-regista-attore under 35 più premiato d'Italia". (Corriere dello sport)
Di cosa parla:
Un uomo e una donna anziani si fissano in uno spazio indefinito. La musica è pulsante, come il battito di un cuore. Ma con il crescendo ritmico di quel battito qualcosa cambia e proprio nell’ultimo minuto da passare insieme, scocca uno sguardo. E’ un minuto intenso e in quello sguardo scorre velocemente tutta una vita. Tutto un Amore. Memoria. A Cuore Aperto è una storia senza tempo, senza luogo, senza convenzioni. E’ la storia d’amore di tutti. Di tutti coloro che la cercano da sempre. Di tutti quelli che non l’ hanno ancora trovata. Di coloro che sono felici perché hanno accanto il compagno di una vita, la compagna di sempre. A Cuore Aperto è tutto quello che in uno sguardo di pochi attimi, due persone che si amano, che si sono amate, possono dirsi, senza il bisogno di usare parole. Non è una storia “trasgressiva”. Non è una storia scandalistica. Non ruba dalla cronaca quotidiana. Non c’è violenza, né fisica né mentale. Non è una storia “estrema”. E’ una storia d’amore. Una bella storia d’amore, che come quasi tutte le storie d’amore, finisce male. Ma stavolta non perché ci si è traditi, né perché si è stanchi. Semplicemente perché la vita finisce, e prima che accada è bello poter fare un bilancio di una bella storia d’amore e rendersi conto che ne è valsa davvero la pena. La pena di sopportare anche le piccole insofferenze quotidiane che la convivenza inevitabilmente genera, perché in fondo non era affatto una pena. Era la vita. La serena e turbolenta vita di una coppia. È la storia di una vita insieme, attraverso una buona parte del secolo appena finito. E’ il resoconto di un amore profondo, sincero, goliardico, difficile, meraviglioso. E’ la lotta per la vita, per la memoria, per la freschezza di un amore che non è invecchiato con gli anni. Perché se il corpo ha una data di fine, il sentimento resta nelle cose, negli odori, nelle canzoni, finché tutto - ma proprio tutto - sarà finito, e finché non resterà neanche una persona a garantirne la memoria. E’ un testo evocativo, poetico, sicuramente molto letterario, forse per uscire dal pantano di certa drammaturgia “spicciola”, forse un po’ troppo “di strada”. La trasposizione in forma di monologo dell’originale testo dialogato ha un forte intento poetico, e rappresenta una specie di “studio” per la versione che verrà riproposta in seguito, con doppio cast. A Cuore Aperto fa piangere perché è una bella storia d’amore senza tempo, senza luogo e perché tutti noi vorremmo avere una storia – almeno una! – che sia senza tempo e senza luogo.
Patrizio Cigliano
La tattica del gatto di Gianni Clementi
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La tattica del gatto ha vinto il premio "Vicini sconosciuti" ed è stato rappresentato nel gennaio 2003 a Graz capitale europea della cultura 2003 al Theater im Keller con la regia di Alfred Haidacher. Gli interpreti: Eva Weutz, Norbert Hainschek, Willy Haring, Tino Sekay e Bernd Sracnik. Nel settembre scorso si è inoltre aggiudicato il premio "Enrico Maria Salerno". La versione italiana del testo andrà in scena nella stagione 2004/05 con la produzione dell'Associazione Teatrale Pistoiese.
Le motivazioni dei premi:
(Vicini sconosciuti) Il brano vincente italiano “La tattica del gatto”, che ha inaugurato il Concorso il 23 gennaio 2003, smantella la grande menzogna persistente fra due vecchi amici che tornano ad incontrarsi dopo 20 anni. Una donna, amata un giorno da entrambi, è stata la causa scatenante della degenerazione di una grande amicizia, trasformatasi in odio, fra i due antichi compagni di squadra (sono ambedue ex calciatori). Uno “Strindberg light” ambientato nel mondo del gioco dei giochi – non solo in Italia- : il Calcio.
(Enrico Maria Salerno) Un lungo piano sequenza di taglio cinematografico ma di assoluta teatralità, su una partita che si gioca in trent’anni e si risolve in sconfitta per entrambi i giocatori. Nella Roma anni 60’, tra locali notturni e panchine di spogliatoio, l’autore intreccia i destini di due calciatori e due generazioni, con sguardo neorealistico e un linguaggio che rivendica le potenzialità poetiche del dialetto romano. Nel ritmo scandito dall’uso del flashback, le colpe dei padri ricadono sui figli attraverso una struttura che modernamente trasforma l’ineluttabilità della tragedia antica in un giallo contemporaneo.
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La stampa:
Tattica geniale fa colpo sul pubblico del TiK. Applausi frenetici e prolungati al Teatro in Cantina di Graz per il brano vincitore del Concorso “Vicini sconosciuti”. “La tattica del Gatto” si è dimostrata quella vincente. Insieme: La prima del brano “La tattica del Gatto” di Giovanni Clementi, testo silenzioso e profondamente umano al Teatro in Cantina di Graz si è trasformato nella festa di un dramma che parla con molto sensibilità e senza esagerazioni delle nostre nostalgie, dei desideri e delle delusioni umane e che è caratterizzato principalmente dal convincimento che in questo mondo si riesce a sopravvivere solo insieme. A bordo campo. Il drammaturgo italiano riesce in modo molto conciso e sensibile a trasmettere al pubblico i ricordi, i sentimenti e le emozioni che vengono a galla in occasione dell’incontro di due vecchi amici che si rivedono dopo quarant’anni. Da giovani tutti e due amavano Carla, una cantante; tutti e due furono calciatori famosi: Ettore, il più giovane come attaccante e goleador, Valentino, il più vecchio dei due come portiere. E Carla fu la più bella al bordo del campo di gioco. Calcio italiano. Alfred Haidacher, il regista riesce a mettere in scena questa storia di relazioni assai complessa che mette il dito nelle piaghe del (non) vissuto senza fronzoli inutili ponendosi domande fondamentali che prima o poi ci poniamo tutti: Come sarebbe andata se….? Il calcio metafora del gioco della vita, ricco di falli nascosti e dolorosi. Squadra miracolo. “La tattica del gatto” è il brano vincitore del concorso per drammaturghi organizzato nell’ambito del progetto a lungo termine “Vicini sconosciuti” del Teatro in Cantina insieme a “Graz 2003”; un atto unico molto complesso, messo in scena da un regista avvalendosi di attori altrettanto bravi: Eva Weutz, Norbert Hainschek, Willy Haring, Tino Sekay e Bernd Sracnik formano una squadra miracolo del palcoscenico.
Gisela Bartens (Kleine Zeitung)
Avvincente gioco di scacchi gigante degno di Hollywood – tattica psicologica sul campo di calcio. L’Italia ha vinto la partita europea a Graz con il favoloso brano di Giovanni Clementi “La tattica del gatto”. E’ raro incontrare una simile armonia tra pubblico e attori in occasione di una gara sportiva com’è stato il caso al “Teatro in Cantina” di Graz, attualmente luogo d’incontro per la partita psicologica tra due eroi del calcio. “Die Taktik der Katze”, questo è il titolo della traduzione tedesca di Ingeborg Kanz del brano “La tattica del gatto” di Giovanni Clementi, nato nel 1956 a Roma. Clementi fa passare in rassegna l’amicizia di due ex colleghi di squadra, i loro trionfi in comune e le loro reciproche menzogne. Alla prima di mercoledì, alla quale ha partecipato anche l’autore del brano evidentemente commosso, il pubblico si è dimostrato entusiasta della grandiosità del brano e dei drammatici goal degli attori diretti dal regista Alfred Haidacher. Una splendida partita “Alpe Adria” nella capitale europea della cultura 2003. Con più di 300 testi su un totale di 508 l’Italia ha vinto il concorso drammaturgico “Vicini sconosciuti” organizzato dal “Theater im Keller” insieme all’iniziativa “Graz 2003” davanti alla Slovenia e all’Ungheria e con esso il premio di 5100 euro consegnato all’autore in occasione della prima rappresentazione della rassegna.
Clementi costruisce una partita di scacchi finemente psicologica. Il portiere Valentino chiamato “il gatto” aiuta il suo amico Ettore chiamato “l’anguilla” a fare carriera come centrattacco ma nello stesso tempo gli soffia la ragazza. Da questo fatto nasce una guerra con terribili sconfitte per tutti. Assistiamo profondamente commossi ad una retrospettiva drammatica piena di umorismo realistico, dolore profondo e vendetta spietata e composta di un susseguirsi di scene simili a sequenze di un film che permettono di presentire la catastrofe che avverrà 40 anni più tardi: Scene d’azione concitate e frequenti tagli conferiscono un enorme tempo al gioco complesso del team degli attori che armonizzano perfettamente tra di loro. Nella partita d’amore con dama di cuori – nonostante i suoi falli perfidi - Bernd Sracnik nella parte di Valentino segna una serie di grandiosi goal nella simpatia del pubblico. Forse un giorno vedremo “La tattica del gatto”anche sul grande schermo perché già nel 1998 hanno tratto un film dal titolo “Due volte nella vita” da una commedia di Giovanni Clementi.
Elisabeth Willgruber (Die Presse – Vienna)
E’ il calcio che regna attualmente al „Teatro in cantina“ di Graz, ma l’azione del brano, vincitore del concorso „Vicini sconosciuti“ (Autore: Giovanni Clementi) realizzato da questo teatro insieme all’iniziativa Graz 2003 – Capitale Europea di Cultura, non riguarda soltanto il gioco del calcio. E’ soprattutto la storia di due vecchi amici che si rivedono dopo quarant’anni smascherando la grande menzogna che ha condizionato la loro vita. Il dramma si svolge parallelamente nel passato e nel presente con molti salti temporali. Alfred Haidacher, il regista, ha realizzato una scenografia basata su elementi girevoli riuscendo in tale modo ad evitare lunghe pause e ad accelerare l’azione. Un ambiente ideale per il gioco degli attori: l’ottantenne Willy Haring (nella parte di Campisi, anziano portiere di fama) fa divertire il pubblico con gentile naturalezza, Bernd Sracnik – il suo giovane antagonista come uomo di mondo aggressivo e collerico. Tino Sekay e Markus-Peter Gössler nelle parti del giovane e del vecchio goleador formano una coppia molto autentica. Eva Weutz, troppo aspra nella parte di Carla convince in quella di Luna. Anche se tagliando alcuni brani, si sarebbe potuta accelerare l’azione, abbiamo assistito ad una serata piena di suspense con una fine sorprendente.
(Kronenzeitung)