Il dramma del mese
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Aplod di Rodolfo Ciulla
- Scritto da Damiano Pignedoli
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In un futuro non troppo lontano, il governo ha dichiarato illegale produrre e caricare in internet materiale video. Siti come Youtube sono stati chiusi e dichiarati fuori legge. Nei meandri del web però esistono siti pirata dov’è ancora possibile condividere filmati. Il più famigerato di tutti è Aplod dove un videomaker può guadagnare un sacco di soldi caricando, ad esempio, il video divertente di un gattino o altro ancora.
In questo mondo, a metà fra un romanzo di George Orwell e una sceneggiatura dei fratelli Cohen, dove tutti sono dediti al lavoro, il nostro protagonista viene licenziato. Spinto dal peso delle bollette e dell’affitto da pagare, stufo di vivere una vita quasi ai margini della società, decide di creare un’associazione criminale dedita a produrre dei filmati da caricare in rete per fare un mucchio di quattrini.
(Dalla sinossi dell’autore)
La vicenda drammatizzata in APLOD fa ridere. Ma sotto le risate c’è la tragedia di una generazione di millenials.
Portando in scena un mondo del futuro, la commedia ci parla delle paure e dei disagi del presente immaginando un avvenire pieno di precariato: in cui lavorare è l’unica cosa che conta e ogni sogno viene soffocato da un sistema rigido votato alla carriera, mentre chi non sta al passo viene tagliato fuori.
L’unico modo per sopravvivere a questo regime è darsi allora alla criminalità nell’opera rappresentata dallo sfavillante mondo del videosharing pirata. Così, nel testo, un sito immaginato come la versione criminale e avveniristica di Youtube diventa una piattaforma di riscatto sociale: dove più Like non significano solo più soldi, ma più fama; e realizzare video vuol dire poter essere chi si desidera senza sottostare al sistema. Ogni Like ti rende migliore di quello che sei.
Temi attuali, e fin troppo presenti nella nostra quotidianità, s’intrecciano nella fiction teatrale: la quale viene raccontata e vista attraverso il buco della serratura del piccolo e angosciante appartamento dove convivono i tre protagonisti. Il pubblico viene invitato a fare da voyeur e a osservare, a suon di risate, il dramma di tre giovani precari e di come il desiderio di evadere da un sistema soffocante finirà per metterli l’uno contro l’altro. Ed è questa la forza della pièce, che ha suscitato grande apprezzamento da parte del pubblico giovane: la capacità di far ridere fino alla fine mentre avviene la tragedia. Così oltre le risate, sia lo spettatore che – nella fattispecie – il lettore si porteranno dietro un leggero, ma duraturo, senso di disagio. Perché ognuno di noi, nel profondo, probabilmente farebbe qualsiasi cosa (perfino uccidere un amico) pur di ottenere un milione di like e cambiare la propria vita.
Rodolfo Ciulla
Da un processo di creazione collettiva dei membri di Fartagnan Teatro, nasce la drammaturgia consuntiva di Rodolfo Ciulla qui in gioco: esito scritto, dunque, di uno spettacolo andato in scena per la prima volta nel 2017 e recitato da Federico Antonello, Michele Fedele, Matteo Giacotto e Giacomo Vigentini, con la voce registrata di Dalila Reas. Una produzione che si avvale delle luci di Giuseppe Musmarra e delle cure scenografiche di Elisa Vannuccini, oltre a quelle di carattere organizzativo di Serena Tagliabue. Tuttora in tournée, la commedia si è conquistata progressivi riconoscimenti da parte di addetti ai lavori e spettatori: coinvolti dai suoi temi e modi capaci di attivare una stimolante adesione, in virtù delle sue connessioni al vivo immaginario delle fiction video e cinematografiche del nostro tempo. Per ogni informazione e novità al riguardo, è possibile consultare la webpage del gruppo al link “facebook.com/FartagnanTeatro”.
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Rodolfo Ciulla. Nato a Palermo nel 1991 in una famiglia di musicisti, inizia fin da piccolo a studiare canto e recitazione. Affascinato dal teatro musicale entra a far parte nel 2007 dei Solisti di Opera Laboratorio, partecipando alla messa in scena de L’ELISIR D’AMORE di Gaetano Donizetti per l’edizione di TaoArte 2007 a Taormina; inoltre canta nella compagnia d’operetta del Teatro Franco Zappalà di Palermo e nel coro Eufonia per l’Orchestra Sinfonica Siciliana. Comincia a studiare recitazione e, insieme a Linda Uzzo e Emmanuele Aita, nel 2009 crea il Trio Wanninger mettendo in scena LE AVVENTURE DEL RILEGATORE WANNINGER E ALTRE STORIE, liberamente tratte dai testi di Karl Valentin. La sua passione per il teatro musicale lo spinge a trasferirsi a Milano, dove si diploma nel 2013 alla SDM - Scuola del Musical diretta da Federico Bellone. Contemporaneamente si laurea in Discipline delle Arti e dello Spettacolo all’Università di Palermo, presentando una tesi sul musical WEST SIDE STORY di Leonard Bernstein. Come performer lavora poi con le produzioni Wizard Productions e Show Bees per gli spettacoli DIRTY DANCING - CLASSIC STORY ON STAGE del 2014 e FAME - SARANNO FAMOSI del 2016. Sempre a Milano, scopre l’amore per la prosa e, dal 2013, studia alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi diplomandosi in Drammaturgia. Da allora opera come autore e dramaturg in molte compagnie off milanesi: fra cui il Gruppo Teatrale Esperimente che – con la regia di Alessia Punzo – porta in scena il suo testo UN GIORNO QUALUNQUE, ispirato alla vita e alle opere di Alda Merini, nello spazio dedicato alla grande poetessa dalla Casa delle Artiste del capoluogo lombardo. Lavora inoltre come dramaturg presso la compagnia Vicolo del Teatro, al Teatro Martinetti di Garlasco. Nel 2017 invece è tra i fondatori della compagnia Fartagnan Teatro, coi quali inizia un percorso di ricerca per la creazione di un nuovo Teatro Pop. La formazione, infatti, crea e studia spettacoli per il pubblico dei millennials, analizzando tematiche care alle nuove generazioni ed esplorando generi come la fantascienza e la distopia, insoliti per il teatro italiano: il quale, a suo parere, sembra essersi dimenticato di tutta quella fascia di pubblico giovanile cresciuto con i serial Tv e che non va a teatro perché non vi trova storie che riescano ad affascinarlo.
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La confessione di Giampaolo Spinato
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Don Virginio ha un segreto. Forse, più d’uno. Vincenzo Semerari, ispettore di polizia giudiziaria, è stato mandato a estorcergli la confessione del più indicibile e nefando dei crimini ai danni di un essere umano.
Segregati nell’angusto e misterioso ricettacolo-palcoscenico della loro sfida (un covo? una cella? una camera di sicurezza sui generis?), il parroco e lo sbirro si affrontano senza esclusione di colpi. Anche il poliziotto, a quanto pare, ha qualcosa da nascondere: l’inconfessabile sodalizio, condiviso dallo stesso prete, che chiama in causa un’assortita consorteria di ‘superiori’ fra cui un monsignore, un colonnello, funzionari, magistrati e narcotrafficanti.
Qualcosa dev’essere sfuggito di mano dopo la morte e il ritrovamento della bambina. Si cerca un capro espiatorio. Non ci sarà via di fuga.
(Dalla sinossi dell’autore)
Testo sfuggente e disturbante, LA CONFESSIONE di Giampaolo Spinato.
Non un dramma per tutti. Ma neanche per nessuno. Anzi.
Con il suo sostrato di fitti sottintesi, lungo un’obliqua mobilità di «stati di coscienza» (per citare Leo de Berardinis) su cui inventare possibili schiarite, offre un denso materiale d’abisso ad attori di fervida curiosità interpretativa che vogliano esplorare confini e resistenze dei propri mezzi di indagine ed espressione.
C’è, infatti, un dedalo di ambiguità e segretezze pronte ad accoglierli – nel chiuso di una strana stanza adombrata di fosche trame – per un ampio e inventivo scandaglio. Ci sono corpi e menti da abitare di due personaggi trasudanti contraddizioni, sordidezze e vaghi tormenti; dai quali emergono colpe, errori e fetide debolezze sulle faglie di accidentati dialoghi e separati soliloqui su cui potere erigere recitazioni d’evocativa allusività: passibili, così, d’irretire lo spettatore in un gioco di scomodi dilemmi e domande pungenti.
Quesiti e intrichi che, attorno alla spirale dell’oscuro giallo e alla diffusione intorbidata della sua notizia, portano quindi a interrogarsi anche su come ognuno di noi percepisca e interpreti la realtà oggi. Sempre più filtrata e deformata da un regime di tale sovraesposizione massmediatica che – coi suoi maggioritari teleobiettivi e display distanzianti, tesi più all’effetto visuale d’entertainment che all’effettivo merito sostanziale – mostra ma non dimostra, dispiega ma non spiega: semmai rischia di confondere e distogliere dal vero tant’è sovraccarica di informazioni, dati e visioni d’intrusiva presenza che la disserrano piuttosto a spinte manipolative e opportuniste, dettate da esigenze di opaco controllo ed elitario mantenimento del generale status quo da parte di gerarchie e potentati che, per linee privilegiate o dirette, vi hanno accesso.
A tal invadente mole che pressa così il reale, Spinato oppone allora un movimento spezzato d’anime che s’addentra in minuti anfratti e solchi interiori cosparsi di parole, fra pieghe e contropieghe di detti e non detti, tra sporchi squarci di rivelazioni a metà e bagliori di dettagli che non fanno comunque troppa luce sugli eventi e sui suoi protagonisti. Ovvero due elusivi uomini soli che, per ruolo e altresì vocazione, dovrebbero attendere alla cura e custodia della Verità. La quale nessuno in toto, nelle sue infinitesimali scaturigini e derivazioni, alfine possiede; a differenza della Ricerca che, invece, è davvero di tutti. Per tutti. Non per pochi e men che meno per nessuno.
Ed è questo, in conclusione, uno tra gli aurei portati della labirintica pièce, al cospetto di un presente asserragliato dalle pervasive condotte di oligarchie operanti a circuito chiuso e per fini di ristrette cerchie esclusiviste: che pertanto lasciano, o meglio, fanno fuori disparati bisogni e necessità vitali di aperte moltitudini e comunità d’individui. Temi e aspetti su cui interrogarsi e avanzare domande per, poi, porsi in cerca di un sincero vivere riconquistato.
Damiano Pignedoli
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Giampaolo Spinato. Scrittore e docente, drammaturgo e giornalista nonché regista e agitatore culturale, nasce a Milano nel 1960. Completati gli studi classici al liceo, nella prima metà degli anni ’80 prosegue la sua formazione frequentando dapprima l’Università di Bologna – dove in seguito conseguirà la laurea al DAMS – e diplomandosi nel 1984 all’allora Scuola del Piccolo Teatro di Milano, antesignana dell’attuale “Paolo Grassi”. Nel 1990 diventa giornalista professionista, dopo avere già collaborato con “il Giornale” diretto da Indro Montanelli e dal 1987 con “la Repubblica” per la quale, a più riprese sino a oggi, continua a scrivere. A tali collaborazioni si aggiungeranno poi quelle con molte altre testate: tra cui “Linus”, “L’Europeo”, “Cuore”, “Max”, “Società civile”, “Leggere”, “Carnet”, “Panorama” e “Oggi”. Diversamente, compiute una serie di regie teatrali concomitanti e seguenti ai suoi studi alla Scuola del Piccolo, debutta nella scrittura drammatica con MOTORADIOTAXI: messa in scena nel 1988 da Cristina Pezzoli per la produzione di Futura Corporation. Un biennio più tardi è coautore della pièce collettiva PANE BLU, prodotta dal milanese Teatro del Buratto. Col procedere degli anni ’90 prende quota la sua attività letteraria. Nel 1993 pubblica infatti il racconto B. sulla rivista “Idra”, dal quale scaturirà l’omonimo dramma che nel 2001 verrà segnalato tra i finalisti al Premio Riccione per il Teatro e, nel 2005, diventerà uno spettacolo diretto da Fulvio Cauteruccio per la compagnia Krypton. Edito da Einaudi, nel 1995 esce invece il suo primo romanzo intitolato PONY EXPRESS, mentre vara il progetto “Bartleby - pratiche della scrittura e della lettura” tramite cui, lungo il tempo, darà corpo a una molteplicità di iniziative, corsi e laboratori formativi riguardanti la scrittura creativa e la drammaturgia. L’esperienza e gli insegnamenti prodotti in tali occasioni sconfineranno anche in ambito accademico, attraverso numerose docenze tra le quali si cita almeno quella che, dal 2009 a tutt’oggi, tiene presso l’Università Cattolica di Milano. Frattanto, a cavallo del nuovo millennio, dà alle stampe per l’editore Mondadori i romanzi IL CUORE ROVESCIATO (1999, vincitore del Premio Selezione Campiello) e DI QUA E DI LÀ DAL CIELO (2001), dedicandosi con profitto di nuovo alla drammaturgia. Fatta menzione di B. (peraltro pubblicato all’epoca come “Dramma del Mese” in questa stessa testata), scrive nel 2001 DA LONTANO VI UCCIDONO CON L’ONDA che assurge alle cronache per la censura tentata dall’Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda della corrispondente messinscena diretta dalla Pezzoli, programmata per il festival di Heidelberg del 2002 dove si riuscirà comunque a presentare in forma di performance. In quell’anno, partecipa al collettivo nazionale Scrittori per la Pace che viene insignito del Premio Hystrio per la Drammaturgia; inoltre vede andare in scena il suo testo ICO NO CLAST grazie ancora al gruppo Krypton e alla regia di Fulvio Cauteruccio. Nei due anni successivi, con l’ensemble d’autori Città in Condominio, sperimenta scritture ed espressioni di teatro che raccontino il presente secondo crismi di maggiore immediatezza, svincolata da tempi e modalità cogenti della produzione teatrale. Del suo testo BLU, invece, ne fa una rappresentazione per l’edizione 2005 del festival La Fabbrica dell’Uomo organizzato a Milano da Outis. Nel frattempo, tra giornalismo e continue docenze, fervono le stesure di romanzi: al 2004 risale l’uscita di AMICI E NEMICI per i tipi di Fazi, a cui seguiranno LA VITA NUOVA nel 2008 per Baldini Castoldi Dalai e, in un’edizione fieramente indipendente, LA BAMBINA nel 2014. Un anno prima, accanto a Massimo Sgorbani e Roberto Traverso, crea uno dei monologhi del trittico intitolato FUCK ME(N) «Studi sull’evoluzione del genere maschile» che diviene uno spettacolo recitato da Alex Cendron e diretto da Carlo Compare per la Compagnia Teatrale Dionisi. Il lavoro riceve il Premio Giovani Realtà del Teatro 2013 dell’Accademia Drammatica Nico Pepe di Udine, ponendosi temporalmente giusto in mezzo ad altri due riconoscimenti conferiti a Spinato a distanza esatta di un decennio, confermando così una vitalità d’autore non soggetta al logorio degli anni e dei suoi rivolgimenti. Uno è l’Isimbardi 2008, assegnatoli dalla Provincia di Milano nella “Giornata della Riconoscenza”, ad attestazione proprio di una carriera da scrittore «con largo consenso di pubblico e critica»; l’altro è il Premio InediTO 2018 - Colline di Torino per la Sezione Testo Teatrale, vinto con la drammaturgia figliata dal suo citato ed eponimo romanzo AMICI E NEMICI, inerente al tragico sequestro del 1978 ai danni dello statista Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse. Una reinvenzione drammatica giudicata «d’alta levatura culturale» che, prossimamente, esordirà per le scene in versione reading. Per ogni altra informazione, infine, e aggiornamento sull’attività di questo corrosivo intellettuale libero, d’indomabile curiosità e sagacia argomentativa, che non teme di esporsi in modo impopolare e sarcastico alla luce di un’onestà di pensiero apparentemente scorbutica, si vedano il suo website “giampaolospinato.it” e il suo seguito account twitter @GPS_SPINATO.
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Questa è casa mia di Alessandro Blasioli
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Un dinamico monologo che intreccia le storie di una famiglia e di due amici inseparabili, nel quadro doloroso e problematico seguente al terremoto che sconvolse l’Abruzzo e la città de L’Aquila nell’aprile 2009.
I coniugi Solfanelli e il loro figlio Paolo, amico strettissimo di Marco, tutti travolti non solo dalla potenza della natura, ma anche dall’iniquità degli esseri umani.
Fra inefficienze e resistibili condotte della macchina statale italiana, umanità varia di dubbia sensibilità ed ethos morale, si snoda un racconto di taglio civile che offre una visuale inconsueta sulla realtà del capoluogo abruzzese e, a un livello più ampio, su quella di altri luoghi versanti in un’analoga condizione post-sismica.
L’Italia d’altronde è uno dei paesi europei a più alto rischio sismico e, a oggi, non esiste una legge che regolamenti come reagire e condursi a seguito di catastrofi naturali quale quella in questione e che riguardi, dunque, la gestione degli sfollati, la riclassificazione delle macerie e in sostanza la ricostruzione tout court. Una mancanza che peraltro contribuisce al verificarsi di episodi di sciacallaggio, corruzione e infiltrazioni mafiose.
E tutto questo nodo di temi emerge dall’intarsio drammatico di Questa è casa mia - Dolor Hic Tibi Proderit Olim («Un giorno questo dolore ti sarà utile»): sulle ali di un teatro di narrazione animato dalla vivacità colorata di uno sguardo ironico e screziato, su cui trova risonanti sponde anche il parlato roccioso e caparbio del dialetto abruzzese.
Attraverso gli occhi giovani di Marco e Paolo, insieme a quelli più vissuti di adulti e anziani che rivivono di parola in parola, si possono così vedere e percepire le dolenti vicende e implicazioni sottese a uno scenario che va dagli hotel della costa alle “militaresche” tendopoli, dal ‘Progetto CASE’ alle spersonalizzanti New Town, sino al sollevarsi fragoroso del Movimento delle Carriole. Affinché, un giorno, questo dolore possa davvero servire a qualcosa di meglio: a chi lo vive e ha vissuto, e a chi no.
(dp)
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Naturale evoluzione del corto teatrale A Vostra completa disposizione!, il monologo che leggerete di Alessandro Blasioli è altresì uno spettacolo diretto e recitato dall’autore stesso, con la supervisione artistica di Giancarlo Fares. Tuttora in tournée, il lavoro è stato insignito del Premio Nuovo Imaie “Miglior interprete maschile” al festival Dominio Pubblico 2017 di Roma.
Alessandro Blasioli. Attore e cantante, nasce a Chieti in Abruzzo nel 1992. Studia canto con i maestri Loris Medoro, Nunzio Fazzini e Angela Bucci. Come attore ottiene un Bachelor in Acting presso l’Università del Galles nel 2014 ed è subito in scena, al Todi Festival, nello spettacolo L'Abbecedario del Conte Tolstoj diretto da Riccardo Reim. Studia Commedia dell'Arte a Parigi con Carlo Boso, mentre in Italia segue workshop di Giorgio Bongiovanni e fonda la Compagnia Sasiski! con alcuni colleghi: assieme ai quali porta in scena per l’intera penisola i canovacci inediti Duello in casa de’ Bisognosi e Sogno d’Amor Perduto, nati proprio dalla collaborazione con il maestro Boso. Con la stessa Compagnia va in scena all’edizione 621 del Carnevale di Putignano, alla XX del FontanonEstate di Roma e a quella dalla VI alla VIII della Giornata Mondiale della Commedia dell'Arte di Padova. Nel 2015 si aggiudica in Russia la “Menzione d'Onore” del Presidente di Giuria del Festival Internazionale Silver Sword di Mosca e, diversamente, è Alcindoro nella tournée del musical Mimì è una civetta: una coproduzione di otto importanti realtà liriche e teatrali italiane, per la regia del newyorkese Greg Ganakas su ideazione e libretto di Cristina Mazzavillani Muti. Dal 2016 invece, come artista indipendente, scrive e interpreta i monologhi di teatro civile Questa è casa mia - Dolor Hic Tibi Proderit Olim, DPR - Web sommerso (“Menzione Speciale” della Giuria al festival romano InDivenire 2017) e Sciaboletta (“Miglior Testo” al Festival ShortLab di Roma). Infine, nel 2018, entra a far parte del progetto di teatro itinerante dal titolo Notturni della città, a cura di Andrea Maurizi e con la supervisione artistica di Marco Baliani. Altre informazioni e news sono reperibili al website “alessandroblasioli.wordpress.com”.
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Immacolata Concezione di Joele Anastasi
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Sicilia, 1940.
Giovane silenziosa, mansueta e innocente, Concetta viene barattata dal padre caduto in disgrazia. Per una capra gravida, il genitore la affida a donna Anna: tenutaria del bordello di un paese sfiorato appena dagli echi della seconda guerra mondiale, prossima a deflagrare.
Estranea ai piaceri della carne e a una concezione della vita da adulti, la ragazza non oppone resistenza alcuna a tale baratto. Nessuno le ha mai spiegato cosa voglia dire fare l’amore e, oltretutto, l’espressione le piace fin da subito. E lei, nonostante sia preceduta da un’immeritata nomea di «babba», si conquista in poco tempo una clamorosa fama in tutto il paese, senza che si sappia di preciso come riesca a gratificare di piacere gli uomini sino a farli mirabilmente impazzire. Tanto più che non ce n’è uno di questi che l’abbia mai toccata nella sua stanza al bordello, benché tutti millantino d’aver vissuto favolose prestazioni d’alcova.
Vergine, pura e affrancata dalle malie del giudizio, Concetta ha una capacità tale di sentire l’anima dei suoi clienti da farne emergere e liberare fragilità nascoste, donando loro quello che nessuna persona sa dargli. Ne è sicura, del resto, che fare l’amore significhi – per esempio – giocare a “Un, due, tre, stella!” oppure fare la barba a un cliente frustrato da coniugali avarizie o, altrimenti, offrire il petto alle lacrime del signorotto locale. Sicché non capisce perché il mestiere di prostituta susciti tanto scalpore.
Tuttavia, com’è possibile raggiungere un angolo di paradiso senza pretenderlo per intero? Ogni uomo vuole la giovane completamente per sé, come se fosse un oggetto d’inestimabile valore. E a realizzarne un’appartenenza condivisa, che sia al contempo di ciascuno e della collettività, sarà perciò un avvenimento estremo in grado di renderla una creatura oltre se stessa: capace, nella sua aurea alterità, di elevarsi a simbolo e imprimersi netta nella memoria e nell’immaginario come un’Immacolata Concezione d’indefettibile amore. La quale sfida i limiti condizionanti della società e della storia, affidandone il sincero candore ai tempi che verranno.
«IMMACOLATA CONCEZIONE racconta la potenza e il culto dell’immagine che, arrivando a disumanizzare un corpo vivente per trasformarlo in feticcio, è soggetto alla necessità d’instaurare una relazione fondata sui desideri inespressi del proprio inconscio. Immacolata Concezione è la santa della carne e racconta quale terremoto possa generare l’incontro tra spiritualità e carnalità sul piano della collettività. Gli anni ’40 del secolo scorso rappresentano uno spartiacque essenziale nella storia dell’umanità. L’avvento della seconda guerra mondiale, con tutto quello che ha causato, ha rivelato come l’essere umano stesso sia stato brutalmente reificato e desacralizzato. Da quel momento storico la visione stessa dell’umanità, sia nelle relazioni tra le persone che nel rapporto con il potere, muterà profondamente e il concetto stesso di sacro cesserà di avere una corrispondenza nel piano del reale. La pièce, dunque, mostra il punto di snodo di un sistema sociale in cui le relazioni vorrebbero ancora essere prodotte invece che brutalmente consumate. Sebbene raccontino un mondo in cui può esistere ancora futuro e speranza, contengono già il germe di quella deriva malata che troverà nel conflitto mondiale e nei regimi totalitari una possibilità d’espressione».
Joele Anastasi
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Il dramma qui presentato è stato messo in scena dallo stesso autore che, peraltro, l’ha interpretato assieme agli attori della sua compagine Vuccirìa Teatro: ovvero Federica Carruba Toscano (alla quale si deve l’idea del lavoro), Alessandro Lui (che ha contribuito alla drammaturgia), Enrico Sortino e Ivano Picciallo. Lo spettacolo IMMACOLATA CONCEZIONE è andato in scena per la prima volta il 7 giugno 2017, al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, per il festival I Teatri del Sacro di cui è stato decretato vincitore. Tuttora in tournée e repertorio, vanta le scene e i costumi di Giulio Villaggio, le luci di Martin Palma e la produzione della Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini. Informazioni e materiali si trovano sul website “vucciriateatro.com”.
Catanese, classe 1989, Joele Anastasi è attore, regista e drammaturgo. Per approfondire lo studio della recitazione, lascia la Sicilia trasferendosi a Roma dove frequenta l’accademia bilingue d’arte drammatica Link Academy, studiando in italiano e inglese. Nel 2012 è guidato dal «teatrista» argentino Claudio Tolcachir al Laboratorio Internazionale della Biennale Teatro di Venezia e lavora, inoltre, come protagonista in diversi cortometraggi video. Nello stesso anno recita poi nello spettacolo di Silvio Peroni SCENE DA UN GRANDE AFFRESCO, al capitolino Teatro Vascello. A neanche 24 anni d’età, invece, esordisce come autore e regista creando la pièce IO, MAI NIENTE CON NESSUNO AVEVO FATTO, di cui è anche interprete, e che segna il debutto della sua compagnia Vuccirìa Teatro da lui fondata con Enrico Sortino. Il lavoro si fa notare da critica e pubblico, conquistando numerosi riconoscimenti in manifestazioni nazionali e d’oltreconfine. Oltre a questi successi, s’aggiunge la partecipazione come attore a YOU ARE MY DESTINY (Lo stupro di Lucrezia): considerevole produzione teatrale, esito di un laboratorio alla Biennale di Venezia del 2013, della pluripremiata artista iberica Angélica Liddell che avrà un’importante distribuzione internazionale dal 2014 al 2016. Frattanto, è la volta di due sue nuove creazioni drammaturgiche e di regia: BATTUAGE e YESUS CHRISTO VOGUE, rispettivamente del 2014 e del 2015, nelle quali è ancora in scena a recitare insieme ai suoi compagni di Vuccirìa Teatro. Nell’anno a seguire, scrive QUANDO IL SALE NON ERA L’UNICO FIORE: dal dramma poetico LILLENSKOGEN del norvegese Jon Jesper Halle, da cui uno studio scenico di Benedetto Sicca per il festival milanese Tramedautore del 2017. Anno, quest’ultimo, in cui vince il premio internazionale di drammaturgia Eu Collective Plays intitolato al compianto teatrante Matteo Latino; vittoria in linea con la successiva e citata affermazione della sua IMMACOLATA CONCEZIONE al festival I Teatri del Sacro. Attualmente sta lavorando al progetto WE ARE NOT PENELOPE - Sulla fedeltà, in collaborazione con la formazione spagnola Estigma e l’artista portoghese Nuno Nolasco; mentre è proprio di questo maggio 2018 la sua presenza, in rappresentanza dell’Italia, al Festival TransAmerique di Montréal (Québec) per il seminario dedicato a giovani artisti di teatro provenienti da molteplici paesi del mondo.