Il dramma del mese
Sweet home Europa di Davide Carnevali
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Dopo le divisioni del secolo XX, nel vecchio continente il grande progetto politico del secolo XXI è quello di costruire la Grande Casa Europea. In un discorso davanti al Consiglio d’Europa, il 5 ottobre 1998, Michail Gorbaciov auspicava “un ampio spazio di cooperazione in cui tutti si sentiranno a proprio agio, come se si trovassero nella propria casa”. L’immagine della casa è ripresa anche da Benedetto XVI in un discorso davanti al rappresentante della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, del 19 ottobre 2009, in cui parlava di un territorio che è “più di un continente, una ‘casa spirituale’”, rivendicando le radici cristiane dell’Europa.
SWEET HOME EUROPA è un testo sul problema dell’integrazione. Sulla possibilità e la capacità di accettare l’estraneo, lo straniero, l’altro.
Un Uomo, una Donna e un Altro uomo sono i protagonisti di differenti storie particolari e allo stesso tempo di una stessa storia collettiva – quella di una famiglia, di un popolo, dell’umanità intera – che, nel continuo incontro e scontro tra civiltà, sembra ripetersi in eterno.
Sull’Altro uomo ricade il peso delle generazioni precedenti e di quelle successive, il peso di una tradizione secondo la quale chi non può vivere nella propria terra ne cerca un’altra in cui fondare una casa e una famiglia, per un nuovo posto in una nuova società.
L’Uomo che nella propria comunità occupa invece una posizione di potere – politico, economico, culturale – farà di tutto per mantenere il privilegio di cui gode ed esercitarlo a suo vantaggio, a discapito del debole.
La Donna, dal canto suo, cercherà sempre il suo ruolo in una società occidentale che, mentre critica quella orientale, tarda ancora a riconoscere la reale parità tra i sessi.
A quasi vent’anni dalla nascita della UE, la Grande Casa Europea è un “cantiere ancora aperto”, come lo definiva Gorbaciov. Ma in che direzione stanno andando i lavori? Stiamo costruendo uno spazio privilegiato per la garanzia dei diritti umani, o stiamo solo recintando una proprietà privata per vietarne l’accesso a chi non è desiderato? Questa Casa sarà una casa accogliente? A chi sarà davvero disposta ad aprire le sue porte?
Davide Carnevali
Presentato inizialmente al Festival Internazionale di Letteratura di Berlino e finalista al Premio Riccione per il Teatro 2011, SWEET HOME EUROPA è andato in scena per la prima volta assoluta l’11 maggio 2012 al Schauspielhaus Bochum, che lo ha prodotto con la regia di Jana Miletić. Il 15 gennaio dello stesso anno, la Deustchlandradio Kultur ne ha prodotto e trasmesso una versione in forma di radiodramma diretta da Giuseppe Di Maio. Mentre nel 2013 sono da ricordare la lettura scenica avvenuta in giugno al Théâtre du Vieux-Colombier di Parigi per la Comédie Française (regia di Fréderique Plain), e quella secondo Fabrizio Arcuri realizzata al Piccolo Teatro di Milano durante il festival di settembre Tramedautore: primo passo verso la produzione di uno spettacolo dell’Accademia degli Artefatti prevista per il 2014. Debutta, infine, in questi giorni in Argentina (precisamente il 6 novembre) all’ELKAFKA espacio teatral, un teatro molto conosciuto della scena off di Buenos Aires, la messinscena del regista Horacio Banega che ha tradotto il testo insieme all’autore.
Davide Carnevali (nella foto di Pino Montisci) è nato a Milano nel 1981. Vive e lavora tra Berlino e Barcellona, dov’è dottorando in Teoria del Teatro presso la Universitat Autònoma e l’Institut del Teatre, con un periodo di studi alla Freie Universität Berlin. La sua ricerca si concentra sull’analisi di strutture drammatiche che si oppongono ai principi aristotelici di coerenza, linearità cronologica e relazione causa-effetto, nell’ambito della drammaturgia europea contemporanea. Sviluppa, inoltre, l’attività di docente impartendo seminari di scrittura drammatica e teoria del teatro; nel 2012 è stato Guest Professor presso l’Instituto Universitario Nacional de las Artes di Buenos Aires. Dal 2013 è parte del Comitato di Drammaturgia del Teatre Nacional de Catalunya; inoltre è membro del consiglio di redazione della rivista catalana “Pausa” e scrive per diverse riviste italiane e latinoamericane, occupandosi di teatro tedesco, catalano, spagnolo e argentino. È traduttore dal catalano e dal castigliano all’italiano.
Come autore, si forma con Laura Curino in Italia e con Carles Batlle alla Sala Beckett di Barcellona; amplia poi i suoi studi in Spagna e Germania con Martin Crimp, Biljana Srbljanović, José Sanchis Sinisterra, Hans-Thies Lehmann, John von Düffel, Simon Stephens, Martin Heckmanns. Con la pièce VARIAZIONI SUL MODELLO DI KRAEPELIN si è aggiudicato nel 2009 il premio Theatertext als Hörspiel al Theatertreffen di Berlino ed il Premio Marisa Fabbri al Premio Riccione per il Teatro, mentre nel 2012 ha vinto il Premio de les Journées de Lyon des auteurs. Sempre nel 2009, il suo testo breve CALCIOBALILLA ha ottenuto il Premio Sassetti Cultura Teatro. COME FU CHE IN ITALIA SCOPPIÒ LA RIVOLUZIONE MA NESSUNO SE NE ACCORSE ha ricevuto invece il Premio Scintille del Festival Asti Teatro 2010 e il Premio Borrello alla nuova drammaturgia 2011.
Forte anche dei nuovi riscontri e successi ottenuti con la prima parte del dittico sull’Europa, ossia SWEET HOME EUROPA, nel 2013 è stato incluso tra i 35 autori più rappresentativi della storia dello Stückemarkt del Theatertreffen che – per l'occasione – ha incaricato e sovvenzionato la scrittura della seconda parte del dittico: ovvero, PRELUDE TO AN END OF A WORLD. Le sue opere sono state presentate in diverse rassegne internazionali e sono tradotte in catalano, estone, fiammingo, francese, inglese, spagnolo e tedesco.
Il 3 novembre 2013 è stato proclamato vincitore della 52a edizione del Premio Riccione per il Teatro per la sua drammaturgia RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE.
A cura di Damiano Pignedoli
Non voltarti indietro di Chiara Boscaro
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Orfeo ed Euridice, Lui e Lei, sono una coppia, sono giovani, hanno tutto il tempo del mondo.
A Lei, tuttavia, succede qualcosa di traumatico, tremendo – “una cosa terribile della nostra società, una piaga del mondo” – e si rinchiude in se stessa e nella propria casa: un personale oltretomba. Da tale inferno Lui viene escluso, anzi, cacciato. “La storia è finita”, gli viene detto, e che si cerchi un altro passatempo. Ma Lui non la lascerà scivolare via. Con l’arroganza di quello che chiama Amore si presenta davanti a una porta chiusa, a reclamare la sua donna, la sua amata. Non ha altre parole per dirlo, se non quelle dei film, non ha parole per definire nulla di quello che sta per scoprire. Il male. La porta è chiusa. Lui minaccia, prega, blandisce. Ci va da vivo, da ignaro, non sa che dovrà mettere in gioco molto, e pure perdere qualcosa, per riavere indietro la sua Euridice. Non sa che dovrà aspettare, non sa che dovrà affrontare una verità orrenda, prima di poterla convincere a tornare alla luce.
Con questo lavoro cerco di parlare della difficoltà linguistica della mia generazione di fronte al dolore. NOI le guerre le seguiamo su internet. NOI il collo a una gallina non lo abbiamo mai tirato. NOI i bambini che muoiono di fame li conosciamo solo come monito prima del ben peggiore “A letto senza cartoni”. NOI sfuggiamo alle definizioni, troppo banali per un inquadramento e troppo fluidi per l’identificazione.
Una cosa è chiara, viviamo nel terrore del dolore. Se non ne parliamo, non esiste. Ma poi, quando c’è davvero, non abbiamo più parole per parlarne.
Chiara Boscaro
Testo finalista al Premio Hystrio 2011 Scritture di Scena_35, NON VOLTARTI INDIETRO è andato in scena per la prima volta assoluta il 23 giugno 2013 al Giardino delle Esperidi Festival per la regia di Marco Di Stefano e le interpretazioni di Valeria Sara Costantin e Diego Runko. Un progetto della compagnia La Confraternita del Chianti, per la produzione di Teatro In-folio, selezionato e sostenuto da ScarlattineTeatro - Campsirago Residenza Progetto Cantiere Campsirago.
Info: www.laconfraternitadelchianti.eu, www.teatroinfolio.it e www.scarlattineteatro.it.
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Chiara Boscaro (in alto nella foto di Mara Boscaro) nasce a Milano nel 1985. Si laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione presso l’Università degli Studi di Milano e in Scrittura Drammaturgica presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Partecipa a progetti di scambio con artisti europei (“Short Latitudes” - British Council; “Free our mind” - NGO Forum Theatre, Estonia) e italiani (Laboratorio di drammaturgia “Menzogna” condotto da Antonio Latella). Lavora come drammaturga con Roberto Rustioni (ATTI UNICI DA ANTON ČECHOV) e Francesco Saponaro (OCCHI GETTATI). Ultimi suoi testi messi in scena sono THE ITALIAN FACTORY (produzione di Teatro In-folio, 2012. Premio degli Allievi Ed. 2011 Giovani Realtà del Teatro), UN GIORNO TORNERANNO (L’Accademia dei Lunanzi, 2013), SANTA LA TERRA (Impresa Teatrale Fratelli Meucci, 2011. Premio Goldoni Opera Prima 2010, Premio Lodi di Pace 2011), 150 OVVERO ITALIAN DARK CABARET OVVERO LA MACABRA STORIA DELL’ITALICA PENISOLA DALL’UNITÀ AL FEDERALISMO FISCALE (La Confraternita del Chianti, 2010. Menzione speciale a Scintille 010, finalista ad Avamposti d’Autore 2010). Nel 2010 ha fondato con Marco Di Stefano La Confraternita del Chianti, gruppo che si occupa di nuova drammaturgia (¡VIVA LA REVOLUCIÓN!, menzione al concorso Una commedia in cerca di autori 2012), teatrodanza (LE SACRE DU PRINTEMPS, a Suburbia in Fabula 2012), radiofonia (MICAP, vincitore Crediti d’Autore 2012) e progetti di integrazione sociale per adolescenti e pre-adolescenti.
A cura di Damiano Pignedoli
Non la smettevano mai di cantare di Antonio Ianniello
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Dalle note di poetica dell’autore: Figlio si appresta ad abbandonare la casa di Padre e Madre, i suoi genitori.
La vicenda si snoda lungo una spirale drammatica che si avvolge verso il fondo, dove emergono rapporti vampireschi, dipendenze affettive, vincoli e sbarre.
Al centro, la storia di un processo di liberazione ed emancipazione dell’uomo che – a un tratto – si riconosce come Essere mutilato, incastrato nella cesura tra Dio e il Mondo.
Spirali e ripetizioni, nell’incedere di una sotterranea esasperazione tramata di allusivi non detti, costituiscono così arcipelaghi di senso che impongono al lettore (potenziale spettatore) di individuarne punti e coordinate da potere connettere, agendo attivamente per tracciare una mappa rappresentativa del Mondo stesso e delle sue geografie vitali: giacché questo, un senso, non lo ha se non glielo si dà e s’imprime con forza.
Attraverso la ciclicità e il disseminare indizi, il compito del drammaturgo è quello di creare territori e tragitti dove chi intende seguirlo trova ristoro per un poco, prima di essere precipitato nel buio su slavine e terreni sdrucciolevoli, al fine di faticare alla conquista degli spersi significati.
Il Teatro deve correre il rischio di porsi altresì in una posizione di semioscurità. Stando sul limite della sparizione per qualche istante – oscillando nel buio – ha il dovere di restituire non una visione sensata e completa della realtà, ma piuttosto quella di una frammentarietà: con la consapevolezza che l’essere umano ha il compito etico di raccoglierne e unirne i pezzi per ricomporre un itinerario che conduce a un abbaglio, a un istante di luminosa comprensione per poi essere ripiombato nell’oscura notte.
Il Teatro deve dunque restituire la frantumazione del Mondo, però proprio per tentare di non cadere nella trappola della resa vana alla sua mancanza di senso, il quale non si può fare a meno di cercare. Alla stessa stregua, cioè, del messaggio dell’Imperatore che non giungerà mai e tuttavia si rimane alla finestra ad aspettarlo.
Perdersi in tale frammentazione quindi, tra baratri di mistero e incompletezza, dimodoché la creazione teatrale spinga poi ognuno a conoscere e comprendere, a colmare e risalire, ritracciando autonomamente percorsi e possibilità inespresse.
Nella pratica scenica pertanto, come regista dei miei testi, voglio indurre lo spettatore ad avvertire e a guardare se stesso come soggetto che percepisce, che acquisisce conoscenza ed è artefice della costruzione complessiva di una nuova realtà dinamica, viva e diversamente aperta.
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Antonio Ianniello (Salerno, 1979) si forma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, diplomandosi nel 2003 per poi approfondire e ampliare la propria formazione presso Susan Batson alla Black Nexxus di New York. Nel suo percorso artistico alterna l’attività teatrale a quella televisiva e cinematografica, dove si distingue in alcuni film italiani (IL SIERO DELLA VANITÀ di Alex Infascelli, BALLETTO DI GUERRA di Mario Rellini, IL SOLE NERO di Krzysztof Zanussi) e note serie TV (DISTRETTO DI POLIZIA 3 e 6, IL MARESCIALLO ROCCA 4, IL CAPITANO 1 e 2, GLI ULTIMI DEL PARADISO). Autore di varie drammaturgie, tra queste si ricordano soprattutto: NON LA SMETTEVANO MAI DI CANTARE, pièce finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009, da lui messa in scena e interpretata l’anno seguente al festival Quartieri dell’Arte; e SHOSTAKOVICH IL FOLLE SANTO, scritta insieme a Francesco Saponaro che ne ha curato la regia per la produzione di Teatri Uniti nel 2010. Il suo testo DEVI ESSERE FORTE, invece, è andato in scena come finalista al progetto Nuove Sensibilità sempre del 2010; anno in cui accede pure alle finali del Premio Kantor al CRT di Milano e a quelle del Premio Dante Cappelletti al Teatro India di Roma, rispettivamente coi suoi lavori inediti QUESTA TOSSE e ANCORA OGGI (rappresentato due stagioni dopo, per la sua regia e l’interpretazione, tra gli altri di Paolo Graziosi). Oltre a superare l’ammissione e a frequentare il quarto La MaMa International Playwright Retreat condotto da Lynn Nottage, vince diversi riconoscimenti: il Premio Piero Natoli 2005 come Miglior Attore Emergente e, nel 2007, il Premio Napoli Cultura Classic e quello di Migliore Attore Protagonista al San Giò Video Festival di Verona. Nel 2011 fonda la compagnia Teatri Sbagliati (www.teatrisbagliati.com), subito protagonista al Premio Scenario e selezionata per il festival di Santarcangelo; mentre si è appena conclusa l’esperienza di coproduzione internazionale della giovane compagine, che ha visto Ianniello attore e co-autore di THE BOOK OF LIVING & DYING: spettacolo che ha debuttato nel 2012 al Singapore Arts Festival, dove è stato da poco riproposto con successo.
A cura di Damiano Pignedoli
Donnarumma di Domenico Castaldo
- Scritto da Damiano Pignedoli
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“L’uomo meridionale non è diverso dagli altri, ma è un uomo deformato. Le avventure della sua vita, la storia, lo peggiorano e lo esaltano fuori dalle leggi comuni”.
Così annota sulle pagine del suo diario – fra il 1955 e il 1957 – lo scrittore e selezionatore del personale Ottiero Ottieri, dopo essersi confrontato con una variegata folla di uomini da vagliare per l’assunzione nello stabilimento della Olivetti appena aperto dal patron Adriano nel suggestivo quadro mediterraneo di Pozzuoli, in provincia di Napoli. 400 posti di lavoro per circa 40.000 domande rivolte a una realtà industriale giunta dal Nord che – malgrado i migliori propositi e gli illuminati intenti – s’impianta su un territorio del Sud contadino mai progredito, creando delle contraddizioni tali che trovano sfogo nella liberazione dell’aggressività quando non della violenza vera e propria.
Dalle riflessioni di Ottieri, l’autore Domenico Castaldo ha creato perciò una drammaturgia che vede ruotare attorno al personaggio cardine – e speciale – di Donnarumma un cosmo stravagante di anime, volti e corpi che quotidianamente si arrangiano, cercando di portare a casa la giornata, secondo un modus vivendi ferino, viscerale, umanamente terragno che risulta alla lunga in conflitto con le razionali modalità organizzatrici e tecnicistiche del mondo del lavoro aziendale.
Ne scaturiscono pertanto delle dialettiche drammatiche ed esasperate ma con contrasti di viva comicità, per quanto sempre venati di un senso addolorato dell’incolmabile distanza ravvisata fra opposte umanità e visioni: con la sottile e tremula certezza, tuttavia, che l’assurdo, la follia e l’irrazionalità abitano in ognuno.
“In quanto uomo meridionale mi sono chiesto quali potessero essere le forme della deformità del popolo da cui traggo origine, quelle forme che hanno toccato e spaventato Ottiero Ottieri. Ho indagato, oltre a questo testo, tutta la cultura napoletana dell’epoca e tutta quella della mia infanzia vissuta al Sud per trovare possibili risposte. Sono giunto alla conclusione che certamente il popolo napoletano ha una forma mentis particolare, probabilmente unica al mondo, come si evince dalla sua ricca espressione culturale”.
Domenico Castaldo
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Domenico Castaldo (Castellammare di Stabia, NA, 1970) si diploma come attore nel 1993 alla scuola del Teatro Stabile di Torino guidata da Luca Ronconi, il quale lo dirige subito dopo nel dittico pasoliniano formato da PILADE e CALDERON. In seguito lavora con registi come Walter Pagliaro, Mauro Avogadro e Gabriele Vacis, nel cui Laboratorio Teatro Settimo ha pure modo di produrre delle proprie creazioni. Di particolare rilievo, poi, è l’esperienza vissuta presso il Workcenter di Jerzy Grotowski e Thomas Richards a partire dal 1995: viatico a una sua progressiva specializzazione negli ambiti della ricerca inerente alla formazione di giovani talenti e alla produzione di opere originali, approfondendo con rigore le potenzialità espressive del corpo, del movimento, della voce e della musicalità. Uno studio applicato specialmente a contesti di gruppo dove potere fare emergere strumenti di relazione autentica peculiari a ogni singolo essere umano, al quale trasmettere tecniche di consapevole invenzione e comunicazione che in scena si traducono in lavori di stratificata e multiforme drammaturgia. Dal 1996, dunque, col suo Laboratorio Permanente di Ricerca dell’Arte dell’Attore (fondato e tuttora operante a Torino), la sua arte di creatore teatrale si distingue per calibrata e danzante fisicità scenica, sensitività del canto che armonizza i piani di senso e la varietà di soggetti in gioco, aprendo lo spettatore tanto alla polifonica coralità di problematiche comunitarie quanto a quelle riposte nelle spire dell’interiorità personale. Insignito dell’importante Premio Giuseppe Bartolucci nel 1999, tra i numerosi spettacoli da lui scritti, diretti e interpretati si ricordano TAMERLANO (1997-1998), la tetralogia sulla figura di Antigone (1997-1999), LE ARGONAUTICHE (2001), le sei messinscene articolate nel progetto triennale “Sulle orme del Simurgh” (2004-2006), KING J. LEAR (2008) e i recenti DONNARUMMA (2010), WELCOMING! THE END OF THE WORLD (2011), oltre a PICCOLA GUERRA PERFETTA che ha debuttato lo scorso 19 marzo alla Cavallerizza Reale di Torino. Dal 2002, in connubio con A.C.T.I. Teatri Indipendenti, rientra fra le collaborazioni produttive del Teatro Stabile di Torino e del Sistema Teatro Torino. Attore-autore, dunque, regista e formatore, è altresì compositore e interprete di canti poliarmonici e non; mentre collabora con decine di realtà professionali italiane e straniere che ne ospitano seminari, lavori e residenze. Coi progetti “Liturgia” e “The Garden”, infine, si dedica a perseguire un teatro di partecipazione allargato ai non professionisti.
Sul sito www.labperm.it è possibile avere maggiori notizie e ragguagli su questa figura anti-convenzionale ed eclettica, di spiccata originalità eppure attenta alla tradizione e agli insegnamenti della migliore scena italiana e internazionale.
A cura di Damiano Pignedoli