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I libri del mese

Per la segnalazione in questa rubrica inviare esclusivamente libri di teatro o drammaturgia a
Associazione Dramma.it - Via dei Monti di Pietralata 193/c 00157 Roma

Luce Attiva di Fabrizio Crisafulli

Scritto da Marcello Isidori
Visite: 2510

Luce Attiva
di Fabrizio Crisafulli
Titivillus Edizioni - Pisa 2007
pagg. 229 € 20,00

Fabrizio Crisafulli, regista teatrale ed artista visivo, fondatore della compagnia "Il pudore bene in vista", consegna alle stampe questo saggio che potrebbe sembrare tecnico ed invece è tutto il contrario. Il punto di partenza dell'analisi è infatti proprio quella di considerare la luce a teatro non come mezzo tecnico che consente l'illuminazione dello spettacolo, ma come elemento caratterizzante l'azione drammatica, elemento poetico e narrativo, componente "attivo", per l'appunto, al pari del testo e dell'attore. Il saggio analizza nella prima parte le esperienze notevoli a partire dalla fine dell'800 per arrivare ai giorni nostri, di quegli artisti che hanno fatto dell'impiego della luce attiva l'obiettivo principale della loro ricerca teatrale. Tra gli altri: Appia, Craig, Salzmann, kandinskij, Svoboda, Wilson. Di questi e di altri artisti indaga le intenzioni, le tecniche e le realizzazioni sul campo. Nella seconda parte Crisafulli descrive la propria esperienza diretta e i sentieri della propria ricerca sulla luce nei suoi spettacoli, performances e installazioni. Il volume è corredato di molte utili illustrazioni e fotografie e di una vasta bibliografia sull'argomento. La prefazione è di Luca Farulli.

Questa volta è la mia storia di Neil Simon

Scritto da Daniela Pandolfi
Visite: 2136

Questa volta è la mia storia
di Neil Simon
Edizioni Excelsior 1881 - Milano 2007
pagg. 550 € 24,50
Per acquistare il libro

Non si vedono facilmente in giro le opere di Neil Simon: né in libreria, né in biblioteca. Almeno in Italia, Francia, Spagna, Austria, Germania. Non è raro trovarsi nella circostanza di voler leggere una sua commedia, sia pure in un’altra lingua, e di non poterlo fare. Così quando lo sguardo è caduto accidentalmente sulla copertina del suo libro autobiografico, distrattamente impilato fra montagne di allettanti pubblicazioni e strenne editoriali, sono rimasta come ipnotizzata alcuni secondi. Era lui. C’era. Nuovo di zecca e piuttosto corposo, con il bilancio di quasi tutta una vita. O almeno, certamente, della parte migliore, se è riuscito a raccontarla. Signori, cinquecentocinquanta pagine di Neil: voi capite? Un’abbondanza di visioni filosofiche della vita e del mondo stringate in battute fulminanti a raffica o anche, così come suole, condensate in metafore che eludono abilmente una sobria e meravigliosamente sana malinconia. Ciò che più contava era che sarebbe stato mio in pochi secondi, senza averlo pensato, cercato, dovuto chiedere. Un lusso pazzesco. Naturalmente il possesso di questo “bene”, poiché tale lo ritengo, ha implicato l’uscita assoluta dal mondo per due giorni e mezzo: un’immersione totale negli anni ’50-’70 che ho la fortuna di ricordare in discreta parte, sebbene, mi sembra di capire, mentre lui si fidanzava ufficialmente a New York, io andassi gagliardamente apprezzando le gioie traballanti del primo triciclo, lungo le discese a picco del quartiere Nemorense. Ho perso molto: “Quando ci fidanzammo volevo portarla in una gioielleria e regalarle un anello. Lei invece mi portò in un negozio di animali, si guardò attorno e vide un barboncino grigiastro legato ad una gamba del bancone. Legò un guinzaglio al suo collare e si diresse verso la porta mentre io mi attardavo alla cassa a pagare il nostro cane di fidanzamento”. A dire il vero è molto forte la tentazione di dare la parola all’autore, soprattutto per il piacere di condividere con altri gli effetti di quell’acume irresistibile. Sentite come parla di sé, facendo il verso a Wooody Allen: “La mia personalità può essere descritta come anale-ritentiva semplicemente perché mia madre si è rifiutata di farmi diventare anale –non-ritentivo. E vi risparmierò i particolari più crudi”.  E comunque tornare sulle sue parole non stanca mai: questo è il primo libro della mia vita che ho ricominciato a leggere dall’inizio, non appena raggiunta la parola fine. Un’altra uscita assoluta dal mondo: una specie di cura del sonno, di iperdose di serotonina. Ma oggi ci si può ancora dopare veramente con uno scrittore di teatro? Dopare, intendo, di serenità, coraggio, ironia? Perché Simon, per giunta è contagioso! No? Provatevi a cercare notizie su di lui attraverso Internet e fate caso a come tutti i redattori scivolino lentamente, parlandone, verso un’incontenibile allegria. Esempio: “Comincia a farsi le ossa con farse di modeste pretese come: A piedi nudi nel parco (1963), La stana Coppia (1965), Appartamento al Plaza (1968), Il prigioniero della seconda strada (1972), I ragazzi irresistibili (1972)….. per poi passare a Capitolo Secondo (1977), Risate al 23° piano (1993)”…. E non manca, questo libro, di essere un avvincente promemoria per tutti coloro che sentano la pulsione irresistibile a diventare drammaturghi. “Avevo trent’anni e sapevo che se non avessi iniziato presto a scrivere la mia prima commedia per Broadway sarei entrato inevitabilmente a far parte della topografia della West Coast. Mi bastò quel pensiero per farmi correre alla scrivania”. …”Joan mi guardò e mi chiese :” Cosa stai scrivendo?” ”Lettere” risposi immediatamente. Lei sorrise e si rimise a leggere. Non ci sono limiti alle nefandezze che commetterebbe uno scrittore quando una nuova idea gli si insinua nella testa.”….”Nel corso degli anni ho capito che chiudere un testo in un cassetto e non guardarlo per almeno due settimane fa succedere cose incredibili…si allontana dai miei pensieri quotidiani, da quella sorta di flusso di coscienza che si riversa fuori con la più totale sicumera. E quando lo leggo quello che funziona continua a funzionare, ma i difetti saltano sulla pagina e mi prendono a pugni l’ego”.  Devo aggiungere, comunque, che vedendo ripetutamente e avidamente tutto ciò che veniva dalla sua penna (molto cinema e poco teatro, per cominciare e inziando nel 1975 con Il prigioniero della 2° strada) mi sono accorta che il suo talento non risiedeva tanto nell’ abilità di scatenare un inarrestabile processo di identificazione, quanto nel sovrappiù di onestà che lo caratterizza e alla quale non ha mai saputo rinunciare: “Sono uno studente del corso di base di scienze comportamentali, non in senso accademico, ma come indagatore di come viviamo le nostre vite quotidiane e del modo in cui ci procuriamo tanta ansia e tanto dolore con comportamenti inspiegabili e assurdi. I problemi che ci creiamo da soli non sono necessariamente ridicoli, ma quando li metto nero su bianco e faccio di quel palco lo specchio delle nostre risposte e delle nostre reazioni, la gente comincia a ridere di sé stessa”… ”Scrivere è ancora tutto per me ed è un modo per osservare i miei progressi come individuo”… “La sera seguente il finale funzionò a meraviglia. Ognuno di noi invidiava le capacità dell’altro. Lui mi odiava per aver trovato l’idea, io lo odiavo per avermi costretto a pensare una soluzione. Una collaborazione perfetta funziona esattamente così”. In poche parole ciò che circola nelle sue commedie è quella verità di cui il Teatro va sempre in cerca, in genere in stretto rapporto con la Storia. Ecco: se ripenso alle commedie di Neil Simon, mi accorgo che sono arrivate tutte con grande anticipo rispetto alla nostra dimensione sociale. Il problema delle abitazioni? “Quando tornavo a casa la sera il letto era rifatto alla perfezione. Credo usasse un calzascarpe… La cucina era composta da un “lavandinetto” e un’antica stufa a due fuochi, abbastanza potente per riscaldare l’acqua ma non per farla bollire. L’attrazione principale era un caminetto che riusciva a riempire la stanza di fumo in tre minuti netti. Per fortuna c’era il grosso buco nel vetro del lucernario… Per quanto riguarda le altre attrazioni, c’era una stanza da bagno verticale. Niente vasca ma solo una doccia grande abbastanza per fare una telefonata, ma non per lavarti la metà inferiore del corpo…” Il rapporto scrittore-attore, con quel che implica circa la capacità di sapersi immedesimare negli interpreti? Ecco come dal racconto di Neil Simon i suoi attori balzano fuori dal testo con il loro stile e i loro personalissimi tempi comici: ”Non avrei questa casa se fossi uno scemo. E non ho mai letto un libro in vita mia. Tieni, prendi questo”. Mi lanciò un portasigarette d’argento con incisa sopra la sua faccia, mi sorrise amichevolmente e mentre mi avviavo verso l’auto, mi urlò dietro a squarciagola:”Al ladro! Al ladro! Fermatelo!” Poi chiuse la porta e scomparve. Io aprii la portiera della mia auto, con tra le braccia- oltre al resto- dei calzini rossi, un maglioncino rosso, un berretto da baseball verde con sopra la sua faccia ( di Jerry Lewis) e un ombrello giallo: Il tutto mi dava l’aspetto di un topo d’appartamento di pessimo gusto”. Oppure…“Non vuoi aspettare che abbia finito la seconda stesura?” gli chiesi. “Già mi piace la prima: la seconda sarà meglio. Dimmi quando vuoi iniziare e io porto la faccia e il trucco” . E’ Jack Lemmon o no?
Daniela Pandolfi

Le passioni della mente nel teatro di Joanna Baillie di Isabella Imperiali

Scritto da Marcello Isidori
Visite: 2234

Le passioni della mente nel teatro di Joanna Baillie
di Isabella Imperiali
Editoria e Spettacolo - Roma 2007
pagg. 328 € 15,00
Per acquistare il libro

La recente rivalutazione critica della produzione drammatica inglese, che va dal 1770 al 1840, ha salvato il lavoro di tante drammaturghe del periodo romantico dall’amnesia generale. Una produzione femminile molto ricca, da cui è emersa con rinnovata forza la figura di Joanna Baillie (1762-1851). Della prima edizione di “A Series of Plays” – più nota come “Plays on the Passions” – le opere teatrali che imposero la drammaturga sulla scena letteraria inglese nel 1798, sono qui presi in esame e presentati nella versione italiana il Discorso introduttivo, saggio in cui l’autrice espose il suo progetto di indagare le passioni, e De Monfort, tragedia incentrata sull’odio, che vide sul palcoscenico del Drury Lane di Londra cimentarsi i maggiori attori inglesi del periodo: Sarah Siddons, John Philip Kemble e Edmund Kean. Della terza edizione di “A Series of Plays”, del 1812, è presentato in traduzione un estratto della Prefazione – Al lettore – in cui l’autrice espresse la nostalgia per teatri più raccolti, denunciò i limiti delle pratiche sceniche del tempo e indicò soluzioni tecniche molto innovative.

Rodrigo Garcia a cura di Valerio Iacobini

Scritto da Marcello Isidori
Visite: 1845

Rodrigo Garcia
a cura di Valerio Iacobini
Editoria e Spettacolo - Roma 2007
pagg. 136 € 10,00
Per acquistare il libro

Il libro vuole fotografare non tanto la storia e l’evoluzione di García quanto l’effetto che l’autore argentino ha avuto in Italia dopo il suo controverso successo. Assieme alla voce di Rodrigo García, raccolta in due diverse occasioni - e cioè per la recita di Agamennone alla Biennale di Venezia del 2004 e per la sua apparizione a Roma, con il Projet Thierry Salmon – nel libro sono presenti conversazioni con: Luca Camilletti, attore e regista italiano che più di altri ha incrociato l’attività di Rodrigo García; il critico Antonio Audino, che di García si è occupato sotto diversi punti di vista; il duo Milena Costanzo / Roberto Rustioni che, dopo una lunga militanza nella compagnia di Giorgio Barberio Corsetti, ha firmato uno studio nato da un approccio tutto testuale non mediato cioè dalla precedente visione di spettacoli al teatro di García; Lorenzo Loris, patron del teatro Out Off di Milano il cui Note di cucina, rimane ad oggi l’unico spettacolo italiano completo tratto da un testo di García.

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Le drammaturgie

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