I libri del mese
Per la segnalazione in questa rubrica inviare esclusivamente libri di teatro o drammaturgia a
Associazione Dramma.it - Via dei Monti di Pietralata 193/c 00157 Roma
Love me or kill me di Graham Saunders
- Scritto da Marcello Isidori
- Visite: 1508
Love me or kill me
Sarah Kane e il teatro degli estremi
di Graham Saunders
Editoria&Spettacolo 2005
pag € 12,00
Love me or kill me è il primo studio monografico sulla drammaturga inglese più significativa del teatro del dopoguerra. Questo saggio copre i drammi e le rappresentazioni più importanti della Kane, contiene materiali e recensioni fino ad ora inedite, getta uno sguardo sull’influenza esercitata dalle sue opere dopo la sua morte.
Manlio Santanelli Teatro
- Scritto da Marcello Isidori
- Visite: 3544
Manlio Santanelli
Teatro
Bulzoni 2005
pag 416 € 25
Il volume riunisce per la prima volta sei tra i maggiori testi teatrali di Manlio Santanelli, autore tra i più significativi e importanti del teatro italiano contemporaneo. I capolavori Uscita di emergenza (1980) e Regina madre (1985), le opere della perfezione drammaturgica Disturbi di memoria (1988) e L’aberrazione delle stelle fisse (1990), gli inediti Il baciamano (1994) e Andate all’inferno (1998) sono pubblicati con un accurato studio introduttivo. I testi illustrano un lunghissimo percorso di scrittura, il suo approfondirsi e il suo variarsi. Una drammaturgia sorprendente per l’esattezza cartesiana e per i contenuti paradossali, colta nelle sue declinazioni innestate sul filone europeo del teatro dell’assurdo e fecondata dalla ricchissima tradizione teatrale napoletana, dai classici della letteratura dell’Ottocento, dal melodramma italiano e dalla narrativa novecentesca latinoamericana. Completano il volume una dettagliata teatrografia e una puntuale bibliografia.
Città e conflitto - Mario Martone regista della tragedia greca di Alessandra Orsini
- Scritto da Paolo Randazzo
- Visite: 2997
Città e conflitto - Mario Martone regista della tragedia greca
di Alessandra Orsini
Bulzoni editore Roma 2005
170 pagg. € 12,00
Quello del rapporto del teatro militante con la drammaturgia greca è un problema che continua a rivelarsi d’inesauribile interesse ed assai fecondo d’implicazioni teoriche, estetiche e più concretamente legate alla prassi teatrale. Con questo problema, a partire dal 1987 e fino al 2004, Mario Martone s’è confrontato senza soluzione di continuità e con risultati importanti che esprimono con evidenza la misura del suo spessore di regista e d’intellettuale. Di questa vicenda artistica si occupa Alessandra Orsini in Città e conflitto, Mario Martone regista della tragedia greca, interessante saggio critico (premessa di Massimo Fusillo) che da qualche settimana si trova nelle librerie per i tipi di Bulzoni. Si tratta d’uno studio completo ed informato che analizza tutti gli spettacoli che il regista napoletano ha realizzato a partire da testi della tragedia greca. Li ricordiamo in ordine cronologico: il Filottete di Sofocle (Teatri Uniti/Festival di Santarcangelo, 1987), l’Ultima lettera di Filottete (Teatro Biondo di Palermo, 1987), La seconda generazione (Teatri Uniti, Teatro Biondo di Palermo, C.R.T. 1988); Oedipus Rex di Jean Cocteau nella traduzione latina di Daniélou (Orestiadi di Gibellina, 1988), I Persiani di Eschilo (INDA, Siracusa 1990), I sette contro Tebe di Eschilo (Teatri Uniti, Teatro Nuovo, Napoli, 1996), Edipo Re di Sofocle (Teatro di Roma, Argentina 2000), Edipo a Colono (Teatro di Roma, India, 2004). Abbiamo detto prima del problema del rapporto del teatro militante con la drammaturgia antica, ma forse sarebbe più esatto dirne non tanto come di un solo problema quanto di un grumo di problemi: quale rapporto c’è davvero tra noi (noi col nostro contesto storico, politico e culturale) e la produzione teatrale classica? cosa ci resta concretamente di essa e della sua straordinaria ricchezza? E questa ricchezza davvero possiamo utilizzarla, ed in che modo, nel nostro teatro? che ruolo può avere il regista in questo tipo di operazioni? E si devono pensare come messe in scena o, forse più propriamente, come radicali riscritture? ed ancora, quanto e come influisce in queste operazioni la ricchissima tradizione teatrale e letteraria che nella nostra cultura s’è stratificata intorno al dramma antico? Sono domande cui Martone in questi anni ha risposto, col suo lavoro artistico e in molte pagine di acuta riflessione teorica, in un modo ch’è davvero esemplare e che la Orsini ha saputo esporre con chiarezza: non si tratta portare sulla scena contemporanea un testo antico di venticinque secoli, quanto di costruire uno spettacolo (su «frammenti, tracce, evocazioni») che abbia come proprio centro la riflessione contemporanea (quindi autentica, aperta, artisticamente necessaria, capace di rinnovarsi) su alcuni nodi tragici che il dramma antico riesce a porre alla riflessione del teatro e della cultura dell’oggi: basti pensare alla relazione tra libertà e responsabilità nel contesto dei rapporti parentali e generazionali o in quello della città e dello stato, oppure si pensi al dolore della guerra, al rapporto tra vincitori e vinti o alla condizione di immigrati in terra straniera. Per esemplificare: l’assedio dei sette a Tebe, non è visto da Martone (ne I sette contro Tebe e nel film Teatro di guerra) come figura di ciò che stava accadendo intorno a Sarajevo ma come catalizzatore della sua riflessione teatrale su un nodo tragico (l’insensato furore della violenza bellica) su cui ancora oggi non si può non riflettere con onestà e a pena dell’assoluta insignificanza estetica della prassi teatrale. E se già questo primo livello di approfondimento potrebbe bastare per avere un esatto metro di misura del valore (spesso purtroppo inesistente) di molti degli spettacoli ancora oggi costruiti (e a quale prezzo!) a partire dai testi della drammaturgia antica, in realtà il libro della Orsini riesce a mettere felicemente in luce anche altri aspetti sostanziali del lavoro che Martone ha svolto sul dramma antico: la riflessione meta-teatrale e la dolorosa tensione dialettica tra collettività e individualità. Nel passaggio dallo sperimentalismo di Falso Movimento (la prima compagnia di Martone aperta all’accoglimento della pluralità dei linguaggi artistici) ad una nuova attenzione alla carne viva della parola teatrale di Teatri Uniti prima e poi del regista da solo o con attori di diversa estrazione, si profila un segno chiaro del volgersi ad una dimensione di recupero adulto, responsabile e doloroso di una modalità di comunicazione teatrale che è consapevole della propria (tragica, non più eludibile) rilevanza politica in seno alla realtà. E tuttavia, se pure questa consapevolezza politica riassume e riflette in sé diverse lezioni della cultura e del teatro del secondo novecento (in particolar modo il magistero intellettuale di Pasolini) non viene mai meno in Martone anche l’attenzione alla dimensione individuale, emotiva, affettiva e quindi autenticamente umana d’ogni vicenda tragica. Per riassumere e concludere citiamo direttamente il regista: «Le prospettive di messa in scena del teatro greco sono legate alle prospettive di vita che ha un teatrante, come un suo tesoro archetipico a cui poter attingere, o forse proprio come un oracolo da poter interrogare.»
Paolo Randazzo
Lo sguardo che racconta di Massimo Marino
- Scritto da Marcello Isidori
- Visite: 3239
Lo sguardo che racconta
di Massimo Marino
Carocci editore Roma 2004
185 pagg. € 16,90
Più che un manuale per l’aspirante critico questo volume di Massimo Marino, critico e saggista teatrale, collaboratore dell’Unità e di diversi periodici specializzati, è una sorta di analisi del ruolo, delle funzioni e del “mestiere” di critico teatrale. Assolutamente non privo di consigli e di suggerimenti pratici, il libro prende infatti lo spunto del suo sviluppo proprio dai numerosi laboratori di critica che l’autore, ormai da diversi anni, tiene in particolare nell’ambito dell’università di Bologna. Tuttavia la materia viene trattata al fine di cercare di superare la realtà, forse divenuta anche luogo comune, di un mestiere in crisi, per delineare, attraverso l’evoluzione del ruolo lungo tutto il secolo da poco terminato, una nuova funzione più ricca e stimolante rispetto al passato. Così l’osservatore di spettacoli teatrali è passato dalla stagione dello spettacolo drammatico vero e proprio, in cui era fondamentale analizzare e giudicare la messa in scena del testo drammatico, attraverso la rivoluzione del teatro di regìa, in cui lo spettacolo diventa creazione artistica autonoma, fino agli anni delle varie avanguardie, neo avanguardie, post avanguardie e la sperimentazione. Il critico non può dunque più essere un recensore punto e basta, il suo sguardo critico deve sempre di più partecipare alla vicenda di chi crea lo spettacolo, conoscerne la storia, le tendenze, le linee di ricerca, gli obiettivi. Il suo ruolo è divenuto più partecipativo della singola vicenda teatrale e meno giudice esterno dell’evento spettacolare. Ogni capitolo di quest’analisi si conclude con la sezione “Il laboratorio”, grazie al quale il lettore potrà cimentarsi con esercizi pratici di osservazione ed analisi di spettacoli. Molto gustosa, a mio parere, l’appendice dedicata alla pluriennale e movimentata esperienza de “Il quaderno del festival”, laboratorio destinato alla produzione di un vero e proprio giornale critico dedicato al festival di Santarcangelo da parte di giovani critici con la direzione dello stesso Marino. In definitiva una pubblicazione utile per chi fa o vuole fare questo nestiere ed interessante per chi invece fa e vuole fare altro.