I libri del mese
Per la segnalazione in questa rubrica inviare esclusivamente libri di teatro o drammaturgia a
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La creazione del nulla. Una novella, una regia di teatro di Sabina Villa
- Scritto da Silvia Moretti
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La creazione del nulla. Una novella, una regia di teatro
di Sabina Villa
Edizioni O Barra O, pp 62, euro 5,20
L’autore:
Sabina Villa è attrice, regista e insegnante nell’ambito del teatro di sperimentazione e di innovazione.
Nel 2001 inizia la collaborazione con Paolo Ferrari e il Centro Studi Assenza di Milano. Dopo la regia de La creazione del nulla, è ora impegnata nel progetto Evoluzione! per il teatro in-Assenza.
Nel 2002/2003, Sabina Villa mette in scena la novella di Paolo Ferrari La creazione del nulla (una novella ateologica-ascientifica), e questo volume, La creazione del nulla. Una novella, una regia di teatro, edito da O Barra O, raccoglie in forma quasi diaristica i ricordi della regista legati al testo e ai suoi significati, dal primo approccio casuale nel dicembre 2002 alla prima lettura, avvincente e appassionata, della novella, ipertesto, «testo oltre se stesso»…«già teatro», fino alla performance realizzata.
La mente umana è il palcoscenico di questa particolare novella, che l’autrice riporta integralmente all’inizio del libro, e su di esso si intrecciano le relazioni tra il testo scritto (la novella ferrariana), la regista (la parola pensata, dunque mediatrice dell’evento) e l’azione (fisica e verbale) teatrale: «la sfida consisteva nel tradurre il gesto pensante in gesto teatrale pensato e pensante… pensare un Teatro in-Assenza».
Sabina Villa accetta la sfida e durante un corso per adulti di una scuola di recitazione milanese mette in scena il testo.
Il Centro Studi Assenza di Paolo Ferrari ha elaborato un complesso sistema ipotetico basato sul rapporto dell’attività in-Assenza e la realtà nota, un asistema che si fonda sul principio dell’evoluzione dell’Homo Sapiens in Homo Abstractus nuovo stadio dell’attività pensante capace di astrarre e simbolizzare la realtà.
Fornito di un breve glossario di termini prettamente teatrali che provengono da tale nuova concezione (gesto, azione, regia, messinscena, apersona, montaggio…) il lettore può addentrarsi nel labirinto filosofico della descrizione che la regista offre della costruzione dello spettacolo, da una rapida dimostrazione del proprio metodo di lavoro (conoscenza degli allievi ed esercizi suddivisi in due fasi), all’applicazione della teoria dell’Assenza e del nulla all’azione teatrale sviluppatasi negli anni, e qui descritta attraverso la cronaca degli incontri avvenuti tra lei e lo scrittore: «Il teatro di fatto è un sistema complesso… incline all’attività di simbolizzazione e di astrazione». L’incontro col Centro Studi in-Assenza, in definitiva, ha rappresentato per Sabina Villa l’inizio di una nuova riflessione sulla propria attività: uno spettacolo, concluderà (conclusione che rappresenta poi il principio della vera e propria messa in scena e della relazione che questo libro contiene), non è affatto un pensiero della regia sul testo, ma «un pensare della regia intorno a un testo, in relazione a tutti gli altri elementi in gioco».
Silvia Moretti
Il teatro contemporaneo di lingua tedesca in Italia a cura di Lia Secci e Hermann Dorowin
- Scritto da Maximilian La Monica
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Il teatro contemporaneo di lingua tedesca in Italia
a cura di Lia Secci e Hermann Dorowin
Edizioni Scientifiche Italiane, pp. 362, euro 28,00
Il volume riporta gli atti di un convegno interdisciplinare internazionale dal titolo “La ricezione del teatro contemporaneo di lingua tedesca in Italia”, svoltosi a Roma dal 30 marzo al 1 aprile 1998 a Roma, promosso dalla Cattedra di Lingua e Letteratura Tedesca del Dipartimento di Studi Filologici, Linguistici e Letterari dell’Università di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con il Goethe-Institut Rom e l’Istituto Austriaco di Cultura a Roma e con il patrocinio di Pro Helvetia e dell’Istituto Svizzero di Cultura. I contributi di Luigi Quattrocchi, Roberto Menin, Hermann Dorowin, Mauro Ponzi, Sigrid Schmid-Bortenschlager, Lia Secci, Luisa Gazzerro Righi, Teodoro Scamardi, Antonella Gargano, Lucia Torsello, Erika Achermann e Anna Fattori, tracciano un bilancio della “invasione germanica” verificatasi, nel corso dell’ultimo ventennio, sulle scene teatrali italiane. Il ricco repertorio del teatro contemporaneo di lingua tedesca, al quale hanno attinto soprattutto artisti del cosiddetto “teatro indipendente” e sporadicamente alcuni teatri stabili italiani, rivela la creazione di un circolo virtuoso fra produzione (autore), riproduzione (regista) e ricezione (vasto pubblico): si veda la lunga collaborazione di Tankred Dorst con Peter Zadek e Dieter Dorn o il rapporto di Thomas Bernhard con il “suo” regista Claus Peymann e il “suo” pubblico. Questo scenario, pressoché inesistente in Italia, ha alimentato i rapporti preferenziali fra alcuni registi italiani e determinati autori di lingua tedesca: con il teatro di Thomas Bernhard si sono cimentati, tra gli altri, Carlo Cecchi e Piero Maccarinelli; Federico Tiezzi ha operato un processo di rielaborazione di “Hamletmaschine” di Heiner Müller; Valter Malosti ha affrontato diverse volte i difficili testi di Herbert Achternbusch. Gli autori, trattati nei saggi, che hanno dato vita a una vastissima produzione drammaturgia “fecondando” la vita teatrale in Germania, Austria e Svizzera sono: Thomas Bernhard, Peter handke, Peter Turrini, Elfriede Jelinek, Botho Strauß, Herbert Achternbusch, Franz Xaver Kroetz, Heiner Müller. Altri contributi si soffermano su: la drammaturgia tedesco-orientale, il teatro nella Svizzera di lingua tedesca dopo Dürrenmatt e Frisch, la produzione teatrale delle autrici svizzero-tedesche contemporanee. Inoltre il volume è corredato di un’approfondita appendice bio-bibliografica che consente una più attenta documentazione sulla personalità e sulla produzione degli autori e sui relativi studi.
Maximilian La Monica
Trilogia della luna di Roberto Cavosi
- Scritto da Maximilian La Monica
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TRILOGIA DELLA LUNA
Diario ovulare di Erodiade
Anima errante
Bellissima Maria
di Roberto Cavosi
Ubulibri, pp. 128, euro 16,00
Questo mese abbiamo ritenuto opportuno che il libro fosse ”autorecensito” dalle parole dello stesso autore, il quale nella Postfazione che chiude la Trilogia traccia meglio di chiunque altro il profilo della sua ricerca artistica.
”Lo Spazio mi ha sempre affascinato. Il suo silenzio, la sua dimensione inafferrabile e metafisica. Il moto continuo del bene e del male che in forma di stelle e buchi neri distrugge e ridisegna instancabilmente l’universo. Esplosioni di luce e oceani di tenebre sono continuamente in lotta tra loro, a volte invadendo i confini l’uno dell’altro fino a confondersi, a volte fortificando le proprie posizioni in campi ben distinti, come le due facce della luna, quella bianca e quella nera. Nella mia avventura teatrale ho attraversato molti ‘campi di battaglia’ ma mai come in questa Trilogia ho affrontato in maniera così netta e diretta il rapporto tra bene e male, tra la vita e la morte. Problematiche esistenziali e impegno civile sono sempre stati i due elementi che maggiormente hanno caratterizzato il mio lavoro. Un insita sete di giustizia e libertà mi ha portato a confrontarmi con emigrazione, ghettizzazione, mafia o terzo mondo, intersecando pariteticamente l’aspetto umano a quello politico e sociale. Da qualche anno però, il bisogno di studiare l’Uomo in una dimensione più assoluta ha preso in me il sopravvento. Senza negarmi, ho affrontato il problema di una mutazione stilistica e contenutistica e in qualche modo ho aperto una grande stagione di sperimentazione personale, liberando i miei personaggi dalla ‘gabbia storica’ in cui ero solito collocarli e facendoli correre ‘negli spazi illimitati del cosmo’. Diario ovulare d’Erodiade ha aperto questo corso. E’ un testo feroce e ironico, drammaturgicamente in bilico tra letteratura e teatro. Un diario dentro il quale l’ ‘aspetto nero della luna’ esplode in una sua parossistica autorappresentazione e condanna. In contrapposizione a questo ho scritto Anima errante, dove la protagonista coglie il senso della vita attraverso un’accettazione subliminale della morte, in una struggente identificazione con la stessa Beata Vergine. E infine, in ordine cronologico, Bellissima Maria dove il bene e il male, la vita e la morte, danzano insieme a ritmo di un mambo cannibale, dove tutti si affannano per rispondere a una domanda tanto banale quanto imprescindibile: ‘Vale la pena vivere?’. Tre donne, tre figure femminili sono al centro dei tre lavori di questo volume: Erodiade, la Beata Vergine e una ‘novella’ Fedra per Bellissima Maria. Per me è sempre stato importante partire da un mito, da un archetipo per sviluppare i miei testi, fin dai primi. Tranne rare eccezioni, mi sono sempre ispirato a miti femminili, o a figure che, pur essendo storiche, vanno oltre qualsiasi connotazione temporale, come nel caso della Vergine. Questo perché il mondo femminile mi regala spazi che non trovo in quello maschile. La donna è portatrice di un’universalità, di un rapporto intrinseco con la terra e col cosmo impensabili per la sfera sensibile maschile. Forse è un mio limite d’autore, ma per descrivere con pari profondità i sentimenti di una sola donna mi ci vorrebbero almeno cinque personaggi maschili. La donna, il cui simbolo è la luna, è quindi al centro di ogni mia creazione, ne sta alla base stessa, in un tragitto reversibile che mi porta dalle ‘antiche Madri’ ai giorni nostri e viceversa. Ed è questo un altro punto caro alla mia poetica: la radice antropologica dell’essere umano in contrasto col nostro essere uomini oggi. Esiste ancora un legame tra questi due elementi? E se esiste come si sviluppa? E’ stato con Diario ovulare d’Erodiade che ho preso maggiormente coscienza di questa mia necessità di approfondimento. Una approfondimento-ricerca che tuttora perseguo. Antiche Madri, terra e universo, corpi e bagliori di infinito, paura e stupore si traducono attualmente nelle emozioni e nelle parole che ricerco, nei sentimenti che compongono la Trilogia della luna.
Maratona di New York e altri testi di Edoardo Erba
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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MARATONA DI NEW YORK E ALTRI TESTI
di Edoardo Erba
Ubulibri, pp. 184, euro 16,50
E’ la prima raccolta antologica di testi teatrali dello scrittore lombardo. Contiene cinque lavori scritti nello spazio di un decennio, dal 1991 di Maratona di New York al 2002 di Senza Hitler e quindi si può ritenere esauriente, anche se non esaustiva poiché qualcuno, come me, potrebbe lamentare l’assenza di un testo interessante come Vizio di Famiglia. La raccolta, al di là di personali considerazioni, appare comunque sufficiente a che ogni lettore sia in grado di percepire un filo rosso unificatore nelle, o meglio al di sotto delle, scritture di Edoardo Erba e di rintracciare, quindi, una sorta di ipotesi insieme poetica e drammaturgica, se non esistenziale, intorno alla quale le singole “storie” sono costruite. Si badi bene, ogni racconto o vicenda, ogni singola drammaturgia conserva sempre una sua indubbia originalità che è il frutto di una grande facilità anzi, pur in sottotraccia, spontaneità della scrittura di Edoardo Erba. È una spontaneità che si intravede, o pervade la cura quasi maniacale per la struttura testuale, costruita spingendo all’estremo gli elementi di descrizione fin quasi ad una iper-realtà che si ribalta suo malgrado nella allusione e nella suggestione. Ciò che importa è che, al di sotto dei testi, si legge una struttura drammatica univoca, un denominatore ripetuto in cui la volontà di controllare e interpretare situazioni e vicende che si mettono in moto, sono messe in moto quasi per forza propria, viene appunto ribaltata dall’irrompere nella vicenda di un elemento di sorpresa, attorno al quale, peraltro, l’intera vicenda drammaturgica pare essere stata sin da subito costruita. Questo potrà essere la morte già avvenuta eppure ancora inconsapevole e inaspettata, o un improbabile disastro ecologico che dà sostanza ad un sogno, ovvero l’improbabile presidente che rovescia una ordinaria catena di comando, o un mostro antropofago che ridona la vita a chi vive da sempre morto, oppure un ignobile ma banale rapporto sado-maso proiettato ed esaltato sullo sfondo di dimensioni parallele. Il lettore, mi auguro con suo piacere, ritroverà e scoprirà nei singoli lavori di questo bel libro le nostre misteriose anticipazioni ma, ne sono certa, non avrò rovinato il gusto della scoperta perché, mi sembra, l’abilità dell’autore sta proprio nel far apparire queste “sorprese” come quanto di più adeguato e naturale possa accadere alle sue storie e ai suoi personaggi. È un libro che si legge con molto piacere, pur essendo una raccolta di testi teatrali, poichè l’attenzione di Edoardo Erba per la sua scrittura, per il linguaggio, che dà veste letteraria ad una koinè molto diffusa soprattutto al nord e tra le generazioni più giovani riscattandola da una stretta veste asettica e televisiva, rende la stessa lettura una sorta di anticipazione della messa in scena, quasi volesse risolvere in essa proprio la stessa messa in scena. Ma è anche una raccolta di testi di cui si intuisce la possibilità di una forte resa teatrale che ne possa completare il senso innervandola, e darle sangue proiettandola proprio nelle tre dimensioni della scena. Il libro è corredato dalla introduzione di Franco Quadri che, lo dico a titolo di ultima notazione, sente il bisogno di difendersi da accuse di tradimento per aver sostenuto un autore che rivendica primaria importanza al testo. Questo è il segno che forse anche i nuovi autori e drammaturghi come Edoardo Erba non sono così lontani dalle innovazioni delle post-avanguardie.
Maria Dolores Pesce