Il dramma del mese
Benzina di Daniele Falleri
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Benzina è liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Elena Stancanelli. E' stato selezionato per la Rassegna Il Garofano Verde (Edizione 2001) ed è in scena dal 18 aprile al 12 maggio 2002 al Teatro Colosseo di Roma con Cinzia Mascoli, Loredana Cannata, Elodie Treccani (nella foto sotto), Alberto Bognanni, per la regia di Daniele Falleri.
La storia
Una storia d’amore travolgente. Lenni e Stella hanno poco più di vent’anni e gestiscono un distributore di carburante. Stella è cresciuta lì, in mezzo all’odore inebriante della benzina e alla generosità rozza dei camionisti. Lenni invece viene da una famiglia borghese dove regna la convenzione e l’ipocrisia. Da tre anni vivono insieme in questa loro oasi felice. Lenni, ormai cresciuta, decide di comunicare alla madre il suo amore per Stella. La madre, fingendosi comprensiva, raggiunge la figlia per riportarsela a casa. Ne scaturisce un furioso litigio fra Lenni e la donna. Stella interviene in difesa della ragazza che ama e in un impeto di rabbia fracassa la testa alla madre con una chiave inglese. Lottando contro l’angoscia e la rabbia le due ragazze cercheranno per tutta la notte di ingegnarsi per far sparire il cadavere e continuare il loro amore di sempre. La madre, che ricompare fantasma, le accompagnerà con ironico cinismo in questo loro cammino non privo di ostacoli.
Presentazione del testo di Lorella Morlotti
Quando ho letto il romanzo di Elena Stancanelli sono rimasta vivamente impressionata : bellissimo.
Ancora non sapevo che BENZINA sarebbe stato un successo editoriale e che mentre io mi interessavo ad acquistare i diritti teatrali un altro produttore si stava contemporaneamente accaparrando l’esclusiva cinematografica. Per me quella storia nera e appassionata, profondamente moderna, possedeva tutti gli ingredienti giusti per diventare un’eccezionale pièce teatrale. Adesso bastava “solo” trovare l’autore giusto per trasformare il romanzo da narrativa in prosa.
L’incontro con DANIELE FALLERI, sceneggiatore e regista, si è rivelato sin dall’inizio stimolante.
Falleri, “folgorato” (parole sue) dalla lettura del romanzo, ha curato con entusiasmo la trasposizione teatrale e ha saputo aggiungere alla drammaticità del plot (quasi interamente imperniato intorno all’omicidio, e al successivo tentativo di occultamento del cadavere, della madre di una delle due ragazze protagoniste) un’ironia che nelle vesti eteree del fantasma della donna assassinata raggiunge momenti di irresistibile comicità.
L’ultima stesura era stata appena ultimata quando Rodolfo di Giammarco, noto critico teatrale, legge il copione e subito lo seleziona per la Rassegna Il Garofano Verde, scenari di teatro contemporaneo a tematiche omosessuali. Viene composto il cast prestando una cura attentissima alle particolarità delle interpreti (non dimentichiamo che due dei tre personaggi principali sono poco più che ventenni).
La scelta finale cade su tre attrici con una carica espressiva ed una professionalità eccezionali : CINZIA MASCOLI (“Viaggi di nozze”, “Il testimone dello sposo”), LOREDANA CANNATA (“La donna lupa”, “Ustica”), ELODIE TRECCANI (“Il verificatore”, “Commesse” – 1° e 2° serie)). Completa il cast il bravissimo ALBERTO BOGNANNI. Lo spettacolo ha avuto il suo battesimo col pubblico al Teatro Belli di Roma nello scorso mese di Giugno facendo riscontrare in ognuna delle sei repliche il tutto esaurito. Adesso, dopo un inverno di preparativi, BENZINA , che nel mese di Aprile 2002 sarà anche nelle sale cinematografiche, è pronto per far entusiasmare, tremare e ridere il grande pubblico teatrale.
La gabbia di Alberto Bassetti
- Scritto da Marcello Isidori
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La gabbia ha vinto il premio I.D.I. NEL 1995, ed è stato pubblicato da Hystrio.
Alla fine di aprile "La gabbia" sarà in scena con la produzione della compagnia "La famiglia delle ortiche" e il "Teatro stabile del Friuli Venezia Giulia", per la regia di Cherif. Con Luigi Mezzanotte e Carlo Di Maio.
La storia
Un temporale sta inondando la città, un Uomo è prigioniero nel proprio ascensore, bloccato dal black out. Nella villa non rientrerà nessuno, per giorni: la sua famiglia è in vacanza, ed egli stesso era sul punto di partire per un viaggio (almeno ufficialmente) di lavoro. Madido di pioggia, armato solo di una torcia elettrica, appare inaspettatamente un Altro uomo. Dopo vari tentativi, l’Altro si rivela impossibilitato dal dare un concreto aiuto all’Uomo prigioniero. Almeno, finché non torni la luce.
Presentazione del testo:
La Gabbia nasce dall’urgenza di indagare la nostra attualità attraverso l’insicurezza e l’insoddisfazione non di un emarginato, ma di una persona apparentemente realizzata che si trova in una situazione di costrizione che potrebbe esserle fatale. Un temporale sta inondando la città, un Uomo è prigioniero nel proprio ascensore, bloccato dal black out. Nella villa non rientrerà nessuno, per giorni: la sua famiglia è in vacanza, ed egli stesso era sul punto di partire per un viaggio (almeno ufficialmente) di lavoro. Madido di pioggia, armato solo di una torcia elettrica, appare inaspettatamente un Altro uomo. Dopo vari tentativi, l’Altro si rivela impossibilitato dal dare un concreto aiuto all’Uomo prigioniero. Almeno, finché non torni la luce. Si instaura gradualmente tra i due un rapporto sottile, teso ed ambiguo: specie quando l’Altro si rivela a conoscenza di tanta parte della vita dell’Uomo. Anche la più lontana, recondita, segreta… Forse sta scoprendo queste cose semplicemente rovistandogli la casa, leggendo i suoi diari, lettere, poesie. Oppure, quelle cose, l’Altro le sapeva già… Un inquietante amalgama di dramma, ironia, sogno, illumina il mondo interiore di due uomini, così diversi, così simili…. Ma il finale, lucida invettiva sulla condizione umana ed ancor più sul vivere contemporaneo, pur chiarendo tutto dal punto di vista della logicità, lascerà aperte diverse strade. Il dubbio, che resta nell’animo di ciascuno di noi. L’idea della commedia è nata dall’incontro con un attore, Andrea Giordana, che mi ha parlato del suo problema legato alla claustrofobia. Il comune interesse per la psicoanalisi ha portato i nostri discorsi a focalizzarsi verso questa immagine dura, icastica, che già all’aprirsi del sipario ci coglie in tutta la sua drammatica quotidianità. Un percorso affascinante che ribadisce in me l’idea che il teatro debba essere la sintesi di forti e sentite esperienze personali, culturali, sociali: sempre, però, verificate dalla carnalità, dalla sintonia con l’attore e (è bene sottolinearlo) con lo spettatore.
A. Bassetti
Conversazione per passare la notte di Raffaella Battaglini
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Conversazione per passare la notte ha vinto ex-aequo il Premio Idi nel 1993, e nel 1998 (nella traduzione francese) ha vinto il secondo premio al Prix Théatre Italien Contemporain. E' stato pubblicato nella collana Ricordi Teatro, e su Hystrio. E' andato in scena nella stagione 1995/96 con la regia di Federico Tiezzi (interpreti Marisa Fabbri, Magda Mercatali, Alvia Reale, Gianfranco Varetto, Rossana Piano, Gianluca Barbieri).
Di cosa parla
Dal sito www.outis.it
Due narratrici cercano puntigliosamente di ricostruire, senza approdare ad alcuna certezza, la successione degli avvenimenti (nefasti, non sappiamo se nel vissuto o nel loro subconscio) che hanno devastato un nucleo familiare borghese isolato in una villa di campagna. Sono due donne vecchissime morte da tempo. Gli indizi fanno ritenere che siano state madre e figlia, dunque di età differenti, ma nel non-luogo nel quale avviene la loro conversazione le differenze anagrafiche e i legami del sangue hanno perduto rilevanza. Sia i personaggi sia la loro storia contano meno, nel testo, di un incombente, metafisico personaggio, il Tempo, che fa scattare le trappole della memoria. Raffaella Battaglini ha in Conversazione capacità di coinvolgimento quasi immediate, ordisce la trama delle allusioni con cui le due narratrici s’aggrappano ai ricordi, trascorre dagli abbagli della memoria alle scene del racconto “autentico” e ci rinvia all’indicibile gravità degli accadimenti di cui erano lastricati gli inferni quotidiani e borghesi dell’ultimo Bunuel e, più su, alle atmosfere torbide di un Mirabeau. Ecco in questo testo, le inquietitudini deel’adulterio, l’anomala conflittualità tra madre e figlia, il libertinaggio e la malattia del capofamiglia che si concludono in monomania mistica, la presenza mitizzata di un “ladro d’amore” che sarà causa involontaria della rovina dell’integrità familiare, fino ad un delitto (ipotizzato, temuto o consumato: non lo sapremo mai) che unirà in un’inestricabile complicità le due donne.
Note dell'autore:
Quando ho iniziato a pensare a questo testo, avevo in mente già da tempo l'immagine iniziale, quella di due donne vecchissime sedute, spalle al pubblico, davanti a una finestra spalancata. In modo ancora vago, sapevo che si trattava di una madre e di una figlia. Sapevo che stavano raccontando una storia; e, soprattutto, sapevo che stavano ricordando. Da molto tempo volevo scrivere un testo sulla memoria. Ma il progetto ha preso forma soltanto quando ho capito che le due vecchie narratrici erano morte, e che la storia che stavano raccontando era la loro. In quel periodo stavo rileggendo Dante, e in qualche modo, attraverso la Divina Commedia, si è fatta strada l'idea che le mie protagoniste fossero due dannate, e che l'atto stesso del ricordare, del ricordare eternamente, fosse la loro particolare forma di dannazione. Ricordare, e dimenticare: quello che m'interessava soprattutto, nell'alternarsi delle due voci, e nella dissonanza delle versioni, era raccontarne l'ambiguità, le omissioni e le manipolazioni messe in atto dalla memoria al fine di addomesticare il ricordo, di renderlo
sopportabile. Che fossero condannate al dubbio, questo m'interessava, anche oltre la morte; e l'idea che il vissuto, benché visto "da fuori", al di là dell'esistenza stessa, continuasse a dimostrarsi inconoscibile. Ecco perché, nel testo, sono così labili i confini tra ciò che viene ricordato e ciò che è soltanto immaginato; ed ecco perché, anche, le "ricostruzioni" delle due protagoniste assumono inevitabilmente un carattere di messinscena: una messinscena del ricordo, anzi, più precisamente, una messinscena del ricordo come finzione.
Raffaella Battaglini
Anatomia della morte di... di Marcello Cotugno
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Anatomia della morte di... è stato uno dei Sette spettacoli per un nuovo teatro italiano per il 2000 concorso bandito dal Teatro di Roma. Questa la motivazione: Nello stile dell'inchiesta, della ricerca di una parvenza di verità, del processo indiziario, questo testo analizza problemi, situazioni, malesseri, solitudini del mondo giovanile. Interessa l'uso non banale e non convenzionale del personal computer, utilizzato non solo per proprio uso ma anche per la comunicazione interpersonale; interessa lo sguardo attento sul mondo giovanile, un mondo che qui parla in prima persona, sottraendosi agli sguardi paternalistici con i quali generalmente viene osservato dal mondo degli adulti.
ANATOMIA DELLA MORTE DI…
di Marcello Cotugno regia di Marcello Cotugno. Co-produzione Associazione Culturale Beat 72 e Teatro di Roma. Con:Paolo Zuccari, Daniele Pecci, Massimiliano Bruno, Laura Nardi, Lydia Biondi, Giorgio Colangeli.
Note dell'autore:
Anatomia della morte di… rappresenta un grido strozzato in gola, una richiesta d’attenzione per le storie che, pur non partendo da una periferia, cercano di raccontare degradi interiori di piccole persone di scarso interesse. Tutto si svolge in un teatro fatto di parole ma anche di tecnologie, che però non disarcionano il verbo. La parola che, quando tenta di raccontare cose in cui ci si possa riconoscere, quando cerca di smascherare una o più verità sulla triste condizione umana, resta il ‘quinto elemento’ di comando della situazione drammatica. E poi la velocità, il ritmo, la scansione di tempi aggressivi, la scelta di tematiche forti. Perché il mondo sta andando allo sfascio. Nuove tecnologie, nuove intelligenze, il computer come estensione del cervello, internet come estensione del computer, il teatro come massima estensione di tutto. Perché è la vita. Quella che cambia in continuazione quella che ti schiaccia per terra, quella che ti fa svegliare a quarant’anni e ti fa pensare che tu sei un fallito… Borghesi, piccoli, inutili, ma forse non colpevoli. O forse sì. La colpa è un concetto superato. E il computer corre e va a cercare le ragioni, le motivazioni, le assolute mancanze che hanno portato un ragazzo, un altro ragazzo, a dire "Oggi è l’ultima volta che vivo". Così è stata la nostra vita, piena di non lo so, di come sto male, di superficialità banali ed a volte inconsapevoli. Perché Daniele si è ammazzato? Perché abbiamo sempre bisogno di confessare tutto? Perché almeno una persona deve sapere. E allora un consiglio: qualunque cose facciate, qualunque terribile atto decidiate di commettere, non parlatene mai con nessuno, ognuno ha perlomeno una persona di cui si fida, e sarà la vostra fine, il segreto sarà sulla bocca di tutti, come il rossetto di quella puttana, quella mora, bella, colombiana da cui tutti dovreste andare prima o poi, il suo nome è Jennifer…
a suivre…
Marcello Cotugno
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