Il dramma del mese
#AnAmericanDream di Sergio Casesi
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Teatro a orologeria. Un bolero a Manhattan. Un gioco al massacro costruito su un crescendo che sembra infinito ma che, a ogni giro di giostra, riporta un passato mai passato. Mai condiviso. Mai analizzato.
Scrivendo #AnAmericanDream ho cercato di riflettere sulla società di oggi, sul nostro aspro mondo, dove il concetto di giustizia sociale viene dimenticato per veder diffondersi il più nefasto “farsi giustizia da sé”. Un’epoca, la nostra, che mescola cause ed effetti; che resta in superficie e non coglie mai la complessità delle cose, riaprendo così la strada alla violenza come mezzo politico ed esistenziale.
Mi è stato chiesto perché ho ambientato questo dramma a Manhattan e non a Milano o a Roma. Il motivo è che New York e tutta l’America sono per noi, oggi, luoghi dell’immaginario e del mito: dove eroismo, disparità, fantasia, opportunità e nefandezza dell’animo, possono coesistere e darsi battaglia. Per un europeo, ambientare un testo a Manhattan vuol dire scrivere nell’immaginario collettivo. Vuol dire avere la libertà di affrontare la modernità come si affronta il mito. Si può farlo di sicuro anche con un’ambientazione italiana, ma non per la drammaturgia in questione. Credo che la storia di Tom, Allie, Liv e Albert valga, certo, per ogni luogo; ma sono anche convinto che solo nella nostra America immaginaria i fatti raccontati possono essere percepiti dallo spettatore come veri.
E poi cosa c’è di più mitico del “sogno americano”? Quanti milioni di persone l’hanno inseguito e lo rincorrono ancora oggi? E quanto di quel sogno è entrato nelle nostre vite? Nelle nostre scelte e abitudini? Quanto di quel sogno viene narrato dal mosaico giornaliero delle nostre odierne pagine social?
Eppure “connesso” non vuol dire solo legato, congiunto ad altre parti. Qual è, appunto, il nesso fra i miliardi di persone in contatto su internet? Davvero è sufficiente quello che ci dà il nostro device per non essere soli? Per essere appetibili sul lavoro? Per essere interessanti come persone? E nel nostro pianeta, ora abitato da questi strani alieni, che succede se il nesso è invece qualcosa di atroce o di malvagio? Di indicibile sui social, di indescrivibile se non fra persone vere, occhi negli occhi, mani nelle mani?
Si scopre così di essere all’improvviso troppo piccoli per i grandi e complessi problemi umani. Mentre le persone più sfortunate, esiliate nella propria terra, sono forse sempre in contatto con chi invece – per fortuna o per capacità – si trova in una situazione di privilegio. Ma non c’è vera empatia, non c’è traccia di pietà. Di sicuro nessuna autentica solidarietà. C’è rancore, incomprensione, rabbia, delusione. In sostanza incomunicabilità. Ancora.
#AnAmericanDream non è teatro politico. Vuole essere teatro puro, nuovo, comunicativo, non arroccato su stratagemmi intellettuali velleitari e sterili. Vuole essere un teatro per tutti ma di grande portata: vivo, nutrito dall’immaginario che oggi imperversa nelle nostre menti e ci guida. Per me è importante l’idea di contribuire a fare un teatro del nostro tempo. Con una parola scritta che descriva l’epoca, troppo amara, in cui siamo immersi.
Pertanto ho immaginato e scritto intorno allo scrittore di successo Tom e alla sua compagna Allie che, grazie a un contatto via social network, ricevono una visita nel loro lussuoso appartamento di New York da parte della cugina Liv, appena emigrata con Albert da una città deindustrializzata e impoverita del Michigan.
Un incontro denso di implicazioni e motivi annidati in epoche lontane: giustizia contro ingiustizia, rivalsa contro senso di pietà, pace dell’animo contro vendetta. Nell’esplosione del gioco teatrale, il passato sembra attraversare le coscienze e i cuori dei personaggi travolgendo ogni cosa, legame e situazione.
Ma, forse, non tutto è come appare. Forse una via di scampo, per noi tutti, c’è ancora. Una via creativa alla libertà è ancora percorribile.
Sergio Casesi
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Dalla motivazione del Premio di Drammaturgia Cendic 2017: «Casesi unisce la velocità e l’essenzialità dei dialoghi a una struttura drammaturgica articolata, complessa, capace di snodi narrativi. #AnAmericanDream è un thriller teatrale che si apre a una dimensione di critica sociale e all’analisi di un’antropologia contemporanea in decadimento e solo apparentemente sorretta da una cornice di formalismo comportamentale. Casesi trasferisce il suo talento di musicista nella scrittura e riesce a rendere di ognuno dei suoi personaggi il “suono” fondamentale, il tono dell’anima. Il Premio Cendic 2017 va a un autore teatrale che possiede un’evidente capacità di controllo della narrazione e una conoscenza dei meccanismi drammaturgici uniti a fantasia narrativa. Il rigore della partitura testuale indica agli attori e al regista, che porteranno in scena lo spettacolo, la strada di un teatro da realizzare con la stessa precisione richiesta da un’esecuzione musicale».
Sergio Casesi (Castelvetrano, Trapani, 1976). Musicista e autore teatrale milanese. Trombettista premiato al Concorso Internazionale Città di Porcia nel 2002 e Premio Speciale della giuria al Concours de Trompette Maurice André di Parigi nel 2003, ha suonato con molte orchestre italiane fra cui quella dell’Opera di Roma, del Teatro alla Scala di Milano e della Rai. Dal 1999 ricopre il ruolo di Prima Tromba presso l’Orchestra Regionale Lombarda, I Pomeriggi Musicali di Milano. Negli anni, la passione per la scrittura teatrale l’ha condotto a creare testi che, oltre a essere prodotti per la scena, sono stati gratificati da una serie di riconoscimenti. Nel 2012, infatti, si è aggiudicato il Premio DoveComeQuando - Giuliano Gennaio, partecipando alla competizione “Nuda Anima” presso il Teatro dell’Orologio di Roma con l’atto unico TRADITORI, messo in scena da Pietro Dattola. Nel 2015 è invece la volta del Premio Pergola per la nuova drammaturgia, grazie al testo PRIGIONIA DI ALEKOS «per la sua evidente teatralità e per come ricollega il passato (recente) della Grecia agli altrettanto, sebbene diversamente, drammatici giorni nostri», come recita la motivazione della giuria presieduta da Franco Cordelli, critico del “Corriere della Sera”. Da tale lavoro ne è derivata una produzione scenica del Teatro della Toscana che ha esordito il 10 febbraio 2018 con la regia di Giancarlo Cauteruccio. È infine del dicembre 2017 la vittoria del Premio Cendic con il dramma #AnAmericanDream, da cui una futura messinscena che debutterà alle Dionisiache del Calatafimi Segesta Festival 2018. La scrittura di Casesi, come l’ha definita un autore della schiatta di Edoardo Erba, è «estremamente intrigante, audace e dallo stile innovativo. L’originalità delle sue storie, l’unicità dei personaggi e la velocità del dialogo sono le sue migliori caratteristiche».
Sempre domenica di Controcanto collettivo
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Da un passaggio testuale della canzone T’IMMAGINI, incisa da Vasco Rossi nel 1985 per il suo album musicale COSA SUCCEDE IN CITTÀ, i ragazzi del Controcanto Collettivo hanno ricavato il titolo della drammaturgia che state per leggere. Un lavoro di scrittura consuntiva d’assieme, nella fattispecie, di uno spettacolo che è valso al giovane gruppo la vittoria alle finali 2017 della rete teatrale In-Box, primeggiando su un innumerevole stuolo di altre messinscene provenienti da tutta Italia.
Del resto cattura e, battuta dopo battuta, avvolge l’intreccio polifonico tessuto con finezza acuta dal sestetto di attori – Federico Cianciaruso, Fabio De Stefano, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella ed Emanuele Pilonero – guidati dalla regia cesellatrice di Clara Sancricca (con, dietro le quinte, l’ausilio organizzativo di Gianni Parrella). Un ricamarsi di personaggi percorsi da storie che s’intarsiano vicendevolmente e, altrimenti, si legano per consonanza tematica e d’atmosfere emotive; su cui preme l’alea di un’esistenza stretta nelle incombenze lavorative d’ogni santo giorno, dalle quali essi cercano di trarre l’occorrente per vivere con un minimo di dignità.
Ma l’affaccendarsi intricato di queste figure prese pressoché in diretta dalla realtà quotidiana, a cui paiono fissate su immutabili posizioni, è piuttosto intriso di denso sognare e d’immaginazioni riottose a pensarsi irrigidite e normate per sempre dai soli obblighi, ritmi e ricatti dell’odierno totalitarismo del lavorare.
Dalla pièce scaturisce, allora, un soffio di rivolta a siffatto status quo che non è soltanto esistenziale e privato bensì, in filigrana, pure politico. Un moto di rottura, scarto e trasformativo superamento che sebbene all’apparenza paia risolversi in una serie di scacchi e disillusioni, in verità tiene ben vivo nell’aria il proprio afflato di dirompenza. Il quale, d’altronde, emana ed è reso attraverso un parlato che si accende ampiamente di scambi ed espressioni in cui l’italiano cede il passo a un sapido romanesco, mentre declina una partitura di umorose voci e accorate vicende che si estroflettono in modo acentrico e moltiplicato.
Il risultato è un denso e vivido sovrapporsi; un dinamico rigoglio di aspirazioni, pensieri e viaggi dell’anima tali da disseminarsi, perciò, con fertile espansività nei territori interiori di chi ne incontra l’irrefrenabile canto. Nel quale risuona il germoglio di perseguibili felicità che, invero, non sono fantasie e nemmeno favole: semmai direzioni, ardite vie e senz’altro tosti itinerari di liberazione e crescita.
(dp)
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Controcanto Collettivo è una compagnia teatrale dei Castelli Romani, nata nel 2010 per volontà e urgenza di una regista trentenne e di un gruppo di giovanissimi attori. Nel novembre del 2011 debutta FELICI TUTTI, un lavoro dedicato al tema dei migranti, con il quale il gruppo approda a un metodo di lavoro e di creazione collettiva della drammaturgia per stratificazione di improvvisazioni successive. Nel giugno del 2013 va in scena NO – UNA GIOSTRA SUI LIMITI DEI LIMITI IMPOSTI: opera ironica e dissacrante dedicata al concetto di divieto che, al Roma Fringe Festival del 2014, vince il premio della critica. L’ultima produzione del collettivo è SEMPRE DOMENICA, spettacolo ispirato al tema del lavoro e vincitore del premio In-Box 2017 (cfr. online “inboxproject.it”), tuttora in tournée.
Controcanto Collettivo è animato da Federico Cianciaruso, Fabio De Stefano, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero e Clara Sancricca. Informazioni sulla sua attività e spettacoli si trovano al link “facebook.com/collettivo.controcanto”.
Nella foto da sinistra: Clara Sancricca, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero, Federico Cianciaruso, Martina Giovanetti, Fabio De Stefano, Riccardo Finocchio.
40 gradi di Andrea Maria Brunetti
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Quaranta sono i gradi della vodka e quaranta, sotto zero, sono i gradi a cui scende la temperatura nella provincia russa, dove due attori malandati – maltrattati da se stessi e dalla vita – stanno mettendo in scena uno spettacolo: il MACBETH di William Shakespeare.
Siamo negli anni Novanta del secolo scorso, subito dopo la Perestrojka: fallita miseramente, prima ancora che si capisse in cosa consistesse la “ricostruzione” che annunciava. I russi hanno vissuto solo la distruzione e la caduta del loro mondo, del loro pur stentato standard di vita. La ricostruzione non l’hanno mai vista, non certo in quel decennio. Ma l’aspettavano, e la aspettavano colmi di quella speranza quasi mistica, di un idealismo quasi ossessivo che è il tratto dell’anima russa.
Questo, volevo catturare.
E allora, negli anni Duemila, ho avuto modo lavorare alla messinscena di un mio testo a San Pietroburgo, dirigendo un attore di nome Sacha Ronis: alcolista, ex primattore bello e famoso, un tempo insignito della medaglia di “Attore popolare dell’Unione Sovietica” che non mancava di ricordare dopo ogni bevuta, con un guizzo di autentica dignità teatrale. La quale, in Russia, è importante: specie se attestata dal riconoscimento governativo. Durante le prove, tuttavia, Sacha mi raccontava come negli anni Novanta il teatro in cui lavorava – l’Alexandrinskij, se ben ricordo – lo pagasse con cento uova al mese. Salario proteico. Ed è da quel racconto che s’è originato il mio lavoro di creazione del dramma che state per leggere.
In seguito ho letto lo scrittore sovietico Aleksandr Valentinovič Vampilov, autore di 20 MINUTI CON UN ANGELO: testo non tradotto in Italia, ma talmente bello da colpirmi subito. Anche perché nel frattempo avevo in testa Samuel Beckett, soprattutto il suo FINALE DI PARTITA, e avevo notato che nei personaggi sovietici di Vampilov c’era qualcosa di assurdo e apocalittico esattamente come in quelli di Beckett, però con un sapore diverso: non algido, elegante e britannico bensì sporco, povero e ubriaco, alla russa. E poi c’era San Pietroburgo: il suo mondo teatrale e specialmente le persone che, giorno dopo giorno, iniziavo a capire e con le quali passavo notti estenuanti a bere, a parlare e ancora a parlare. Loro, d’altronde, sono davvero la società della conversazione: sempre bevendo, sempre in cucina, o con tè o con vodka o con entrambi. E spesso i racconti che venivano fuori sugli anni Novanta, riguardavano la criminalità che si era impadronita del vuoto rimasto in cui galleggiavano tutti.
Scrivendo quindi 40 GRADI, probabilmente la mia intenzione era quella di mettere insieme tutte queste sensazioni e scoperte che ho sopra evocato: quasi volessi fermarle in una specie di album fotografico o, comunque, fissarle in qualcosa che avrei potuto prendere e portarmi via. Perché sapevo che un giorno me ne sarei andato da quel posto: in cui bisognava stare, succhiandone il più avidamente possibile, e fuggire.
Andrea Maria Brunetti
Interpretato da Fabio Banfo, Luigi Guaineri e Roberto Testa, diretti dallo stesso autore, 40 GRADI è andato in scena per la prima volta al Teatro Libero di Milano il 5 ottobre 2017, (recensito su questo sito) per la produzione di Effetto Morgana. Una pièce con «momenti di forte tensione» – come ha scritto l’insigne slavista Fausto Malcovati su “Milano in scena” – che il drammaturgo e regista «costruisce sui suoi tre interpreti, davvero intensi, convincenti».
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Andrea Brunetti vive e lavora a Milano: città dove si è diplomato in Drammaturgia alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi e in Regia alla Scuola d’Arte e Mestieri del Teatro alla Scala. Nel 2006, ha vinto il Premio Flaiano per MALAMORE: testo messo in scena in Germania e al Teatro Lensoveta di San Pietroburgo, in Russia, laddove ne ha curato anche la regia. Nella metropoli baltica, inoltre, ha lavorato come pedagogo presso l’Accademia Nazionale di Teatro Drammatico. Tra gli spettacoli da lui scritti e diretti, lavorando in sodalizio con Fabio Banfo e Paolo Andreoni, si ricordano: NAPOLEONE; UBU ROI dalla commedia patafisica di Alfred Jarry; e FAUST dal dramma di Christopher Marlowe. Oltre a questi lavori, tuttavia, vanno menzionati quelli che ha dedicato a taluni grandi autori del Novecento come Samuel Beckett, dirigendo FINALE DI PARTITA e GIORNI FELICI; Bernard-Marie Koltès, da cui una sua messinscena di LOTTA DI NEGRO CONTRO CANI; e Albert Camus, di cui ha riscritto teatralmente il romanzo LO STRANIERO. Le sue rappresentazioni si sono tenute in molteplici teatri e festival italiani e stranieri mentre, negli anni, all’attività teatrale ha affiancato anche quella di regista pubblicitario. È autore dei romanzi NAGOTT, pubblicato presso l’editore Persico Europe di Cremona nel 1997, e L’AMORE MALE DETTO edito nel 2008 per i tipi romani del Gruppo Albatros Il Filo.
Cuori scatenati di Diego Ruiz
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Ho sempre considerato il rapporto di coppia un’inesauribile fonte di ispirazione. Le mie commedie affrontano da sempre le dinamiche e le varie fasi delle relazioni uomo-donna.
Mi piace raccontare un mondo reale, un universo tangibile: quello in cui ogni spettatore può ritrovare se stesso o che, comunque, conosce e riconosce. Per questo evito il più possibile di raccontare storie al limite, o personaggi paradossali o inverosimili.
Quando ho un’idea per una commedia, parto proprio dai personaggi che la animano individuando subito la loro umanità, le loro debolezze, i loro conflitti e il percorso che devono fare per risolverli. Dopo inizio a pensare alle caratteristiche per colorarli, per far scaturire le situazioni comiche, per rendere i ruoli interessanti ed empatici.
Non ho la presunzione di insegnare nulla o di promuovere chissà quale morale, il teatro “culturale” lo faccio fare a chi è più intelligente di me. Ho la mia più grande soddisfazione quando riesco a far ridere per due ore il pubblico e lo faccio uscire dal teatro con la sensazione di aver passato una serata spensierata: sapendo però che, quando tornano a casa, gli spettatori hanno visto uno spaccato di vita su cui ognuno di loro farà le proprie riflessioni personali.
CUORI SCATENATI è una commedia che racconta la mia generazione e le irrequietezze dei quarantacinquenni. Sono circondato da amici, miei coetanei, che sono reduci da rapporti importanti finiti da poco e con una gran paura di cominciarne altri; oppure con situazioni sentimentali appaganti e rassicuranti, ma con la smania di sentirsi liberi e la voglia di lasciarsi porte sempre aperte per fuggire in caso di attacchi di claustrofobia…
Ho scritto questa commedia conoscendo già gli attori che l’avrebbero interpretata, quindi non ho abbondato nella descrizione dei personaggi nelle didascalie. Mi sono ispirato alle loro caratteristiche fisiche e attoriali per costruire i loro ruoli, mantenendo per ciascuno i nomi effettivi di battesimo.
Chicca (Francesca) è una donna forte che, dopo il divorzio e aver cresciuto un figlio da sola, ha acquisito le sue sicurezze. Sulla soglia dei cinquant’anni non ha più il bisogno di avere un compagno fisso accanto a sé, è perfettamente autonoma e indipendente. Ora l’uomo deve essere solo fonte di divertimento che appaghi la sua femminilità.
Diego è quello che un tempo era definito “un uomo perbene”, uno di quelli che qualche anno fa era l’aspirazione rassicurante di ogni donna ma che, ai giorni d’oggi, può risultare anacronistico nella sua purezza e ingenuità. È sul punto di rifarsi una vita con una nuova compagna, ma vuole essere sicuro di non avere proprio alcun’altra possibilità di recuperare il rapporto con la madre di suo figlio. Un uomo così pulito, da essere irrecuperabilmente travolto dagli eventi.
Sergio invece è bellissimo. Uno di quelli che potrebbe approfittarsi del suo fascino per potere gestire la sua vita e le persone che lo circondano senza problemi, ma che nasconde un animo sensibile e ingenuo. È la vera vittima della commedia.
Maria è una donna semplice, ruspante, fisicamente prorompente e capace di esplosioni di grande femminilità. È gelosa, possessiva, determinata a lottare per il suo uomo; però il suo narcisismo la spinge a mettere in pericolo il proprio rapporto di coppia.
È subito evidente la contrapposizione dei caratteri femminili forti e primeggianti contro le figure maschili più sottomesse e perdenti; non per questo credo che il mondo si sia ribaltato, tuttavia è evidente che stiamo vivendo una trasformazione degli equilibri nelle nostre strutture sociali, in cui in questo momento storico l’uomo è frastornato e ancora non del tutto capace di adeguarsi alla legittima autodeterminazione delle donne.
Drammaturgicamente, d’altronde, sono convinto che affidare i ruoli più brillanti ai personaggi femminili, sia particolarmente interessante e sorprendente. I ruoli maschili, buffi nella loro inadeguatezza, ispirano tenerezza e comprensione, lanciando l’immagine di un anti-eroe a cui è impossibile non affezionarsi.
Diego Ruiz
Con un’anteprima nazionale al Teatro Rivellino, la messinscena del testo CUORI SCATENATI ha debuttato il 10 dicembre 2016 a Tuscania per la regia dell’autore stesso, a sua volta interprete con Sergio Muniz, Francesca Nunzi e Maria Lauria. Prodotta da Mentecomica e Teatro Ghione, con le scene di Mauro Paradiso, le luci di Luca Palmieri e le musiche di Stefano Magnanensi, la pièce si appresta a una nuova tournée da marzo 2018 dopo i grossi successi della stagione teatrale scorsa. Ogni informazione è al website “mentecomica.com”.
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Diego Ruiz è nato a Roma nel 1971. A vent’anni vince la borsa di studio per accedere alla Scuola di Recitazione “Mario Riva”, iniziando a lavorare subito come attore. Già da allora comincia a scrivere commedie, continuando comunque a interpretare spettacoli da testi di autori come Aldo De Benedetti, Dacia Maraini, Riccardo Reim e Mario Moretti. Con l’arrivo del nuovo millennio, arriva il successo clamoroso di ORGASMO E PREGIUDIZIO: pièce del 1999 che scrive e interpreta, diretto da Pino Ammendola e Nicola Pistoia, fiancheggiato in scena da Fiona Bettarini. Un cult tradotto in più lingue e che viene replicato per più d’un decennio, con rappresentazioni in Repubblica Ceca e Sud America. Altro suo testo che raccoglie ampi consensi fra le platee teatrali è IL MATRIMONIO PUÒ ATTENDERE del 2005, recitato assieme a Francesca Nunzi: attrice, nonché autrice e regista, con cui lavorerà più volte negli anni in una serie ulteriore di spettacoli tratti da propri copioni. Tra questi si ricordano TI AMO O QUALCOSA DEL GENERE del 2006, SE MI LASCI NON VALE del 2008, seguito da FINCHÉ MAMMA NON CI SEPARI e, nel 2011, da IL SESSO FORTE. Nel 2012, con lo scenografo Mauro Paradiso, fonda Mente Comica: agenzia di distribuzione e promozione, dedicata alla comicità e all’intrattenimento brillante e di qualità, esito di creazioni originali di spettacolo e scrittura. Ed è sotto l’astro di questa sua nuova realtà che Ruiz scrive, interpreta e mette in scena lavori quali LA STRANISSIMA COPPIA del 2013 e il recente CUORI SCATENATI. Diretto da Carlo Alighiero, infine, sarà in scena dal 26 ottobre al 19 novembre 2017 al Teatro Manzoni di Roma con BLUFF, commedia di cui è anche autore insieme a Cinzia Berni. Un’autrice con la quale aveva già scritto PARENTI STRETTI un anno addietro, da cui ne è derivata pure una trasposizione cinematografica, non prima di averne curato la messinscena sempre al Manzoni e sempre fra le risate di tanti spettatori plaudenti.