Il dramma del mese

L'indispensabile capitolo uno di D.Pachera e C.Mori
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Il progetto de L’INDISPENSABILE prende il via da un’indagine all’interno della nostra società. Attraverso incontri e interviste con persone di diversa età, genere ed estrazione sociale, sviluppa una ricerca su ciò che siamo e su quello che

La Vacca di Elvira Buonocore
- Scritto da Damiano Pignedoli
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«Ho scritto avendo accanto, seduto e in carne e ossa, il mio desiderio. Ha scelto la musica che avrei dovuto ascoltare. Ha fatto silenzio. Mi ha corretto diverse parole.»
LA VACCA non ha avuto vita facile.
È un testo nato nel solco di un cambiamento epocale che non ci aspettavamo. Realizzato nell’estate del 2019, ha atteso la riapertura dei teatri per un anno e mezzo con la paura di non aver più ragion d’essere. Una paura che ancora condivide con altri. Nonostante tutto è riuscito a esistere, forte anche di un consenso sottinteso che, in qualche modo, lo ha nutrito.
LA VACCA è nata da un incontro fortunato, quello con Gennaro Maresca, regista e attore della giovane compagnia B.E.A.T. teatro. Una conoscenza voluta e resa possibile da Mario Gelardi, direttore del Nuovo Teatro Sanità di Napoli, che ha intuito una qualche assonanza tra le nostre sensibilità. In effetti, agli inizi di quel lavoro, nella ricerca di un linguaggio – drammaturgico per me e scenico per Gennaro – ci accorgevamo con un certo stupore d’essere stranamente sodali. Era plausibile, così dal nulla, un’affinità.
Le parole della drammaturgia sono venute fuori piano, tra le aule semideserte di un’università che l’afa di luglio aveva quasi addormentato. Scrivere in quel luogo non teatrale mi ha aiutato a regredire, a ritornare al passato, alla coltre spessa di sensazioni che volevo a tutti i costi riportare in scrittura. Si ribadiva in me un immaginario che già da tempo avevo sviluppato: quello della provincia, della periferia ignorata, di certi luoghi dell’abbandono in cui si abita senza vivere. E si dorme senza mai svegliarsi.
La rappresentazione di uno spazio profondamente marginale rientra in un obiettivo più ampio, una ricerca sulla provincia che provo a condurre cautamente, partendo dal linguaggio. Una lingua che qui è imbastita per l’occasione, ma che al contempo è agganciata al suono del mio dialetto: la risultante vuole essere un artificio che renda il parlare dialettale più estremo, reale ma pure più vicino all’invenzione. Come accade anche ai bambini di inventarsi le parole e di usarle pesantemente, come vere.
Il testo mette in scena uno stato emotivo, una condizione di precarietà che abitiamo, ogni giorno, quando indossiamo la nostra pelle. Quando siamo ciò che siamo. È proprio il rapporto con il corpo a essere al centro di una narrazione che s’incardina sul desiderio. Un desiderio che si manifesta in un luogo incapace di riconoscerlo, di educarlo e di farlo vivere.
In un tempo, il nostro, in cui il desiderio è subito catturato e calato in una forma non appena si manifesta, i tre protagonisti de LA VACCA si oppongono a questa logica. Donata, la ragazzina coprotagonista del dramma, non è catturabile. Non è assoggettabile. Il suo desiderio è deforme. Lei stessa, i suoi modi, il suo approccio alla vita e a chi la attraversa non è conforme. E lo spazio in cui questa soggettività agisce non è quello della città, in cui vige il decoro. Siamo in un paesaggio altro, quasi lunare; da considerarsi un oltremondo perché su di esso non attecchisce l’attenzione, la curiosa macchina maniacale che si interessa alle umanità, le ravviva e poi le assoggetta.
Questi personaggi vivono in uno spazio indecoroso: è lì che il desiderio pullula, sbraita, si sbraccia.
E infine resta la domanda: che fine fa il desiderio?
Elvira Buonocore
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Questa vibrante drammaturgia della Buonocore è andata in scena per la regia di Gennaro Maresca: il quale figura anche tra gli interpreti insieme a Vincenzo Antonucci e Anna De Stefano fra le scene di Michele Lavadera, i costumi di Rachele Nuzzo e le luci di Roberta De Pasquale. Prodotta dalla compagnia B.E.A.T. teatro di Napoli, la pièce de LA VACCA ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui: il Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” nel 2019; quello “Per fare il Teatro che ho sognato / Per-formare il sociale” al festival Presente Futuro 2021 del Teatro Libero Palermo; e il premio Scenari Pagani 2021. Maggiori informazioni sullo spettacolo, tuttora in distribuzione e tournée, sono reperibili sul website “beatteatro.org”.
Elvira Buonocore (1989) è drammaturga e attrice. Diplomanda in Drammaturgia presso la Bellini Teatro Factory - Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini di Napoli, si forma come autrice parallelamente a un’intensa esperienza di recitazione. Nel 2013 ha inizio un lungo percorso con il Teatro Grimaldello, diretto da Antonio Grimaldi, per cui lavora come interprete e drammaturga. A questa fase appartengono, tra i molti, le interpretazioni dei lavori ESERCITO D’AMORE, VIETATO PORNO AMEN e IL SOGNO DEI FELICI, del quale scrive anche la drammaturgia con Alfonso Tramontano Guerritore. Crea inoltre i testi originali degli spettacoli PUTTANA E BASTA, premiato al Festival Potenza Teatro 2015, e IL FIORE CHE TI MANDO L’HO BACIATO che si è aggiudicato il premio della stampa al festival Voci Dell’Anima 2020 di Rimini. Diversamente, è tra i finalisti della VI edizione dei Teatri del Sacro con MIA MADRE SOPRA TUTTO. Un incontro fondamentale è quello con il regista, attore e drammaturgo Mario Gelardi, che le consente di collaborare a tutt’oggi con il Nuovo Teatro Sanità di Napoli da lui diretto. Fatta già menzione, poi, del lavoro e dei riconoscimenti inerenti a LA VACCA, sono da ricordare la scrittura del dramma PURPACCI – QUELLI CHE NON SARANNO e quella a più mani de LA FIDANZATA/PANDEMICO VAUDEVILLE: ambedue messe in scena nel 2020 e nel 2021 per il Teatro Bellini di Napoli, con le regie rispettivamente di Salvatore Scotto D’Apollonia e di Francesco Saponaro. Infine, oltre a collaborare ad attività curatoriali di arte e cultura, al momento è impegnata nel progetto internazionale “R-Evolution Project - The Theatrical Practices Beyond The Sud” a cui partecipano artisti e creativi under 35 di differenti nazionalità.

Gli Altri Indagine sui nuovissimi mostri di N.Borghesi e R.Tabilio
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Chiunque frequenti i social network si è imbattuto in pagine e profili generatori e diffusori di odio: bacheche su cui – tra post di ricette di cucina, foto di bambini, meme motivazionali con gli animali – si accendono, improvvisi e violenti, dei roghi virtuali. Gli obiettivi degli attacchi sono i più disparati: gli immigrati, i diritti della comunità Lgbtq+, gli elettori del partito avverso, chi maltratta gli animali.
La drammaturgia de GLI ALTRI nasce, così, dall’interesse di Nicola Borghesi e Riccardo Tabilio nei confronti dei cosiddetti “hater” (gli «odiatori di professione», secondo una peculiare etichetta mediatica) e da un tentativo di contatto e di confronto con il «Paese della Rabbia»: quella parte di società spesso rimossa, taciuta o trattata con arroganza e paternalismo dai giornali e dalla borghesia moderata. Gli “Altri”.
Nel corso di una ricerca che ha alternato il palcoscenico a riflessioni e ricognizioni in rete, il lavoro si è in particolare indirizzato verso un caso di cronaca del 2019: l’attracco al porto di Lampedusa della nave Sea Watch 3 manovrata da Carola Rackete e l’ondata di odio scatenatosi nei confronti della comandante, accompagnata dalla violenta accoglienza della folla radunatasi a riva e dalla “shitstorm” sul web. Tra gli hater di Carola Rackete il cerchio dei media si era stretto attorno al pizzaiolo ventitreenne lampedusano Mario Lombardino, il cui nome fu l’unico che approdò sulla stampa, e che la sera dello sbarco si era distinto per i brutali insulti sessisti rivolti alla comandante.
GLI ALTRI incontra e si scontra con Mario Lombardino, portatore e vittima di un odio repellente eppure innegabile, un odio e una rabbia le cui radici sono da ricercarsi nel profondo di un sistema sociale ed economico che si nutre famelico delle sue contraddizioni.
Questa «indagine teatrale» drammatizzata da Riccardo Tabilio e Nicola Borghesi – che ne è anche interprete – è andata in scena una prima volta, in anteprima nazionale, al Teatro La Casa del Popolo di Castello d’Argile (Bologna) il 1° maggio 2021 per la Stagione Agorà dell’Associazione Liberty. Prodotto dalla compagnia Kepler-452 di Bologna, lo spettacolo è tuttora in tournée e distribuzione. Per ogni informazione, si veda il website “kepler452.it”.
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Nicola Borghesi, classe 1986, è attore, regista, drammaturgo, direttore artistico per la compagnia Kepler-452 di cui è anche fondatore. La sua indagine si focalizza soprattutto sull’invenzione di dispositivi artistici di messa in scena della realtà. Per cui realizza reportage teatrali, coinvolge non professionisti (o attori-mondo), esplora luoghi poco frequentati per raccontarli; crea e armonizza, sulla base di libere associazioni, gruppi improbabili di esseri umani. È inventore del Festival 20 30 di Bologna che, dal 2014, si è fatto carico di raccontare in scena una generazione. Con Kepler-452 ha creato: IL GIARDINO DEI CILIEGI. TRENT’ANNI DI FELICITÀ IN COMODATO D’USO, prodotto da ERT - Emilia Romagna Teatro Fondazione e vincitore del premio Rete Critica 2018 come miglior spettacolo; la pièce F. PERDERE LE COSE nel 2019 e, fra 2015 e 2018, i progetti di teatro partecipato LA RIVOLUZIONE È FACILE SE SAI CON CHI FARLA, COMIZI D’AMORE e LA GRANDE ETÀ. Durante la pandemia da coronavirus Covid-19, insieme alla sua compagnia, ha dato vita a inediti format “interstiziali” che si insinuano negli spazi in cui è possibile fare teatro: come LAPSUS URBANO // IL PRIMO GIORNO POSSIBILE, CONSEGNE // UNA PERFORMANCE DA COPRIFUOCO e COMIZI D’AMORE #BUENOSAIRES. Nel 2019 scrive e interpreta, con lo scrittore Paolo Nori, SE MI DICONO DI VESTIRMI DA ITALIANO NON SO COME VESTIRMI. Nel 2021 debutta, invece, con la descritta «Indagine sui nuovissimi mostri» GLI ALTRI e con UNO SPETTACOLO DIVERTENTISSIMO CHE NON FINISCE ASSOLUTAMENTE CON UN SUICIDIO: monologo scritto a quattro mani con Lodo Guenzi, a sua volta protagonista in scena. È diplomato alla Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, dove è anche insegnante, e ha frequentato l’École des Maîtres. I suoi spettacoli sono stati prodotti da ERT - Emilia Romagna Teatro, Ravenna Festival, Accademia Perduta, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Rai Radio 3, Trasparenze Festival, Mittelfest e Infinito Produzioni.
Riccardo Tabilio (Riva del Garda, 1987) è autore teatrale, regista e musicista, e lavora tra Milano, l’Emilia-Romagna, il Trentino e il Friuli-Venezia Giulia. Tra i suoi ultimi lavori come autore figurano: la drammaturgia di FASE NOVE // ASSOLO URBANO, performance diretta dal collettivo svizzero-tedesco Rimini Protokoll, in scena a Milano nel 2020 e 2021; e la performance audioguidata CANTO DI VIRGILIO E DI BEATRICE, eseguita in italiano, sloveno e tedesco lungo il Sentiero Rilke di Duino e dedicata al PARADISO di Dante Alighieri (produzione 47|04 - Contaminazioni Digitali, Piccolo Opera Festival, Karsiart). Nel 2021 ha inoltre debuttato la performance audioguidata GIORNO ZERO // LA RESISTENZA CHE VERRÀ NON È LA PRIMA, dedicata alle forme di lotta femminili e “non combattenti” della Resistenza italiana, di cui è autore e sound designer (produzione 47|04, festival In\Visible Cities 2021). È co-autore della serie di performance itineranti audioguidate LAPSUS URBANO (2017-2020) firmate insieme a Kepler-452. L’ultima di esse, LAPSUS URBANO // IL PRIMO GIORNO POSSIBILE (vincitrice del premio Rete Critica 2020) è stata rappresentata in numerosi festival in tutta Italia. Per la stessa compagnia, insieme a Nicola Borghesi ha scritto e diretto GLI ALTRI // INDAGINE SUI NUOVISSIMI MOSTRI riguardante, come detto, l’odio sociale e social. Da dramaturg e aiuto regista ha collaborato alle produzioni shakespeareane di “Tournée da Bar” per il Teatro Carcano: cioè IL MERCANTE DI VENEZIA del 2017 e RICCARDO III del 2018. Nel 2020, ha vinto il bando “NdN - Network Drammaturgia Nuova” di ResidenzaIDRA grazie a LEVIATANO: testo rappresentato in prima nazionale il 17 settembre 2021, al Piccolo Teatro Grassi di Milano, per il festival Tramedautore. Una messinscena di cui sono artefici le compagnie Carmentalia e La Confraternita del Chianti, prodotte dallo stesso network NdN e da Centro Teatrale MaMiMò, Teatro Libero Palermo e Teatro Stabile di Verona.

LIFE di Emiliano Brioschi
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Sono assolutamente convinto che non vi sia null’altro che il testo per raccontare un autore. E sono altresì convinto che non vi sia null’altro che il testo a raccontare il testo stesso. Il resto serve a fornire qualche riga di riferimento allo spettatore, o a preparare il materiale da presentare al direttore di un teatro o di un festival.
Un giorno un caro amico e caro collega mi disse la sua su questo tema: «Mi piacerebbe che il pubblico entrasse a teatro senza nessun depliant, nessun riferimento, nessuna introduzione. Come comprare un disco. Nessuna spiegazione. Lo apri lo metti su. Lo ascolti».
Io sono d’accordo con lui. Per cui invito il gentile lettore che mi legge in questo momento a passare direttamente al testo se lo crede opportuno. Io proverò nel mentre a raccontare qualcosa del mio lavoro come da gentilissima richiesta.
LIFE affronta il tema della costrizione, innanzitutto. La costrizione fisica, psicologica, intellettuale, di due esseri umani. Ulrike Meinhof e Roberto Peci, che per diversi motivi hanno passato gli ultimi istanti della loro vita rinchiusi in uno spazio da cui non hanno avuto la possibilità di uscire. Valutando in questi giorni cosa scrivere per la redazione di “Dramma.it” ripensavo ai miei due piccoli tentativi di testo precedenti, TROPPA GIOIA e ARGENTINA ’78. Mi sono accorto che anch’essi parlano della stessa materia. Nel primo ci sono due personaggi chiusi in uno spazio indefinito in attesa di un segnale per portare a termine un atto criminale; e, nel secondo, una detenuta in una struttura militare durante la dittatura in Argentina in attesa del suo destino. In tutti e tre i testi è presente un luogo chiuso. È presente la limitazione. È presente l’attesa. È evidente che l’impossibilità di divincolarsi da una reclusione fisica, o ancor di più se possibile, da una reclusione psichica è per me materia interessantissima. La costrizione, quasi sempre accompagnata dalla solitudine, obbliga prima o poi l’essere umano a fare i conti con se stesso. Senza pose, posizioni, chiacchiere, menzogne. Obbliga l’individuo a stare davvero in relazione con sé. E questa condizione costrittiva, quando non esiste nessuna via di uscita, costringe alla verità. Perlomeno a un attimo di verità. Quell’attimo di verità trasferito su di un foglio di carta, e poi se dio vuole, su un palco di fronte a un pubblico, è il senso che personalmente mi piace dare al teatro. Se poi si potrà mai dare un senso al teatro.
Emiliano Brioschi
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Diretto e interpretato dall’autore stesso, LIFE è uno spettacolo di cui è coprotagonista Cinzia Spanò, fra le luci disegnate da Claudine Castay e con le realizzazioni audio e video di Elvio Longato. Un lavoro in cartellone nella rassegna “Nuove Storie 2021 - Diritto di cronaca” del Teatro Elfo Puccini di Milano, dove è prossimo al debutto nazionale dal 14 al 18 di giugno. Ogni informazione e aggiornamento si trova sul website “elfo.org”.
Emiliano Brioschi si diploma alla Scuola di Teatro Arsenale, a Milano, dove si forma con Marina Spreafico. Vince poi una borsa di studio per frequentare la Scuola Internazionale di Teatro - The Acting Center. Studia tra gli altri con Jerzy Stuhr, Frantisek Veres, Danio Manfredini, Gabriele Vacis e Marco Baliani. Recita quindi nei maggiori teatri italiani e in numerosi teatri europei: da Parigi a Lione, Lille e Rouen, passando per Barcellona, Berlino, Hannover e Bucarest, sino a Cluj, Graz e Zagabria per citarne solo alcuni. Lavora in una quarantina di spettacoli, tra i quali figurano creazioni di Antonio Latella, Giuseppe Massa / Sutta Scupa, Giorgio Albertazzi, Gilbert Rouvier, Renata Ciaravino, Pasquale Marrazzo, Babilonia Teatri e Cristian Ceresoli. Nella stagione 2017-18, debutta alla regia con la trilogia sulla paternità XY in collaborazione con ERT - Emilia Romagna Teatro. Nel 2017 il suo testo TROPPA GIOIA viene selezionato al Premio Dante Cappelletti. Nel 2018 sue poesie vengono inserite nell’“Enciclopedia di Poesia Italiana” contemporanea, edita dalla Fondazione Mario Luzi con il Patrocinio della Presidenza della Repubblica; nello stesso anno ricevono una segnalazione speciale al premio Le Ali Incantate. La sua prima raccolta di poesie è in fase di ultimazione. Nel 2019 il testo LIFE vince il bando “ARTEFICI.ResidenzeCreativeFVG” promosso da a.ArtistiAssociati di Gorizia ed è finalista al Premio Dante Cappelletti dove riceve la Menzione Speciale della Giuria Popolare. Oltre che in Teatro lavora in diverse produzioni cinematografiche. Il suo website è “emilianobrioschi.it”.