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Il dramma del mese

Blu di Laura Forti

Scritto da Damiano Pignedoli
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Maria Concetta detta Conci è una ragazza di diciannove anni che vive in un paesino della Sicilia, facendo la parrucchiera nel negozio della madre depressa e accompagnando a passeggio la cugina Dolores, “minorata psichica” (così ha scritto, sul certificato, l’assistente sociale). Le giornate passano uguali: la “chiazza” del paese dove stanno seduti i vecchi, i pettegolezzi delle vicine, i pranzi dalla zia, la frustrazione del lavoro che non piace, il costante ricordo del padre che l’ha abbandonata per rifarsi una famiglia… Conci ascolta i Tokio Hotel e tiene nel cassetto la foto di un Tuareg, un uomo blu, che un amico ha strappato per lei da un libro della biblioteca a scuola (lasciata senza diplomarsi) e fantastica di un mondo dove le donne possano decidere per la loro vita. Finché un giorno, dopo una notte brava in discoteca e una sbronza, Conci si ritrova ingabbiata in un fidanzamento combinato – “tutto ‘appattato’” – e deve scegliere, per la prima volta, che cosa vuol fare “da grande”.

BLU è un viaggio di andata-ritorno dalla piccola provincia del Sud alla grande metropoli del Nord, nel corso del quale i sogni di una ragazza si trasformano, perdono innocenza, subiscono violenze ma non si spengono. BLU parla della crescita, del coraggio di fare scelte dolorose e impopolari per rispettare sé stessi, del bisogno di rompere muri di silenzio. Della speranza di un cambiamento, anche quando tutto sembra restare immobile e incompiuto, come una casa eternamente in costruzione. BLU è un colore.

“Tutti abbiamo un colore dentro. Che ci piaccia o no, non ci possiamo fare niente. ‘Cu nasci tunnu un po’ moriri quadratu’.”

Assieme a NEMA PROBLEMA e a ODORE DI SANTITÀ, BLU compone una trilogia di testi teatrali su degli emarginati della società, i quali danno voce e tormentati argomenti a una complessa difficoltà di relazione col mondo circostante e con quello della sfera affettiva ed emozionale.

“Una scrittura emancipata, che si è sbarazzata di stilemi ormai diventati repertorio di routine in un gran numero di autori contemporanei, in fatto di codici e rottura di codici, di decostruzione e di ricostruzione. Questa autenticità, così rara oggi, mi ha subito affascinato.”
Lukas Hemleb, Théâtre de la Ville Paris

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Laura Forti si laurea in Lettere Moderne all’Università di Firenze con una Tesi in Storia dello Spettacolo. Dopo la Laurea e un triennio di studi da attrice all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” a Roma, inizia a scrivere per il teatro ottenendo diversi riconoscimenti nel corso degli anni.
Al Premio Enrico Maria Salerno, la Giuria gliene attribuisce uno Speciale nel 1998 per la pièce LE NUVOLE TORNANO A CASA, dopodiché la drammaturga arriva in finale nel 2003 con LA CANTINA e vince quello “all’Autore” nel 2007 per LA BADANTE. Nel 2001 s’impone al Premio Ugo Betti col dramma PESACH/PASSAGGIO, pubblicato dalla casa editrice Bulzoni, e nel 2008 conquista il Premio Teatro e Shoah con il testo SULLA PELLE. Altre vittorie arrivano dal concorso del 2003 Le Storie del Novecento grazie al racconto-monologo DIMMI (pubblicato per i tipi di Moby Dick) e dall’edizione 2006 del Premio Castello di Serravalle con NEMA PROBLEMA, monologo che si afferma con verdetto unanime.
È all’estero, tuttavia, che la Forti trova maggiori e gratificanti possibilità di lavoro e di diffusione della sua opera. Inizia a collaborare con importanti teatri d’area tedesca e svizzera come il Theater Lubeck, lo Junges Theater di Gottingen, il Théâtre National de Luxembourg, lo Schauspielhaus di Zurigo, dove si mettono in scena varie sue drammaturgie. Queste iniziano altresì a circolare e a essere rappresentate in Francia, dove viene tradotta e pubblicata nelle edizioni della prestigiosa Actes Sud, mentre si distinguono le messinscene prodotte dal Théâtre National de Strasbourg, dal Théâtre de la Ville Paris, dalla Compagnie Les Trois Temps e quelle presentate al Festival d’Avignon 2010. Ma anche in Inghilterra, Spagna e persino oltreoceano, in Cile, si cominciano a tradurre e a fare delle presentazioni sceniche di taluni suoi testi.
Tra le produzioni teatrali italiane relative alle sue creazioni drammaturgiche, si ricordano quelle realizzate da Outis (regia di Valter Malosti), dal Teatro Cometa Off, dal Teatro Fondamenta Nuove e dal Teatro degli Affratellamenti. A partire dal 2009, invece, la Fondazione Teatro Due di Parma ha prodotto le messinscene di NEMA PROBLEMA, ODORE DI SANTITÀ e TALE MADRE, TALE FIGLIA, affidando le regie rispettivamente a Pietro Bontempo, Massimiliano Farau e all’autrice stessa.
Da menzionare, inoltre, le sue numerose collaborazioni in ambito editoriale: tra cui con le testate “Diario”, “Hystrio”, “Sipario”, la “Rivista dei Libri” e la Radio Svizzera Italiana, per la quale ha scritto il radiodramma TI ABBRACCIO e la serie “ISHAH: cinque ritratti di donne ebree”. Nel 2001 ha pubblicato presso Stampa Alternativa il libro JOSEPH PINETTI, DIVERTIMENTI FISICI. STORIA DI UN MAGO NEL XVIII SECOLO, dopo avere tradotto e curato per Einaudi le edizioni italiane di due capolavori di George Tabori: ovvero I CANNIBALI (da lei messi in scena, oltretutto, per il Teatro Metastasio di Prato nel 2002) e MEIN KAMPF, una farsa in cinque atti.
Invitata spesso all’estero e in Italia a tenere conferenze sul suo lavoro di autrice, è impegnata infine sul fronte della formazione come docente di drammaturgia presso enti come lo IUAV di Venezia, il Teatro Metastasio di Prato, il Teatro Due di Parma, il Pavillon Bosio e altri di carattere privato. Il suo sito è www.lauraforti.it.

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Quo di Toni Garbini

Scritto da Damiano Pignedoli
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Quo è il nome dell’unico nipotino di Paperone che non si chiama come un avverbio di luogo. Questo termine – che evoca l’espressione latina indicante lo stato delle cose – compare come una delle risposte che, nella parte conclusiva dello spettacolo, vengono date dagli attori alle domande che essi stessi avevano posto precedentemente al pubblico. Composto parzialmente secondo la tecnica del cut up, il testo giustappone infatti una serie di test della personalità, di autovalutazione dell’umore e di cultura generale, al dialogo tra una madre e una figlia estrapolato letteralmente – parola per parola, con tanto di sgrammaticature – da un noto programma televisivo giuridico. Programma che utilizza la formula dell’arbitrariato per risolvere piccole controversie in materia di questioni condominiali e problematiche familiari.
La televisione dunque è l’oggetto di questo lavoro. La tv come luogo per celebrare lo spettacolo della Legge e giustificare la messa in scena di un interno familiare repressivo e vagamente perverso. La tv come miraggio di facili guadagni attraverso i programmi a quiz, veri test di conformità a un paesaggio culturale in cui tutto, da Paperino fino a Churchill, appare sullo stesso piano.
“Il ciclo del senso è abbreviato nella domanda-risposta”, scrive Jean Baudrillard ne Lo scambio simbolico e la morte, aggiungendo che “il test” è divenuto una fondamentale forma sociale di controllo, uno strumento per dissolvere la contemplazione del mondo: in quanto il ruolo dei messaggi non è più informativo, ma le risposte sono già inscritte sul registro anticipato dal codice.
“Che cos’è una buona domanda?” ci chiedeva Julian Beck nel 1963; e ancora: “Vai a teatro per avere delle risposte?” (cfr. il suo libro La Vita del Teatro).
Questo testo, che si offre come un dispositivo per la scomparsa dei personaggi e l’apparizione degli attori, identifica la sua risposta creativa non tanto nelle parole che lo compongono, bensì nel dissolvimento della rappresentazione come orizzonte di un’autentica possibilità teatrale nel presente dell’accadere scenico.

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Laureato all’Università di Parma con una tesi sul Teatro-Danza contemporaneo, Toni Garbini è drammaturgo e regista. Tra i suoi testi si segnala “Il sogno nel cassetto” che riceve la menzione speciale del premio di drammaturgia Oddone Cappellino al Festival delle Colline Torinesi 2004; mentre realizza numerosi spettacoli che partecipano a rassegne quali Zona Franca, Armunia, Officina Giovani, Lunatica e il Festival della Mente. Tra questi si ricorda l’allestimento de “Il soccombente”, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Bernhard, segnalato sul “Patalogo 31 – Annuario del Teatro 2008” edito da Ubulibri. Come autore video partecipa a festival italiani e internazionali quali il Genova Film Festival 2009 (ottenendo una menzione speciale della Giuria), Lo spiraglio - festival cinematografico dedicato alla salute mentale (Casa del Cinema di Roma, 2011), Vidéoformes di Montbeliard (Francia 1997), Moi de la photo-off - Paris (2008) e, più recentemente, alla collettiva “Body - no body” presso la galleria Bertrand Grimont di Parigi (2011). In qualità di responsabile dell’associazione culturale Teatro Ocra \ dominavideo, dirige oggi la propria ricerca nella direzione del rapporto tra video-documentazione, teatro e cinema digitale.

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Misfatti di gente perbene di Roberto Attias

Scritto da Administrator
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Misfatti di gente perbene è una commedia che raccoglie molti aspetti della vita umana. Innanzitutto la voglia di ridere: ridere di se stessi, ridere degli altri, ridere sull’assurdità di comportamenti apparentemente normali di persone magnificamente normali. Ridere dell’ipocrisia, del perbenismo apparente, della religione usata strumentalmente come scudo per crearsi un alibi nella vita. Persone perbene, acculturate, con una posizione sociale rilevante,  che nascondono però, dentro di loro tutto il marcio possibile, che non bisogna dire, che non bisogna far sapere. Tutto deve andare secondo un certo ordine. Se si dovesse  verificare un problema, bisognerà trovare la soluzione idonea per risolverlo. Tutto si può risolvere in fondo. Basta che non si sappia. Un colpevole ci deve essere per forza.

Walter e Leonardo sono due professori universitari, moderni, intelligenti, progressisti, moderatamente ebrei,  libertari e sposati.
Ma un giorno Leonardo viene abbandonato dalla moglie per un’altra donna. Walter e la moglie Camilla lo sostengono amorevolmente, trasferendosi in casa sua pur di fargli superare l’onta e il disonore del tradimento con… un’altra  donna!
Leonardo però non si riprende e dopo quaranta giorni di agonia emotiva la coppia di amici decide che solo un’altra donna potrebbe scalzare l’ombra ingombrante della moglie fedigrafa e traditrice. Ma quale donna…?
Si decide (obtorto collo) di optare per una maga del sesso, magnifica ed affascinante musa della seduzione, autentica dea Kalì delle arti amatorie. Tutto dovrà però essere apparentemente casuale. L’incontro con l’affascinante dea sconvolgerà la vita di Leonardo, ma anche quella di Walter, irrefrenabilmente attratto dall’oggetto del peccato.
Il tradimento coniugale, il tradimento di un’amicizia ventennale, l’improbabile ritorno alla religione (coadiuvato da un ambiguo rabbino) da parte di Leonardo che vede nella giovane donna la risposta divina a tutti i suoi problemi esistenziali, porteranno nel gorgo della perdizione tutto il gruppo di rispettabili persone.
Ma di chi è la colpa? Come si può risolvere questa incresciosa  questione, affinchè non si sappia? Tutto si può risolvere in fondo.
Un colpevole ci deve essere per forza.

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Roberto Attias nasce a Roma ormai 48 anni fa. Attore teatrale e cinematografico dal 1986, ha all’attivo 35 film tra fiction e cinema, 60 spettacoli teatrali e almeno una sessantina di pubblicità. Dal 2000 inizia a scrivere per il cinema e il teatro. Nel corso degli anni scrive:  2004  “La fuga”    film scritto con Pino Di Persio.  Menzione speciale   SONAR FILM FESTIVAL  2005 - 2005  “140368”   film scritto con Pino di Persio   vincitore del RIFF- ROME INDIPENDENT FILM FESTIVAL 2006 - 2006  “KAPPARA’   film scritto da Roberto Attias.  Segnalato al Premio  SOLINAS 2007 Finalista al  RIFF 2008. Vincitore Giornate europee del cinema  Torino 2008 - “Oddio mio, chi è?”  scritta con Pino Di Persio  ( cortometraggio) - “L’azienda”  film  “Sono loro che sono veneziani” (cortometraggio)  - “L’invito” (cortometraggio) Vincitore PREMIO SONEGO  2009 -  “Il mio nome è Ben. Ben- Atti” (cortometraggio) TESTI  TEATRALI: 2004 -    “ 13419 La necessità del ritorno ”  Prodotto da Ettore Scola. - 2008 – “ Avenida del Sol , Buenos Aires – Corso Garibaldi S. Rosalia” - 2009 -  “Misfatti di gente perbene”. ROMANZI :    2011  “Il grande volo”

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Zorro è morto di Daniela Ariano

Scritto da Administrator
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In “Zorro è morto” Giorgio e Teodoro, un padre e un figlio che sanno poco l’uno dell’altro, si ritrovano una sera a confrontarsi sui nodi cruciali della vita. Sullo sfondo di un sabato apparentemente tranquillo, i due uomini ingaggiano un vero e proprio duello fatto di parole, a volte facete, a volte dure, ma sempre pungenti come stoccate. Dalla loro storia personale emergono fatti e storie che appartengono a tutti, dal G8 di Genova alla paura del diverso, e al progredire del dialogo le differenze che li dividono si fanno sempre più drammatiche e forse irrecuperabili. Tra loro si muove Sofia, giovane moglie di Giorgio, che sarà suo malgrado chiamata a ricucire il rapporto tra questo padre, uomo cinico e disilluso, e il figlio, specchio di una generazione alla continua ricerca di un equilibrio tra verità e giustizia. Forse Sofia riuscirà a riconciliare i due uomini, o forse sarà anch’essa travolta dagli eventi. Una sola cosa è certa: nulla è veramente ciò che sembra.

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Daniela Ariano, autrice di cinema e teatro, ha scritto questo testo per la compagnia Les Enfants Terribles, diretta da Francesco Marino, con la quale collabora stabilmente. Un testo scritto per essere portato in scena nelle case, uscendo da una collocazione teatrale classica: attori in scena, pubblico in platea.  Stabilendo quindi un rapporto nuovo tra spettatore ed attore e cercando un coinvolgimento maggiore per entrambi. Una formula che permette inoltre alla compagnia di portare avanti progetti di drammaturgia contemporanea superando il problema cardine del teatro italiano: la distribuzione. Zorro è morto, seconda produzione di “Dramma da salotto”, è stato rappresentato un circa 25 case nella stagione 2010-11, dopo “In casa del Giudice”-  dramma scritto da Marcello Isidori e rappresentato con successo negli anni precedenti. In scena Carlo Ettorre, Sebastiano Gavasso e Mery Poltroni per la regia di Francesco Marino.

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