Il dramma del mese
Cabaret di Caroline Baglioni
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Nel 2013, sono stata selezionata per partecipare allo stage di drammaturgia tenuto da Antonio Latella e Federico Bellini al Teatro Valle Occupato. Il tema fondamentale, su cui Latella ha voluto basare il lavoro, è stato quello della menzogna.
Partendo dalla lettura e dall’analisi del romanzo MEPHISTO di Klaus Mann del 1936, Latella ci ha chiesto per il secondo ciclo d’incontri – che si sarebbe svolto sei mesi dopo – di riscrivere l’opera dal punto di vista di due personaggi, interni alla creazione di Mann oppure di nostra invenzione. Da lì nasce il mio testo CABARET nel quale, rispetto alla narrazione di partenza, mi sono presa una serie di libertà creative e poetiche che lo hanno volutamente spinto sino ai limiti del tragicomico.
Ho immaginato dunque che la storia di Hendrik Höfgen, protagonista del romanzo (“uomo di teatro, attore, sottoposto come tanti artisti, ai ricatti del potere, senza il cui favore non potrebbe esprimersi e avere fama”) potesse essere ripercorsa e raccontata da due grandi cabarettisti dell’epoca: Karl Valentin e Elisabeth Wellano (alias Liesl Karlstadt) che ebbero realmente un’influenza significativa sulla cultura tedesca al tempo della Repubblica di Weimar, oltre a un destino drammatico.
Ho immaginato questi due artisti nel 1948, assoldati per raccontare la storia del grande attore Höfgen attraverso uno spettacolo di cabaret, e che il piccolo teatrino dove eseguivano le prove fosse paradossalmente frequentato da personaggi del calibro di Johann Strauss, Martin Heidegger, Otto Dix, Alice ed Ellen Kessler e altri ancora, vissuti in periodi differenti.
Con CABARET, m’interessava portare alla luce la paura e il dramma dell’artista che si interroga sulla questione del talento: se lo possiede o no e su cos’è disposto a fare affinché gli sia riconosciuto. Mann con il suo libro fece un’operazione simile all’epoca. Volle raccontare la reazione al regime nazista di intellettuali e artisti che erano stati attivi nella Repubblica di Weimar e che, con il trionfo del nazismo, furono costretti a scegliere tra l’esilio o la sottomissione al nuovo potere. Per fare ciò l’autore si ispirò alla vera storia di suo cognato, Gustaf Gründgens, superbo attore dell’epoca e uno dei maggiori del Novecento tedesco, che scelse la sottomissione.
Caroline Baglioni
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Caroline Baglioni nasce a Perugia nel 1985. Scopre il teatro da bambina grazie alla scuola Theamus di Lamberto Maggi, regista e musicista folignate. Dopo il Diploma in Lingue, è ammessa al Centro Universitario Teatrale di Perugia diretto da Roberto Ruggieri dove si forma con lui e con attori, registi, pedagoghi quali Mario Ferrero, Ascanio Celestini, Antonio Latella, Francis Pardeilhan, Ludwik Flaszen, Danilo Nigrelli, Nicolaj Karpov, Ferruccio Marotti, Gian Claudio Mantovani, Giovanni Pampiglione, Anna Maria Giromella, Sergio Ragni, Gré Koerse. Nel 2008 esce dal C.U.T. con un diploma da attrice/performer, dopo aver già lavorato l’anno prima in PURIFICATI: testo di Sarah Kane messo in scena da Latella per il Teatro Stabile dell’Umbria. Alla grande autrice inglese, torna nel 2010 realizzando una regia collettiva con David Berliocchi, Marta Pellegrino e Domenico Viola: ossia FEBBRE. Dopo la Laurea in Scienze dei Beni Antropologici, entra a far parte della compagnia La Società dello Spettacolo di c.l. Grugher, Michelangelo Bellani e Marianna Masciolini (www.lasocietadellospettacolo.org): gruppo di ricerca teatrale folignate, con cui lavora in diverse produzioni dal 2012 e che, al momento, la vede impegnata nel progetto IO SONO NON AMORE ispirato all’esperienza di Santa Angela da Foligno. Nel 2013 collabora col Tieffeu di Mario Mirabassi in diversi spettacoli di teatro di figura; mentre al Teatro Valle Occupato inizia un percorso da drammaturga guidato da Latella. L’anno seguente interpreta CAPPUCCETTO ROSSO di Jöel Pommerat, diretta da Sandro Mabellini e per la produzione de lacittàdelteatro di Cascina. Attualmente è invece impegnata con il Teatro Stabile dell’Umbria in due spettacoli: A SCATOLA CHIUSA di Georges Feydeau per la regia di Danilo Nigrelli e L’IMPORTANZA DI ESSERE EARNEST di Oscar Wilde per quella di Latella. Infine, con il monologo GIANNI – da lei scritto, diretto e interpretato (produzione della Società dello Spettacolo) – vince il Premio Scenario per Ustica 2015, colpendo la giuria per essere riuscita a «creare uno spazio di comprensione ed empatia che scuote lo spettatore».
SS9 storie della Via Emilia di Matteo Bacchini
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Dagli affari del signor Giulio Cesare alle disavventure di un’Alfa Giulia color senape, SS9 racconta un po’ della storia d’Italia attraverso piccole storie di italiani. Storie di emigranti al Nord con il cuore al Sud; storie di motori rettificati, mattoni squadrati e squadristi mancati; storie di brave persone e mica tanto brave persone.
Cinque italiani di ieri, di oggi e di sempre, finiti per caso o per necessità sulla Strada Statale 9 “Emilia”, l’antica via consolare che collega Piacenza a Rimini e da duemila anni porta dal Po dall’Adriatico i racconti della sua gente. Una strada che è molto più di una strada: è un’eredità di ricordi e speranze che passano di padre in figlio, che arrivano rombando e vanno via in punta di piedi, lasciando il posto a un’altra generazione.
Nato come corto teatrale da rappresentare alle feste di quartiere che in estate animano la via Emilia, SS9 è cresciuto con l’aggiunta di nuovi quadri fino a diventare uno spettacolo completo, prodotto nel 2015 dal Teatro del Tempo di Parma e diretto da Savino Paparella (www.teatrodeltempo.it). In una struttura scenica essenziale, l’attore Antonio Buccarello dà voce ai personaggi del testo scritto per lui da Matteo Bacchini, attraversando l’Italia da Nord a Sud e dal passato al presente.
Un oggetto, una musica, un cambio di luce: un’altra storia che comincia. Vera, verosimile o inventata, non importa: sulla via Emilia tutte le storie diventano vere. Perché la via Emilia siamo noi.
«Cinque storie della via Emilia, dalla sua fondazione, dalle storie delle genti che l’hanno vissuta. è il dialogo intimo tra un padre ed un figlio sulla nostalgia per gli ulivi e le viti/vite che hanno dovuto abbandonare. Questo rimpianto prende, in scena, il nome di Salento, ma padre e figlio potrebbero appartenere a qualsiasi altro luogo. Così i cinque quadri diventano il pretesto per raccontare la Storia d’Italia dal basso, dagli uomini umili di cui la Storia non parla agli uomini che invece sui testi accademici ci sono finiti: Cesare, i Piemontesi, Mussolini, Agnelli; però visti dal “basso” punto di vista. Ciò evidenzia la non sempre corrispondenza tra Storia ed eroi della Storia».
(da Serena Falconieri, “Agenda del Teatro, 7 novembre 2015)
«Quel padre che non si vede acquista comunque una sua identità, con la nostalgia del sud, gli ulivi, una sorta d’ingenuità verso il potere: è il figlio a dovergli spiegare ogni volta che forse no, davvero no, non sono “brave persone” coloro che prendono il comando e manovrano la povera gente seguendo i propri scopi».
(da Valeria Ottolenghi, “Gazzetta di Parma”)
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Matteo Bacchini. Nato nel 1970 a Parma, dopo gli studi di Filosofia e Teatro frequenta dei corsi di drammaturgia all’Università di Bologna; in seguito lavora nei settori della stampa e della pubblicità a Parma e Reggio Emilia. Per due volte vince il concorso di corti drammatici “Mai Detto, m’hai detto”: nel 2009 con Memorie dal sottosuolo e con Cuneo-Pinerolo nel 2010. Anno, quest’ultimo, in cui viene segnalato al Premio Fersen per AUTORITRATTO IN NERO, mentre si aggiudica il premio Teatro e Shoà col testo La lunga cena di Pasqua e la vittoria al concorso Avamposti d’Autore con IN NOME DEL POPOLO ITALIANO: pièce messa in scena nel 2012 dall’autore stesso con gli interpreti Daniele Bonaiuti e Silvia Frasson, e tradotta nel 2014 in francese dal collettivo La Langue du bourricot per l’Università di Tolosa nella collana riguardante la nuova drammaturgia europea dell’edizioni PUM (www.pum.univ-tlse2.fr). Un lavoro che rappresenta la prima parte di una “trilogia romana” intesa a raccontare la società di oggi con l’umorismo feroce della commedia all’italiana e che si completerà nel 2016 con le realizzazioni sceniche di AMEN e NATURA MORTA CON SACCO. Altre sue drammaturgie divenute spettacoli sono: GREGARI (2012) e OUT OF THE BLUE (2013), per le interpretazioni soliste rispettivamente di Vincenzo Di Bonaventura e Marco Musso; più AL FORESTéR, produzione 2014 del Teatro del Tempo diretta e interpretata da Savino Paparella, incoronata vincitrice del premio LiNUTILE del Teatro a Padova (2014) e del Festival Teatrale di Resistenza al Museo Cervi di Gattatico (Reggio Emilia, 2015).
Esodo di Diego Runko
- Scritto da Damiano Pignedoli
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Dalla motivazione del Primo Premio al Concorso Nazionale di Drammaturgia Civile “Giuseppe Bertolucci” 2015, vinto da Diego Runko con ESODO: «Per aver saputo raccontare con voce chiara, ritmo calzante e senza artifici una pagina dolorosa e complessa della storia recente, l’esodo istriano, sottraendo le vicende della città di Pola alle retoriche delle narrazioni contrapposte per restituirle, attraverso la lingua del teatro, a una dimensione umana. Il testo si avventura, attraverso la materia umana più vicina, quella che parte dalla biografia famigliare, nelle contraddizioni di una pagina storica controversa e per certi versi non ancora risolta, il cui ultimo risvolto si è avuto solo pochi anni fa con la sanguinosa disintegrazione della Jugoslavia. Runko tiene assieme questi elementi e le loro contraddizioni, ricollocandoli nel quadro di una vicenda personale. Segue così i dettami profondi del teatro, che non usa il palcoscenico per professare una verità ma indaga l’ambiguità, la materia torbida di cui è fatta la vita, per suggerire, al di là delle retoriche, un possibile livello più profondo».
Era da molto tempo che desideravo scrivere un testo su questo argomento. È capitato poi che con la mia compagnia, La Confraternita del Chianti, dall’anno scorso si sia deciso di affrontare una serie di monologhi riguardanti la migrazione dei popoli.
Visti pure certi sviluppi recenti, abbiamo sentito l’urgenza di parlare di questi temi.
Il progetto completo si chiama PENTATEUCO e prende spunto dai primi cinque libri della BIBBIA, pur non trattando argomenti prettamente religiosi.
ESODO è una storia molto personale ma nondimeno universale. Racconta una terra di confine in un preciso momento storico, oltre alla vita di due ragazzi a quarant’anni di distanza l’uno dall’altro: cioè, io e mio nonno.
Prima di scrivere questo lavoro mi sono documentato parecchio, attingendo anche a memorie personali e famigliari. Mi premeva raccontare, peraltro, di una domenica estiva di tanti anni fa: il 18 agosto 1946, giorno in cui delle bombe – apparentemente inoffensive – scoppiano sulla spiaggia di Vergarolla, a Pola, e segnano simbolicamente l’inizio dell’esodo degli Italiani dall’Istria. Un avvenimento terribile di cui, a oggi, si sa ancora pochissimo.
A partire dalla breve pièce presentata qui, ho scritto poi – insieme alla drammaturga Chiara Boscaro e al regista-autore Marco Di Stefano – la drammaturgia della messinscena intitolata ESODO pentateuco #2, in cui si sviluppano e si approfondiscono personaggi e tematiche della storia originale.
Uno spettacolo che va in scena, in prima nazionale, dal 18 sino al 21 novembre 2015, al Teatro Verdi di Milano (www.teatrodelburatto.it). Il debutto internazionale è invece previsto per il 10 febbraio 2016 a Fiume (Croazia), essendo stato coprodotto dal Dramma Italiano di Fiume - Teatro Nazionale Croato Ivan de Zajc che è l’unico teatro stabile in lingua italiana all’infuori dell’Italia.
Diego Runko
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Diego Runko è attore, drammaturgo, regista. Nato nel 1981 a Lubiana (Slovenia) e cresciuto a Pola (Croazia), si è laureato in Lettere Moderne con Specialistica in Scrittura e Arti Drammatiche presso l’Università Cattolica di Milano. Membro della compagnia La Confraternita del Chianti (www.laconfraternitadelchianti.eu), si forma come attore presso la scuola di Teatri Possibili di Milano diretta da Corrado D’Elia e prosegue la formazione seguendo laboratori tenuti – tra gli altri – da Luca Ronconi, Gabriele Vacis, Laura Curino, Mario Perrotta, Roberto Latini e Giuseppe Manfridi. Con Marco Maccaferri, invece, scrive il soggetto e la sceneggiatura del film D.A.D. di prossima uscita nelle sale, sostenuto dal MiBACT e dalla Film Commission Lombardia, per la regia dello stesso Maccaferri. Nel 2014, il suo testo LE PAROLE CHE TI HO DETTO viene presentato in lettura al Giardino degli Aranci a Roma per Improvvisi Urbani - XX Festival Internazionale del Teatro Urbano. Nel 2013 partecipa al laboratorio internazionale di scrittura drammaturgica Short Latitudes, organizzato dal British Council. Scrive, inoltre, dirige e interpreta i lavori della compagnia Unzip Universo, di cui è fondatore; e con lo spettacolo FERMATA TORINO-PALLA, UN DESIDERIO CHE SI CHIAMA TRAM, partecipa nel 2011 alla rassegna di drammaturgia contemporanea Stazioni d’Emergenza, presso il Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo di Napoli. Nello stesso periodo, Unzip Universo è finalista al Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro – promosso dalla Civica Scuola d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine – con lo spettacolo MILANO MUORE DOMANI, di cui Runko pubblicherà la drammaturgia nel 2012 sul Numero 2 del «non periodico» online “Perlascena”. Collabora stabilmente con Teatro in-folio dal 2010 in qualità di attore, drammaturgo e regista, partecipando a tutte le produzioni tra cui DESIGN DANCE, spettacolo ufficiale del Salone del Mobile di Milano 2012. Col testo NELL’ALTRA STANZA, compare nel volume I LUOGHI DEL POSSIBILE: CINQUE PEZZI DI TEATRO ITALIANO CONTEMPORANEO, edito da La Mongolfiera nel 2013. Diversamente, col racconto NEL PAESE DEI SANTI E DEI GIUSTI è finalista a Subway Letteratura 2013. Come attore, infine, partecipa a sit-com e programmi televisivi Rai, Mediaset e Sky; mentre scrive anche sul suo blog “Io cammino sulle acque” (iocamminosulleacque.blogspot.it) e su quello della Confraternita del Chianti “Aspetta Primavera” (laconfraternitadelchianti.blogspot.it).
Mitigare il buio di Francesca Sangalli
- Scritto da Damiano Pignedoli
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«Marti, Alice e Benedetta sono tre giovanissime alle prese con l’eroina. Compagne di scuola, compagne di gioco, compagne nel presente, unica dimensione temporale che percorre il testo. Vivono in simbiosi e parlano in continuazione: di cinema, di cibo, di uomini, ma mai dei loro dolori. Fra loro non si apre mai lo spiraglio verbale che come un raggio di luce potrebbe aiutarle a sbirciare nel buio. Il buio interiore resta tale. E per sopravvivere, rimane l’eroina: lenimento all’angoscia, espiazione di colpe non formulate, surrogato di affetti familiari mancanti. In questa overdose di droga e di parole, il testo teatrale si corrompe, si sgretola, sconfina in altri generi letterari, diventa narrazione, flusso di coscienza fra il presente, il passato, il sogno, la realtà, il ricordo. Il testo richiama alcune poetiche del teatro di Beckett, laddove l’assenza di senso del vivere è coperta dalle parole ossessive e la banalità del chiacchiericcio diventa l’ancora di salvezza alla quale aggrapparsi, per riempire il tempo e il vuoto. MITIGARE IL BUIO testimonia ancora una volta la tenace ricerca di Francesca Sangalli di una drammaturgia nuova che non solo nei contenuti, ma soprattutto nella forma, diventi epifania del nostro sentire postmoderno».
Dalla motivazione del Premio Enrico Maria Salerno per la Drammaturgia 2009
MITIGARE IL BUIO ha segnato per me l’inizio della professione di drammaturga e mi ha permesso allo stesso tempo, grazie al Premio Solinas - Storie per il cinema 2009, di intraprendere anche la strada della scrittura cinematografica e in seguito dei film d’animazione. Dal testo è nata una messinscena prodotta nel 2011 da Giovio15 rappresentata al Teatro Out Off di Milano, al teatro del carcere di Rebibbia e andata in tournée per le scuole del nord Italia con il sostegno di FederSerd. Come autrice, ho poi spaziato per i più differenti generi scrivendo storie drammatiche, biografiche, di realismo magico, teatro civile e sketch comici. Amo esplorare linguaggi anche molto diversi tra loro, impegnandomi nello studio e nella ricerca dei principi che legano assieme ogni storia ben raccontata.
Francesca Sangalli
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Francesca Sangalli (nella foto di Laila Pozzo) è nata a Milano nel 1980. Dopo la maturità classica, si è diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine. Dal 2007 ottiene numerosi riconoscimenti per la sua scrittura di poliedrica autrice di teatro, radio, fiction e film d’animazione. Tra i più importanti: il Premio Lama e Trama per il Radiodramma (da cui una produzione Rai) e la Menzione Speciale al Premio Dante Cappelletti, entrambi nel 2008; a cui seguono, nel 2009, la Borsa di scrittura al menzionato Premio Solinas e quello dedicato a Enrico Maria Salerno, oltre al Premio Giovani Realtà del Teatro (Giuria dei giornalisti) che rivince pure nel 2010; del 2015 sono, infine, il Premio Teatro e disabilità (promosso da Ecad e Avi onlus) e il terzo posto al Concorso nazionale di drammaturgia civile intitolato a Giuseppe Bertolucci. I suoi testi sono stati rappresentati in tutta Italia, in Svizzera e sono stati diretti da Alex Cendron, Renato Sarti, Massimiliano Speziani, Riccardo Mallus, Andrea Lanza, Paola Bigatto, Omar Nedjari. Attiva in ambito televisivo e cinematografico, dal 2010 al 2012 ha lavorato come editor e sceneggiatrice per l’Italian International Film di Fulvio Lucisano a Roma; ha inoltre collaborato con la produzione milanese Quadrio – affiancando il collettivo di autori La Buoncostume – e lavora per Maga Animation Studio come sceneggiatrice di film d’animazione distribuiti a livello internazionale. Infine, nel 2014 ha collaborato come autrice alla trasmissione televisiva “Crozza nel paese delle meraviglie” e alle copertine dello stesso Maurizio Crozza per i talk show “Ballarò” e “DiMartedì”. Insegna scrittura creativa e storytelling a Milano.