Il dramma del mese
Bluebird Bukowski di Riccardo Spagnulo
- Scritto da Damiano Pignedoli
- Visite: 2870
Charles Bukowski è morto? Sembra di sì, se andiamo a controllare la sua biografia: il vecchio Buk ci ha lasciati nel 1994. Eppure le librerie sono piene dei suoi romanzi e delle raccolte poetiche che vendono molto bene. Ogni anno spunta qualche manoscritto non ancora pubblicato ma, soprattutto nella memoria dei suoi lettori e nell’immaginario collettivo, permane la figura dell’anti-intellettuale così attaccato alla vita da preferire corse di cavalli e donne ai salotti letterari. Bukowski, in un colpo solo, ha mandato a quel paese il sogno americano e ha rivelato in modo sarcastico e disincantato tutta l’ordinaria follia del mondo occidentale.
Mi sono chiesto: se tornasse indietro, se si risvegliasse all’interno di una squallida camera di obitorio, cosa farebbe? La risposta è: esattamente quello che ha fatto per tutta una vita – bere, scommettere, fare l’amore e soprattutto scrivere, scrivere e ancora scrivere.
Bukowski, che ha vissuto da emarginato nei sobborghi delle grandi città per trent’anni prima di venire scoperto come autore, riconquista il centro della scena per mostrare che le apparenze non contano: quello che conta è l’azzardo di ciascuno di noi, quello che siamo disposti a perdere.
Riccardo Spagnulo
Leggi il testo
Prodotta dal Gruppo Abeliano (www.nuovoteatroabeliano.com) e interpretata da Vito Signorile e Mary Dipace, la messinscena di BLUEBIRD BUKOWSKI ha debuttato in prima nazionale al Nuovo Teatro Abeliano di Bari l’11 ottobre 2014, per la regia di Licia Lanera e con le luci di Vincent Longuemare.
«Spagnulo crea un testo di grande impatto che oscilla tra realtà e sogno, rimarcando una lontananza critica della figura di Bukowski, presente con cenni biografici che spesso però confluiscono in ispirati momenti lirici».
Nicola Viesti in “Hystrio”, n. 1, 2015
Riccardo Spagnulo (18/07/1984) è attore e autore di testi teatrali. Si forma al CUT dell’Università degli Studi di Bari e in seguito con Carlo Formigoni, ricci/forte ed Eimuntas Nekrosius. Nel 2005 fonda a Bari, assieme a Licia Lanera, la compagnia Fibre Parallele (www.fibreparallele.it) con cui mette in scena – come drammaturgo e interprete – MANGIAMI L’ANIMA E POI SPUTALA (2007), 2.(DUE) (2008, Premio FIT - L’Altrofestival di Lugano), FURIE DE SANGHE – EMORRAGIA CEREBRALE (vincitore del bando Nuove Creatività 2009 dell’Ente Teatrale Italiano e rappresentato in Francia, Belgio e Macedonia) e DURAMADRE (2011, ispirato a LA GINESTRA di Giacomo Leopardi). Nel giugno 2013 debutta LO SPLENDORE DEI SUPPLIZI al Festival delle Colline Torinesi, che giunge alla terna finale dei Premi Ubu nella categoria “Spettacolo dell’anno”. Sempre alle Colline Torinesi, nel giugno 2015, va in scena la prima de LA BEATITUDINE. Da ricordare, infine, la sua partecipazione ai progetti “Corners – turning Europe inside out” (Intercult SE – TPP) e “Short Latitudes Puglia” (British Council – Teatro Pubblico Pugliese).
Fratelli di Valentina Diana
- Scritto da Damiano Pignedoli
- Visite: 3249
Una storia di famiglia. Una specie di saga, irrisolta e fragile, come tutte le storie di famiglia. Lo sguardo dei fratelli (fratello M. e sorella B.) indaga una realtà che sottrae loro la possibilità di una comprensione univoca, una realtà che non si sottomette a uno sguardo condiviso. Entrambi lottano, a parole, per rimettere a posto qualcosa, per consegnarsi un ruolo pacificato all’interno di una storia di conflitto. Alla fine ciascuno dei due avrà disegnato il proprio percorso di esistenza, senza sapervi includere l’altro. Tuttavia questo sforzo, questo tentativo di incontro e di comprensione, sarà presente in germe, come una possibilità, come un’ipotesi di fratellanza: una vicinanza, una comunione, o qualcosa del genere, che unisce ma allo stesso tempo, con altrettanta forza, separa.
Valentina Diana
Quando ho letto FRATELLI ho avuto subito l’impressione che fosse un testo importante. Per Valentina prima di tutto, perché è un pezzo della sua storia, e poi perché racconta di una relazione complessa e particolare in modo disarmante, senza mezze misure. M. e B. dicono tutto, senza riserve. Dicono le cose buone e quelle cattive. Si espongono con il loro interlocutore (assente sulla scena) nella loro fragilità, senza per questo essere benevoli nei confronti delle fragilità altrui. In questo testo non c’è falsa pietà, non c’è un “perdono” per quello che gli altri hanno fatto di noi, nel male, o il riconoscimento o la gratitudine per ciò che è stato fatto di bene. Ci sono delle questioni, dei fatti, e su questi M. e B. si confrontano con i mezzi che hanno a disposizione. Prima di tutto quello della distanza temporale, che consente di poter guardare al proprio passato con sufficiente distacco. Mi sembra che avere il coraggio di pensare le proprie relazioni, a quello che abbiamo fatto e che abbiamo subito, diventi in alcuni momenti il centro attorno a cui ruota la nostra vita.
Lorenzo Fontana
Prodotto dall’Associazione 15febbraio, questo «sofferto e intenso testo» – come ha scritto Laura Bevione su “Hystrio”, n. 2, 2011 – che racconta una «complessa e dolorosa realtà familiare a cui si aggiunge il dato non secondario della non consanguineità di fratello e sorella», è andato in scena per la prima volta nella sua versione definitiva nel dicembre 2010. Interpreti Beatrice Schiros e Andrea Collavino, regia di Lorenzo Fontana, scene di Nicolas Bovey e luci di Cristian Zucaro.
Leggi il testo
Valentina Diana (nella foto di Basso Cannarsa) è nata a Torino nel 1968. Attrice formatasi alla Scuola Civica d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, tra gli altri ha lavorato con artisti del calibro di Thierry Salmon, Claudio Remondi e Riccardo Caporossi, Marco Baliani, Isabelle Pousseur, Elio De Capitani, Giorgio Barberio Corsetti, François Kahn, Gabriele Vacis, Pippo Delbono e Denis Marleau. Da molti anni si dedica prevalentemente alla scrittura come autrice e dramaturg. Con il dramma RICORDATI DI RICORDARE COSA? ha vinto il premio “Il centro del discorso” nel 2009, pubblicando la pièce l’anno seguente per Lupo editore. Nel 2013, invece, con LA BICICLETTA ROSSA si aggiudica la palma della miglior drammaturgia agli Eolo Awards, uno dei maggiori premi per il teatro ragazzi. Altri suoi scritti per la scena sono: 56-32-104, BBBtrombedelesignore.com, SWAN, LA COMITRAGEDIA TEATRALE, LA PALESTRA DELLA FELICITÀ e OPERA NAZIONALE COMBATTENTI. Ha pubblicato la raccolta di poesie TRE ORE DI NOTTE E UN PEZZO DEL MATTINO (Torino Poesia 2007); ulteriori suoi componimenti sono apparsi sulla rivista parigina “Les Citadelles”, nei due volumi bilingui italiano/inglese DOUBLE SKIN e nell’antologia BASTARDE SENZA GLORIA (Sartoria Utopia 2013). Il suo primo romanzo, SMAMMA, è uscito per Einaudi nel 2014; ed entro la fine del 2015, ne uscirà un secondo edito dalla stessa casa editrice torinese.
4 di Marco Di Stefano
- Scritto da Damiano Pignedoli
- Visite: 2709
Ho iniziato a scrivere 4 nel 2009. Il testo è nato all’interno di “Bancone di Prova”, gruppo di scrittura nato, cresciuto e morto a Milano. Tutto finisce; non per questo dobbiamo vestire a lutto. Anche perché quel gruppo qualche buon frutto lo ha generato. Per questo ci tengo a ringraziare i miei compagni di allora, senza i quali 4 non sarebbe nato e non avrebbe la forma attuale: Elisabetta Bocchino, Lorenzo Piccolo, Magdalena Barile, Alessandro Quattro, Alessandra Scotti, Gianluca De Col e Maria Antonia Pingitore. Qualcuno l’ho perso. Qualcuno mi è tuttora vicino. Ringrazio Teatro I che ha ospitato “Bancone di Prova” per più di una stagione e che ha reso possibile il nostro periodico incontro con il pubblico.
La prima versione di 4 è rimasta nel cassetto molto tempo. I fatti di quest'anno (2015) mi hanno spinto a completare il testo. I migranti trovati morti dopo estenuanti viaggi in camion non sono più una novità.
Ringrazio Damiano Pignedoli che di 4 ha curato la pubblicazione e che mi ha dato la possibilità di fare una redazione definitiva del lavoro.
Sul testo ho poco da dire, spero che parli per sé. È la storia di quattro migranti che cercano di passare la frontiera su un container. Che sia realistico o metaforico, sta a voi deciderlo, anche perché io non lo so. So solo di essere ossessionato da una domanda e che su questa domanda ho incentrato buona parte del mio lavoro: perché un essere umano – qualsiasi essere umano – non ha il diritto di viaggiare liberamente su tutto il globo terrestre?
Sono abituato a pensare che ognuno debba andare dove è in grado di arrivare. I confini mi mettono a disagio.
Guardando a ritroso, trovo in 4 tutti i semi che hanno portato alla nascita di PENTATEUCO, il progetto sulla migrazione al quale sto lavorando attualmente con la mia compagnia, La Confraternita del Chianti; ed è curioso che questa pubblicazione arrivi un mese dopo il debutto di GENESI, primo dei cinque spettacoli che ci siamo promessi di realizzare a partire da tale progetto.
Ma sicuramente non è un caso. Anche perché io non credo alle coincidenze.
Marco Di Stefano
Leggi il testo
Marco Di Stefano. Regista e autore, nasce a Milano nel 1981. Diplomato in drammaturgia alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e laureato in Teatro al DAMS di Bologna. Nel 2007 vince il premio ETI Nuove Sensibilità con il testo FALENE. I suoi testi e spettacoli sono stati tradotti e rappresentati in Italia, Svizzera, Regno Unito, Germania, Spagna, Cina e Romania. È fondatore e regista della compagnia La Confraternita del Chianti (www.laconfraternitadelchianti.eu), con cui ha prodotto le messinscene dei testi NON VOLTARTI INDIETRO (2013) e GENESI - PENTATEUCO #1 (2015) di Chiara Boscaro, più LA BOTTEGA DEL CAFFÈ da Carlo Goldoni (2015) e la performance LE SACRE DU PRINTEMPS (2012). Tra le sue regie: GLI STRANIERI dall’opera di Armin Greder per la produzione di Nudoecrudo Teatro (2014), MATTATOIO di cui ne ha scritto anche la drammaturgia (produzione Teatro della Cooperativa, 2011) e XX presentato in anteprima per Marathon of the Unexpected alla Biennale Danza di Venezia 2010. Ha scritto e diretto lo spettacolo IO SONO FIGLIO, una produzione Sanpapié del 2012: lavoro che, con le coreografie di Lara Guidetti, è inserito nel progetto internazionale Teatro Inestable ed è andato in scena in alcune delle principali città europee come Edimburgo, Valencia, Dresda, Bilbao ed è stato ospitato a Pechino per la sesta edizione delle Olimpiadi del Teatro dirette da Bob Wilson, Tadashi Suzuki e Theodoros Terzopoulos. Il testo di MATTATOIO è stato tradotto in rumeno (ABATOR) e ha debuttato nel 2014 al Teatrul Nottara di Bucarest con la regia di Madalina Turcanu. Come drammaturgo, Di Stefano partecipa inoltre a “Short Latitudes”: progetto di scambio tra drammaturgia italiana e britannica organizzato dal British Council. Come regista e autore ha collaborato al progetto “Working for Paradise” diretto da Matthias Langhoff e prodotto da Napoli Teatro Festival Italia e Heiner Müller Gesellschaft di Berlino. Ha pubblicato le pièce IO SONO FIGLIO e CHECKPOINT sulla collana spagnola “RED”, MATTATOIO sulla rivista italiana “Sipario” e il testo breve ICARUS all'interno del volume WORKING FOR PARADISE della collana “Theater der Zeit” di Berlino. Ha collaborato al libro LA VOCAZIONE TEATRALE, curato da Renata Molinari per le edizioni de Il Principe Costante di Milano (2006). Ha scritto e pubblicato due raccolte di poesie: SESSANTA LAME ALL’ORA e VERSIONE 2.0, rispettivamente nel 2006 e nel 2008 per i tipi de Il Filo di Viterbo e quelli di Tespi di Roma. Con La Confraternita del Chianti sta proseguendo a sviluppare il progetto internazionale PENTATEUCO mentre, con Chiara Boscaro, è curatore artistico della residenza teatrale Manifattura K (www.manifatturak.it).
A cura di Damiano Pignedoli
Libero nel Paese della Resistenza di Andrea Brunello
- Scritto da Damiano Pignedoli
- Visite: 2943
Il Teatro è lo spazio delle domande, quasi mai quello delle riposte. Ho sempre pensato che scopo del Teatro fosse quello di suscitare la curiosità attorno a delle tematiche necessarie per chi le “racconta” perché diventino importanti per chi le “ascolta”. È così che ho sempre cercato di impostare il mio lavoro teatrale: cercando prima di tutto ciò che m’incuriosisce, ciò che mi sembra contraddittorio, ciò che non è ovvio (almeno per me).
In questo senso mi considero un Ricercatore, cioè colui che vive una condizione di inquietudine, che va verso un territorio al di fuori delle mappe. Questo è immediatamente ovvio nel mio lavoro di Teatro e Scienza, il progetto Jet Propulsion Theatre (JPT, in breve, www.jetpropulsiontheatre.com), con il continuo cercare di coniugare questi due mondi apparentemente distanti ma poi intimamente collegati dalla dimensione della Scoperta e della Meraviglia. Ed è così anche per il mio Teatro Civile: il quale non riguarda necessariamente i temi di pura cronaca e attualità, ma ha a che fare con la stimolazione del pensiero critico attraverso le grandi idee, le grandi storie e una sana ironia che si possono raccogliere sotto una sola parola: “Cultura”, civile di per sé.
LIBERO NEL PAESE DELLA RESISTENZA è figlio di questa pulsione. Libero è un ragazzo disabile, almeno per come concepiamo noi l’abilità, o la normalità. Libero disegna, disegna sempre perché questo è il suo modo di comunicare. Non parla, emette strani suoni invece di parole. Non guarda mai negli occhi le persone. Non gli piace essere toccato, da nessuno. Nemmeno da sua sorella. Ripete i suoni e i rumori di quello che gli sta attorno. È metodico, come possono esserlo quelli che amano i dettagli, quelli che godono nel ripetere le azioni per farle veramente proprie. Libero è autistico, anche se questa parola non viene mai usata in tutta la storia.
La pièce è un viaggio nel favoloso mondo di Libero durante gli anni del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale. Libero, che vive con la sua famiglia nel quartiere della Portèla a Trento, è una persona speciale e la gente che non lo conosce pensa che lui sia matto. Ma i suoi amici gli vogliono un gran bene. E lui li ricambia donandogli i suoi disegni. La sua è un’esistenza segnata dalla durezza di vivere in una famiglia comunista durante il periodo fascista, e questa cosa non risparmia lutto e dolore a nessuno. Ma lui, a differenza di tutti gli altri, è innocente, è ingenuo: è Libero, appunto.
Protagonisti del testo (e della sua messa in scena) sono proprio i disegni che Libero fa giovedì 2 Settembre 1943 seduto alla finestra della sua casa, quella che guarda verso sud, nel quartiere della Portèla a Trento. La sua è una corsa frenetica contro il tempo… dalle 6.20 fino alle 11.56 della mattina, in attesa che si scateni l’inferno del primo, devastante, brutale bombardamento americano su una città indifesa, impreparata, povera.
Il testo è una parabola universale dove incontriamo personaggi di tutte le estrazioni sociali a cominciare dalla famiglia di Libero: Cesare classe 1892 che emigra in Canada, Ferruccio classe 1895 che muore sul fronte della Galizia indossando l’odiata divisa austriaca, Ezechiele classe 1898 che ama Mussolini, Antonia classe 1900 l’unica sorella e suo marito Renato, organizzatore comunista. Poi ci sono Mamma Giustina e papà Fortunato. Sono personaggi tutti diversi e tutti accomunati da un pazzo e beffardo destino. Ci sono anche gli amici di Libero: Rosario il panettiere, Francesco il fruttivendolo, Don Luigi il parroco, Gino il pittore e La Giorgia che è la sua modella. Ma anche il conte Giannantonio, il dottore Mario, Gigino figlio di Cesare Battisti, sua madre Ernesta e la Tina, l’infermierina… di cui Libero si innamora perdutamente. Sullo sfondo c’è sempre Mussolini… dominante e comico, tragico e violento.
Ecco quindi una storia del secolo scorso che diventa contemporanea. Urgente, proprio oggi, allorché nuove guerre e nuovi “ismi” si presentano al nostro cospetto con la forza tragica dell’inevitabile. Il quartiere della Portèla, il mondo di Libero, è un microcosmo favoloso. È un quartiere antico, umido, muffoso, gonfio di umanità che il 2 Settembre 1943 viene cancellato dalle bombe di demolizione americane e con la devastazione di quelle bombe si apre per noi un momento di riflessione su quello che siamo, quello che potremmo essere, sullo spreco, sul superfluo e sul senso della nostra Esistenza. Tutto questo risulta particolarmente doloroso perché, nella pazzia delle ideologie in un assonnato quartiere di Trento che diventa il Paese della Resistenza, non siamo riusciti a proteggere un essere delicato e necessario come Libero.
Andrea Brunello
Leggi il testo
La drammaturgia qui presentata è uno spettacolo andato in scena per la prima volta al Teatro Sociale di Trento il 14 dicembre 2013, con l’interpretazione solista dell’autore stesso, le luci di Paolo Dorigatti, la composizione artistica di Salvatore Crisà e la regia di Christian Di Domenico. Ogni informazione sulla tournée si trova nel sito www.arditodesio.org.
Andrea Brunello (nella foto di Monica Condini) è drammaturgo, attore e regista teatrale. Laureatosi in Fisica e Matematica presso la Cornell University di New York nel 1992 e conseguito il Ph.D. in Fisica Teorica presso la State University of New York at Stony Brook nel 1997, nel 2001 interrompe l’attività di ricercatore per dedicarsi a tempo pieno al Teatro: un’attività portata sempre avanti in parallelo, anche in precedenza. Ha frequentato corsi di recitazione e drammaturgia presso le scuole di teatro di Cornell University (1990-1992), State University of New York at Stony Brook (1992-1994) e Utah State University (1994-1999). Dal 2007 al 2010 ha studiato e si è diplomato alla scuola triennale “School After Theatre - advanced training program” condotta dal regista russo Jurij Alschitz e affiliata all’EATC/Russian Academy of Theatre Arts (GITIS) di Mosca. Fondatore e direttore artistico del Teatro Portland di Trento (www.teatroportland.it) – di cui dirige anche la scuola di teatro – e della Compagnia Arditodesìo (www.arditodesio.org), dal 2013 cura e dirige il progetto Jet Propulsion Theatre (JPT) per avvicinare il Teatro alla Scienza. Fra gli spettacoli più recenti della sua produzione, citiamo SLOI MACHINE (2005, vincitore del Festival di Resistenza - Premio Museo Cervi 2010, Gattatico, Reggio Emilia), STORIE DI UOMINI. UN ANNO SULL’ALTIPIANO (2011), LIBERO NEL PAESE DELLA RESISTENZA (2013, insignito della Menzione Speciale al Festival di Resistenza - Premio Museo Cervi 2014), più IL PRINCIPIO DELL’INCERTEZZA (2013) e TORNO INDIETRO E UCCIDO IL NONNO (2014) per il progetto JPT.
A cura di Damiano Pignedoli