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Vi è qualcosa di tristemente emblematico nella recente notizia relativa al bando pubblico con cui il Comune di Caltagirone (CT) intende dare in affitto il Teatro Semini (canone annuale a base d' asta euro 24.336,00) e locali annessi (canone annuale a base d'asta euro 32.832,00), lo spazio comunale i cui lavori di costruzione sono terminati nel marzo 2012 e da quella data mai utilizzato.

Un teatro comunale dovrebbe essere un luogo con un progetto artistico e di gestione ben definito e capace di accogliere,  valorizzandole, le esperienze culturali in corso nel territorio e di rappresentare un punto di riferimento per i cittadini, bambini, ragazzi e adulti, con proposte di spettacoli, laboratori, incontri, workshop.   Un vero e proprio laboratorio, insomma, pienamente condiviso dalla collettività in cui si sviluppino idee, relazioni, proposte.

Con questo bando invece il Comune di Caltagirone manifesta un'altra idea, totalmente opposta alla funzione pubblica a cui dovrebbe assolvere un teatro, considerando questo alla stregua di un qualunque altro immobile da affittare per attività commerciale al migliore offerente, chiunque esso sia, e probabilmente senza aver previsto precisi obblighi di programmazione condivisa al fine di salvaguardare la sua funzione prettamente culturale e sociale.  Appare infatti davvero strano che  si possa applicare questa metodologia ad un bene pubblico realizzato utilizzando anche dei fondi comunitari (PON Sicurezza del Ministero degli Interni) per la riqualificazione sociale del quartiere (pertanto si suppone già vincolato in partenza ad una precisa finalità e destinazione d'uso) e dell'intero territorio in cui il teatro si trova.

Purtroppo non sorprende più questa attitudine delle Istituzioni di considerare “non necessaria e superflua” la Cultura e i luoghi in cui essa si pratica quando invece, a maggior ragione in un momento di crisi generale come quello attuale, si dovrebbe ancor di più sostenere quei luoghi (teatri, musei,biblioteche, scuole) e quelle esperienze che rappresentano esempi virtuosi di promozione sociale e civile.

Già sappiamo quali sono le considerazioni alla base della scelta operata dall'amministrazione comunale: il Comune di Caltagirone è in dissesto e non vi sono più risorse da dedicare alla Cultura e alla gestione degli spazi comunali. Continuiamo tuttavia a pensare che le scelte, presenti e passate, riguardanti le sorti di questo spazio pubblico, e anche di altri, siano frutto di una scarsa attitudine al confronto e alla dialettica con la città e le sue diverse espressioni: scelte condivise avrebbero prima permesso di realizzare uno spazio assai più moderno e funzionale, e poi di immaginarne un modello di gestione sostenibile dal punto di vista economico che ne salvaguardasse la funzione pubblica dil uogo aperto a tutte le esperienze culturali locali.

Noi non abbiamo risposte e soluzioni assolute, ma abbiamo la netta impressione che questa scelta non sia delle migliori e che possa finire inevitabilmente a rappresentare l'inizio di una progressiva deriva di cambio d'uso verso finalità commerciali di tanti altri spazi pubblici (fornace Hoffmann, Corte capitaniale, villa Patti) che nella nostra città avrebbero invece la necessità di essere valorizzati diversamente.

Così facendo la Pubblica Amministrazione sta scegliendo di derogare alla sua funzione di promotore di Cultura e Socialità, svuotando così di senso e ruolo gli Assessorati con delega alla Cultura, Turismo e Politiche Giovanili che già da tempo mostrano evidenti difficoltà nell'interlocuzione con gli operatori culturali.

Ci piacerebbe conoscere quali idee hanno in merito a tutto ciò i nostri concittadini, le associazioni culturali e sociali, le forze politiche e magari immaginare un occasione pubblica in cui sia possibile confrontarsi per formulare proposte condivise per la nostra città.