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Il Teatro dei Conciatori apre la stagione 2013/2014 con uno spettacolo diretto e interpretato da Emanuele Vezzoli. Era il 1998 quando Piergiorgio Welby, dopo aver subito l’intervento di tracheotomia, inizia a scrivere Ocean Terminal, la sintesi della sua vita dai giorni dell’infanzia a quelli della malattia.  Dopo aver lottato per la vita, nonostante non fosse mai stato “abbastanza vivo per i vivi, né abbastanza morto per i morti”, negli ultimi anni della sua malattia lotta per il diritto all’eutanasia.
Piergiorgio Welby è stato uno scrittore, un pittore, un attivista. Quale miglior modo per rievocare la sua personalità se non attraverso l’arte? Egli stesso scrive nel suo libro: “Non esiste un’arte privata, un artista ha l’obbligo morale di incidere sulla realtà”. Condannato alla morte in giovinezza, condannato alla vita in fase terminale, Welby ci spinge a porci profondi interrogativi che trovano altisonante riverbero nella pièce teatrale.
Tutto ha inizio nel 2008 quando Livia Giunti e Francesco Andreotti iniziano a sviluppare dei percorsi videoinstallativi incentrati sulla vita di Welby con lo scopo di realizzare un lungometraggio documentario dal titolo “Gradi di coscienza. Un ritratto di Piergiorgio Welby”. Gli autori, in seguito, decidono di affiancare alcuni frammenti alla performance teatrale. 
Giorgio Taffon, affascinato dalla scrittura visionaria, fluida e musicale assaporata nel romanzo autobiografico, propone al brillante Emanuele Vezzoli di calarsi nei panni di Welby. Nasce, pertanto, una collaborazione ricca e multiforme sostenuta da Teatri&Culture, Castelvecchi Editore e dal sostegno morale dell’Associazione Luca Coscioni.
L’adattamento drammaturgico, curato da Francesco Lioce e Luca Morricone, rispecchia egregiamente il testo di Welby.
Il racconto ha una forma diaristica. L’opera è un insieme di frammenti e flash back dal sapore visionario, scanditi da un flusso musicale che rievoca l’animo artistico e la natura luminosa di un uomo diventato l’icona di una battaglia etico-politica. Di là dall’immagine di un corpo sofferente, si dilata un’esistenza vivida e vertiginosa. Visioni e suoni si dispiegano durante la performance accompagnandoci in un viaggio dalle sfumature contrastanti. La scenografia minimalista assegna tutta l’importanza e l’efficacia al corpo e al verbo. Una tela, un cielo, un soffitto bianco su cui scorrono ricordi, pensieri sovrasta dall’alto la scena. In basso, al centro, un tavolo che diviene letto, spiaggia, piazza, barella.  Sopra, sotto, attorno Emanuele Vezzoli scivola, si contorce, si dimena, s’avvampa. Rivive le fasi dell’infanzia, Roma e le sue piazze, il credo Hippy e la tossicodipendenza. Avvolto in un lenzuolo bianco, soffocato nel vortice di tessuto che si muta in pelle e si mescola al sudore, al pianto, alla gioia, il corpo afflitto svanisce e subentra un corpo che trasuda vita. Il manto bianco diviene rifugio e certezza, castigo e dolore. Una performance dal ritmo sostenuto, intensa e raffinata rafforzata da un disegno luci che contribuisce a creare un’elegante dimensione onirica. Vezzoli (interprete e regista), sulle linee direttive dei movimenti scenici ideati da Gabriella Borni, restituisce una dimensione al contempo poetica e mordace, una testimonianza intrisa di violenza e vita.

OCEAN TERMINAL
Dal romanzo Ocean Terminal di Piergiorgio Welby
Regia                                                                 Emanuele Vezzoli
Adattamento drammaturgico                             Francesco Lioce, Luca Morricone
Movimenti scenici                                              Gabriella Borni
Disegno luci                                                       Marco Zara
Contributi audiovisivi                                          Francesco Andreotti Livia Giunti
Foto di scena                                                     Luigi Catalano
Direzione organizzativa e distribuzione             Carlo Di Lonardo
direzione artistica                                               Giorgio Tafoni