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Provate a cercare in fondo agli occhi, voi che vedete, scoprirete che siete ciechi lo stesso. Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari attraverso un flusso di parole continue senza una logica precisa, una trama definita, marciano alla ricerca dei significati. Raccontano di tutti noi delle nostre ambiguità, parlano di questa nostra Italia. Li aiuta in questo percorso la visione poetica della regia di César Brie. “In fondo agli occhi” è uno spettacolo che affronta le tematiche della crisi attuale e della malattia che la genera. La cecità, malattia fisica, diventa filtro esclusivo attraverso cui analizzare il contemporaneo, ed elemento metaforico, condizione di un intero Paese che ha perso i suoi significati, che brancola nel buio alla ricerca di una via d’uscita. “In questo spettacolo l’autobiografico e l’universale vanno di pari passo (sottolinea Brie in un’intervista), Berardi parla di sé, per parlare anche del suo paese”. La cecità, è una maniera autentica per raccontare il nostro tempo; frammenti di vita, di solitudini di falsità è questa nostra Italia, presa a calci. Quale cura? Forse l’amore che lega due persone. La ricerca della semplicità. La forza poetica di Cesar Brie crea veri momenti di catarsi, di purificazione fra tanti vizi fra tanti orrori. Carezze, piccole attenzioni, contatti fisici, elementi della natura, acqua, pietre, per ricordarci che siamo uomini e donne in cerca di amore. In scena una barista, Italia, delusa e abbandonata dal suo uomo, e Tiresia, suo socio ed amante, non vedente, raccontano la loro storia, i sogni caduti, le debolezze e le piccole speranze in un bar, metafora di un paese dove: “…non è rimasto più nessuno…perché ci vuole talento anche per essere mediocri…”. Entrambi sempre in crisi come il paese in cui vivono, logorati dalla vita e dalla monotonia del quotidiano. Desiderosi di andare altrove. Immagini di paradisi turistici, cartoline dal mondo, raccontano anche il nostro continuo desiderio di fuga. Il cantastorie Berardi lo grida ad alta voce alla sua donna: dove ti illudi di andare? Ma lo grida anche a tutti noi, turisti di massa. Turisti mordi e fuggi. Consumatori di viaggi. Allora, ecco che in un angolino della scena mi appare Proust non c’è realmente, non è un altro personaggio...ma penso a lui e a quella sua frase che mi consola quando l’inquietudine cresce. “L'unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi.” Ecco l’ultimo invito di Tiresia/Berardi avere “nuovi occhi”. Fa molto bene ai nostri occhi vedere la vitalità di Berardi la sua voglia di donare e regalare sogni. Il testo è costruito come un insieme di frammenti di genere diverso e questo determina in alcuni momenti un calo nei ritmi: poesia, monologhi, cabaret, rap, sfogo amaro, c’è tutto, tutto mescolato in un unico grido di protesta. Non esistono confini, nessuna sorpresa, tutto è già chiaro, definito, fin dall’inizio. Unica vera sorpresa in scena proprio lui, Gianfranco Berardi.

Teatro Della Cooperativa, Milano, quartiere Niguarda, 17 Ottobre 2013