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Non basta un megafono per farti sentire se da tre mesi sei in fondo a un pozzo: nessuno ti trova e non sai più come gridarlo che sei lì, proprio dietro casa e che è stato tuo marito a buttartici.
Non bastano le parole per chi è costretta a lucidare il superattico di un petroliere per pochi euro al mese, tra botte e tentativi di violenza, finché un giorno, per non impazzire, "sceglie di diventare un raggio di luce dorata" impiccandosi al lampadario di cristallo.
O per chi faceva la commessa in un negozio di intimo: suo marito l'ha strangolata con un paio di mutandine “modello Folie de Paris, nuova collezione pura seta, taglia 42, inserti in pizzo sintetici. Euro 27.”
Sono alcune delle testimonianze riportate nel libro “Ferite a morte” di Serena Dandini, che nasce dal desiderio di raccontare le vittime di femminicidio , sempre più numerose in Italia.
“Ho letto decine di storie vere e ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale. Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società e che hanno pagato con la vita questa disubbidienza”- ha spiegato l’autrice alla stampa.
“Così mi sono chiesta: E se le vittime potessero parlare? Volevo che fossero libere, almeno da morte, di raccontare la loro versione, nel tentativo di ridare luce e colore ai loro opachi fantasmi. Desideravo farle rinascere con la libertà della scrittura e trasformarle da corpi da vivisezionare in donne vere, con sentimenti e risentimenti, ma anche, se è possibile, con l’ironia, l’ingenuità e la forza sbiadite nei necrologi ufficiali”-ha continuato.
Donne ancora piene di vita, insomma. “Ferite a morte” vuole dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi. Come illustrano le schede nella seconda parte del libro, i dati sono inequivocabili: l’Italia è presente ed in buona posizione nella triste classifica dei femminicidi con una paurosa cadenza matematica: il massacro conta una vittima ogni due, tre giorni.
“Molti commentatori storcono il naso davanti al termine femminicidio: certo, se ne potevano o possono trovare altri più aggraziati o pertinenti. Chiamiamolo pure come ci pare ma almeno affrontiamo il dramma per quello che è, senza far finta che non esista. Dietro le persiane chiuse delle case italiane si nasconde una sofferenza silenziosa e l’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica. Ma tanto si può ancora fare: ecco perché abbiamo voluto aggiungere anche le leggi e le pratiche virtuose che altrove, nel mondo, sono già state attuate con successo. Finché anche in Italia il tema non sarà al primo posto della famosa agenda di qualsiasi nuovo governo, le donne non si fermeranno e si faranno sentire con ogni mezzo. Mi auguro che Ferite a morte diventi uno di questi”-ha concluso l'autrice.
“Ferite a morte” é anche una pièce teatrale (scritta e diretta dalla Dandini) ed interpretata da Lella Costa, Orsetta de’Rossi, Giorgia Cardaci e Rita Peluso. L’iniziativa, voluta dall’Assessorato ai Diritti e alle Pari Opportunità della Regione Marche e dall’AMAT, in collaborazione con i due Comuni che la ospitano (Porto Sant’Elpidio il 27 presso il Teatro delle Api e Pesaro il 28 presso il teatro Rossini), si svolge in occasione della “Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne” che ricorre il 25 novembre. Una versione internazionale dello spettacolo (intitolata “Wounded to Death”), con sul palco la stessa Dandini, é andata in scena il 25 presso la sede delle Nazioni Unite a New York.
“Si deve molto lavorare per la prevenzione- ha commentato Lella Costa, una delle protagoniste- Per questo ha valore la scena, perché con l’ironia, con suggerimenti musicali, con moduli interpretativi diversi, creiamo momenti di condivisione su fatti che hanno toccato tutte noi. Qual è la donna che almeno una volta non ha sentito fragile il limite di una devozione esagerata, una protezione esasperata, una finta parità di intenti e obiettivi, una gelosia fuori controllo? Noi tocchiamo i dettagli, anche con tenerezza, perché tutti gli spettatori si portino a casa un pezzetto piccolo di una storia. Non c’è bisogno di affrontare direttamente la morte. Quella si legge alla fine, sul video con i nomi di tutte le donne uccise nel 2012, e ci si può fermare sulle date, gli anni delle vittime, gli autori dell’omicidio. “
Il pubblico è inchiodato alla poltrona fino alla fine ed ha tributato alle attrici lunghi e calorosi applausi.
“Gli uomini non si sentono aggrediti durante lo spettacolo ma in colpa sì. Qualche amico ha confessato di essere uscito a metà o di avere pianto -ha concluso la Costa-  Noi siamo chiare: pur ironizzando, la nostra certezza è che la violenza sulle donne sia un problema degli uomini. Si è cercato di dare una risposta alla tragedia con la legge sul femminicidio
, anche se “si poteva fare meglio”, ma ribadisco, “é inammissibile considerare il femminicidio come un problema di ordine pubblico: è una vera e propria patologia della relazione e come tale va affrontata e combattuta”.