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Sentiamo la necessità e l’urgenza di prendere posizione e di richiamare l’attenzione su quanto sta accadendo in Sicilia, in particolare sulle indagini che riguardano 72 compagnie, beneficiarie di contributi regionali per l’anno 2008, ma soprattutto sulle modalità spesso superficiali e odiose con cui diversi mezzi di stampa stanno diffondendo la notizia. Solo come esempio, citiamo un articolo apparso sul sito web dell’Espresso: «Dopo due anni di indagini la Guardia di Finanza di Palermo, che voleva effettuare una verifica dei contributi erogati negli anni, ha scoperto che era tutto falso: niente artisti di fama nazionale, nessuna rappresentazione, contraffatti i documenti, costi dichiarati ma mai sostenuti, contributi previdenziali non versati».(http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/02/11/news/sicilia-spettacoli-fantasma-la-truffa-da-due-milioni-di-euro-1.152608).

A fronte di questi articoli, alcuni dei quali successivamente oscurati nei siti web, ci chiediamo sgomenti se davvero l’intero sistema teatrale siciliano sia totalmente marcio, corrotto o se non sia il caso di procedere con maggiore prudenza, in attesa che la magistratura completi le proprie indagini. Controlli doverosi e che dovrebbero tutelare chi è nel giusto. Sentiamo il dovere civile e la responsabilità di interrogarci su quale sia il ruolo della stampa, perché così il teatro siciliano è a rischio, quello stesso teatro che noi critici recensiamo, premiamo, seguiamo, amiamo. Ci sembra quindi doveroso, come per altro richiede la nostra deontologia professionale di giornalisti, cercare di partire dalle fonti della notizia e ravvisare se, fermo restando l’assoluto rispetto per la magistratura e per gli organi inquirenti, dopo vi siano state ricostruzioni, non solo affrettate e superficiali, ma volutamente tendenziose.

Quindi, con ordine, cerchiamo di fare chiarezza, perché questo è il nostro mestiere. Dal verbale di conclusione delle indagini (in possesso di “quasi” tutte le compagnie indagate, mentre ad alcuni ad oggi non è stato notificato nulla) si evince che il numero delle compagnie accusate di falsi spettacoli sono solo tre o quattro. Per lo più compagnie amatoriali e piuttosto sconosciute. Facendo un breve report dei capi di imputazione, la maggior parte delle compagnie (tra le quali quelle di Emma Dante, di Scimone Sframeli, il Piccolo teatro di Catania, i Teatrialchemici, M’arte, solo per citare quelle più conosciute) risultano indagate solo per aver dichiarato una regolarità contributiva e previdenziale che di fatto, sembrerebbe non corrispondere alle notizie acquisite dagli organi inquirenti. A quanto ci viene riferito da gran parte degli  esterrefatti responsabili, le compagnie risultano indagate solo per aver dichiarato una regolarità contributiva e previdenziale che di fatto, sembrerebbe non corrispondere alle notizie acquisite dagli organi inquirenti, ed in qualche caso la  contestazione potrebbe riguardare   poche decine o centinaia di euro. In altre parole,  si arriverebbe al paradosso di  compagnie  indagate penalmente a causa dei contributi Enpals, o addirittura per i diritti Siae.

C’è da chiedersi allora, perché dalla ricostruzione di quasi tutti gli articoli e i servizi televisivi finora apparsi, scaturisca uno scenario apocalittico (e mortificante) di gravi truffe generalizzate ai danni della Regione Sicilia. Sembra che quasi che tutte le compagnie abbiano dichiarato il falso, che nessuno spettacolo sia mai stato realmente effettuato, tutti elementi che non esistono nel verbale emesso dalla magistratura, se non per pochissime realtà. Così stiamo assistendo inermi al linciaggio mediatico degli artisti più rappresentativi della Sicilia. Perché, anche volendo dare per buono il dato dell’organo che ha legittimamente svolto le indagini, cioè ammettendo che molte compagnie non fossero in regola con le posizioni contributive, e ravvisando in ciò magari delle responsabilità di tipo amministrativo, può davvero bastare questo per concludere che l’intero mondo del teatro siciliano è disonesto o marcio? Ci domandiamo ancora: non sarebbe stato più semplice invitare le compagnie a produrre la documentazione piuttosto che far montare questo scandalo dalle dimensioni paradossali?.

Ma ciò che ci chiama ancor più in causa come giornalisti e studiosi del settore è l’attacco, giustificato solo dall’ignoranza, che riguarda la legge di settore n.25 del 2007: “Una leggina ad hoc ”, “una legge cucita su misura per non scontentare nessuno”: con tali parole il già citato articolo, solo per dare un esempio, apostrofa pericolosamente una legge che tutti noi abbiamo strenuamente difeso come strumento di sviluppo del teatro al di fuori da logiche politiche, parassitarie, amicali o spartitorie. In conclusione, non crediamo che occorra prender posizioni premature riguardo alle indagini, ma certo occorre mettere in guardia le redazioni e i colleghi più distanti dal mondo teatrale dalle dannose generalizzazioni che rischiano di mettere in ginocchio e spegnere definitivamente compagnie e realtà sane ma economicamente fragili che andrebbero invece difese e tutelate. Ci sembra necessario sensibilizzare tempestivamente le redazioni affinché tale notizia venga posta in modo corretto. Abbiamo troppo a cuore il mondo del teatro per lasciare che venga dato in pasto ad un certo tipo di stampa. In fondo si tratta di difendere il teatro e, con esso, noi stessi.

Per l’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro:
Paolo Randazzo, Filippa Ilardo, Roberto Giambrone,
Carmelita Celi, Vincenza Di Vita, Giuseppe Condorelli, Gigi Giacobbe.