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Il Mercante di Venezia è una delle icone del teatro classico che ha ispirato diversi autori e registi a farne numerose riscritture e riadattamenti; Shylock –  personaggio ambiguo e carismatico (tanto da essere identificato il più delle volte con l’opera stessa) – ha particolarmente colpito Gareth Armstrong, attore, regista e drammaturgo Inglese che nel 1998 porta in scena un particolare monologo in cui, da solo, racconta il punto di vista di Shylock, una sorta di “incarnazione dell’esclusione” – motivo di tormento di questo ebreo – attraverso un gioco metateatrale, una sorta di “prestito” del personaggio chiamato in causa, strappato dal sacrale testo shakespeariano, per un desiderio/bisogno di riscatto nei confronti di questo personaggio emarginato, donandogli voce, vita e la possibilità di esprimersi e confrontarsi anche con il pubblico.
Ed è così che Shylock diventa teatro epico e comico allo stesso tempo: invita alla riflessione e lo fa attraverso il bizzarro personaggio di Tubal. Alla Città del Teatro di Cascina, Mauro Parrinello (attore della Compagnia Dei Demoni) propone la stessa operazione di Gareth, ovvero accetta la sfida del monologo e porta in scena Shylock (con alcune variazioni del testo, quasi tutte di esclusione, curate da Francesca Montanino) facendolo intervenire attraverso una voce off, perché al giovane regista siciliano piaceva l’idea dell’ascolto tra i due personaggi: Shylock e Tubal, che nel testo e nello spettacolo dell’autore britannico, vengono interpretati dallo stesso attore.
È Tubal che qui diventa il protagonista di una sorta di talk-show all’inglese, un personaggio di cui magari  molti non si ricorderanno, visto che nel dramma originale compare con solo otto battute ma che in questa performance si riprende quella rivincita, quell’ora di gloria (circa la durata dello spettacolo) che da tempo aspettava; un personaggio, insomma, che ha finalmente trovato il suo autore. Un Tubal che si presenta in scena timido e imbranato e al quale volutamente gli accadono imprevisti tecnici, come ad esempio la corrente che ad un certo punto va via per poi subito ritornare, lasciando un senso di sconcerto nel pubblico.
L’esilarante personaggio cerca di creare degli interrogativi e in un certo senso vuol dare un ripasso di storia sull’olocausto, affrontando queste amare tematiche con una scenografia quasi vuota: solo trentacinque scatole di cartone etichettate (oggetto simbolico della comunità ebraica: pegno per una vita nuova) di cui si servirà per l’intero spettacolo, un po’ aprendole e svelando gli aneddoti che queste contengono e un po’ spostandole dall’altra parte del palco, servendosi di esse per costruire lo spazio della sua “sentenza”. Nella pièce, Tubal diventa una sorta di alter-ego di Shylock, esprimendone il suo personale punto di vista; la registrazione del monologo dell’ “ebreo” con la voce di Federico Giani è accompagnata da una luce fredda e surreale quasi ad invocare attraverso una specie di “seduta spiritica” il personaggio apparentemente cattivo del Mercante. Secondo il punto di vista di scrive, il regista avrebbe potuto operare meglio verso la parte finale dello spettacolo e magari inventarsi un escamotage per rendere questo talk-show meno piatto visto la questione un po’ acre che affronta, ma è un pensiero molto soggettivo visto che il pubblico ha apprezzato, salutando Parrinello con un lungo e caloroso applauso.

Cascina, Città del Teatro, 3 aprile 2014