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In un laboratorio di falegnameria, misero e semivuoto, Bestia (Massimo Corvo), trascorre le sue giornate buie in preda a solitudine e disperazione. Assalito da dubbi e perplessità, è incapace di trovare una soluzione alternativa al destino amaro che lo attende. È consapevole che sta per commettere un gesto

abominevole, ma non ha scelta. Uno sguardo rapido all’orologio e via verso la condanna definitiva.
Bestia rapisce una giovane studentessa di medicina, attirandola con l’inganno. Fingendo un malore, sequestra Belva (Annabella Calabrese) e la rinchiude nel suo misero e sciatto laboratorio. La immobilizza, legandola a una sedia posta al centro della stanza. Pochi oggetti circondano la giovane: un bancone da lavoro, un materasso malridotto, un sassofono, qualche arnese da falegnameria e una o due sigarette.
La sensazione che Bestia voglia abusare della ragazza, svanisce quasi subito. Belva è tutt’altro che facile. Fin da subito pensiamo di esser di fronte a una vittima e un carnefice. Eppure, improvvisamente tutto è stravolto. Le nostre aspettative, colme di pathos e tensione, sono disattese. La scena si ribalta. Belva ha un carattere aggressivo, è logorroica, spesso indisponente. Belva manifesta una resistenza fisica e psicologica che spiazza e converte la scena. Bestia è confuso, spaventato.  Si palesa la natura docile di un uomo che in realtà è anch’egli vittima. Scopriamo due individui complessi, vittime di drammi familiari e soffocati da tormenti emotivi profondi.  Ecco che si rivelano e si raccontano. Comprendiamo la natura dei loro gesti, le origini delle loro condotte. Man mano che l’azione procede si susseguono scene ed episodi paradossali. L’atmosfera cupa e tetra svanisce per dare spazio alla dimensione del sogno. I due protagonisti, inizialmente agli antipodi, si rivelano molto vicini e instaurano una assurda intimità. Belva è una giovane donna che sta compiendo il salto verso l’età adulta, incarnazione del principio e della speranza. Bestia, porta con sé il peso degli anni, solitudine, fine e disperazione.  Due personaggi, apparentemente, in antitesi.
I due attori non lasciano margine di dubbio. Sono abilissimi a sostenere i personaggi e le loro mutevoli personalità, articolando le numerose e repentine sfumature. 
Sono molte le tematiche affrontate nell’opera, (cui è autore Massimo Corvo) che scava le profondità della psiche umana alle prese con le avversità della vita: la crescita personale dell’individuo costretto a fare i conti con una realtà meschina, inglobato nel circuito fallimentare di una società in degrado morale e sociale; la droga e la malattia, il sacrificio, l’abbandono, l’indifferenza; l’empatia come simbolo della rinascita individuale e collettiva; infine, la condivisione e la fiducia come rivalsa di una dimensione sociale in decadenza, come arma e soluzione.
La costruzione drammaturgica si rivela un’operazione delicata e rischiosa. L’opera è ricca di spunti notevoli che lasciano ampio spazio all’inventiva registica. Daniele Esposito vuole osare e lo fa bene. Il regista predilige sovvertire l’andamento naturale e iniziale del giallo teatrale. Esposito, valorizzando le traiettorie irreali presenti nel testo, costruisce una dimensione surreale. Se l’incipit è caratterizzato da silenzi, sentori, sottofondi sinistri, sottigliezze malinconiche, man mano che procede l’azione, assistiamo a un cambio di ritmo, non esclusivamente qualificabile grazie al mutare del registro musicale. È il cuore del dramma che si modifica al suo interno, consentendo in tal modo di penetrare più profondamente l’essenza della narrazione. Le scene, egregiamente sostenute dai due abili attori, mutano genere con estrema agilità. I motivi comici sfociano in performance musicali inattese, per ricondurci, nuovamente, alla realtà della vicenda. Il tutto senza bruschi tagli. La scena è costantemente fluida. Il risultato finale è denso e arricchito da accorta freschezza. È inequivocabile che, non un thriller, ma una fiaba sia il risultato finale inaspettato.

In scena fino al 27 aprile al Teatro dell'Orologio
LA BELVA E LA BESTIA
di Massimo Corvo in collaborazione con Daniele Esposito e Gabriele Galli
con Massimo Corvo e Annabella Calabrese
luci e fonica Emilio Caro
costumi Marika Argentini
scena Max Danni
aiuto regia Giulia Lusetti
regia Daniele Esposito