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Domenica 27 luglio dalla Venaria Reale al Castello di Rivoli, dopo che alle 11 negli spazi della caffetteria di Palazzo Reale a Torino è stato organizzato il consueto incontro con gli artisti. Visti dunque, dentro e fuori il Castello.
HELENA JONSDOTTIR Red Buses
Ancora verso e oltre il Nord della nostra geografia e della nostra fantasia, nel primo video del pomeriggio. La giovane artista islandese rimescola e miscela programmaticamente la prestazione coreutica con il video, così da filtrare e quasi allontanare i ritmi fisicamente palpitanti della prima con le naturali distanze del secondo, forse per disinnescare “ironicamente” una troppo rischiosa immersione nella propria e anche nella nostra sostanza psicologica. In effetti la ripresa video è usata per modificare in un certo senso l'estetica stessa della danza, avviando nuove forme di percezione artistica. Immersa nella solitudine prepotentemente dominata da un grigio paesaggio urbano, grigio come quelle terre e quel mare lontano, la protagonista sembra inseguire la sua stessa immagine nel tempo futuro e nello spazio presente, e così costruisce una narrazione poetica che ne vince quasi l'isolamento, fino a che, raggiunta, quell'immagine svanisce, forse finalmente incorporata in una identità condivisa e di nuovo ritrovata.

PONTUS LIDBERG The Rain
Coreografo dall'ampio e rigoroso retroterra artistico e tecnico, lo svedese Lidberg alterna invece le prestazioni in palco con il dance film, conservando però nella coreografia una purezza espressiva che va oltre il medium stesso. In questo video molto bello Lindberg e la sua compagnia riescono a fissare nell'immagine e nella luce la costruzione della relazione, che da fondamento estetico della danza si ribalta in fondamento psicologico della passione duale e del sentimento, declinati senza retorica moralista o sentimentalismo ipocrita, nelle sue innumerevoli e mutevoli articolazioni e nelle sue anche minime sfumature. La pioggia, più che il video stesso, è il medium principe di questo spettacolo, una pioggia incessante anche nel chiuso degli ambienti urbani e domestici, una pioggia che moltiplica come una onda il movimento dei danzatori e ne sfuma le rigidità enfatizzandone l'impatto emotivo. Meritatamente premiato per la bravura dei protagonisti e forse anche per la capacità di trasferire e moltiplicare l'emozione contingente della scena.

ILONA JANTI / LLMATILA Muualla
Primo spettacolo dal vivo del pomeriggio questo, di Circo Contemporaneo, della compagnia finlandese che associa Ilona Janti con Tuula Jeker. Uno spettacolo però in cui il film, qui un cartone originale per disegno e modalità di animazione, non è più contenitore bensì è interlocutore di una performance abilmente e icasticamente affidata ad una corda, corda che sostiene ed insieme slancia nello spazio guidata quasi dall'intuizione della protagonista. Metafora della semplicità del mutamento e della semplicità della percezione, dimenticati nella finta razionale maturità che viviamo, articola il corpo sospeso in un rapporto bidimensionale con l'immagine, che quasi ne assorbe la terza dimensione per farsi narrazione contingente priva forse di ambizioni metafisiche ma straordinariamente ricca di profondità da esplorare. Profondità abitate da immagini anche infantili, tra il naturalistico e l'immaginazione mitica dei giochi perduti, e che raramente visitiamo, altrove ed in altro tempo affaccendati. Spettacolo visivo all'insegna della naturalezza nel movimento circense ed in quello coreutico, arricchito da una mimica corporea oltre l'apparenza.

KUMULUS Silence encombrant
Ultimo spettacolo del secondo Week End del festival, questa performance di strada che è quanto di più vicino, pur senza parole come recita il titolo, ad una drammaturgia tradizionale. Lo è perché costruisce nei giardini del castello una narrazione dai tratti, se vogliamo ideologicamente, comuni con l'italiano Scarti visto venerdì, ma in cui la prevalenza dell'abbandono metafisico, molto più che psicologico, coinvolge con tratti effettivamente becketiani una umanità perduta, sembra, sin dalle origini ontologiche e dunque sin dalle sue radici psicologiche. Quasi una sociologia senza grandi speranze quella del gruppo fondato e sviluppato dal francese, nato in Senegal, Barthèlemy Bompard che ha fatto della strada la cifra estetica su cui fondere e rifondare le suggestioni di un lavoro sul corpo dai riferimenti prestigiosi. Il mondo come un container di rifiuti e tra questi una umanità dolente impegnata silenziosamente nell'inconcludente volontà di recuperare e ricostruire un contesto in cui riconoscersi oltre le maschere che l'avvolgono e la imprigionano. Neanche la nudità si salva dalla corruzione del finto come il costume che, nascondendola, la deturpa. Spettacolo intenso ma alla fine forse troppo indulgente con il proprio stesso, molto ragionato e razionale, pessimismo.

Il terzo e ultimo Week End di Festival a Corte attende lo spettatore dal 1 al 3 agosto e siamo sicuri sarà per lui altrettanto stimolante come lo è stato questo per noi.