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Al Teatro Linguaggicreativi si riflette sul lavoro andando avanti e indietro nel tempo... E’ un piccolo spazio, una casa-non casa: ti accolgono con un aperitivo, in una sala lettura, dove, mentre aspetti, leggi, lasci un libro, ne prendi un altro. Tu ingenuamente chiedi: “Bello questo luogo è nuovo?” E loro ti rispondono sorridendo: “No, siamo qui già da un bel po’: cinque anni!” E tu, critica attenta e scrupolosa, che dovresti conoscere la realtà teatrale della città in cui vivi, non ne sapevi nulla... Non male come inizio. Nei luoghi sconosciuti ai più, accadono meraviglie.
Il monologo CHI NON LAVORA NON ispirato al romanzo “E adesso, pover’uomo?” di Hans Fallada ha ricevuto la MENZIONE SPECIALE PREMIO INTERNAZIONALE “IL TEATRO NUDO DI TERESA POMODORO 2013” per la sensibilità e la poeticità con cui è trattato il tema. Il romanzo descrive narrativamente il fenomeno della proletarizzazione dei ceti medi, durante gli anni Trenta ma è drammaticamente attuale. Quanti giovani si trovano oggi nella medesima condizione del protagonista? Giovanni ha quarant’anni, ha comprato a rate una meravigliosa vasca da bagno per Ciuffetto, l’amatissima moglie. Ogni mese, per un anno, dovrà pagare un decimo del suo stipendio per estinguere le rate. Non ce la farà perché perde il lavoro; perde la casa; perde ogni punto di riferimento. La drammaturgia di Amedeo Romeo e Paolo Trotti racconta per voce sola il dramma del giovane impiegato con chiari riferimenti ai capitoli del romanzo di Fallada citati in forma didascalica. Hans Fallada, pseudonimo di Rudolf Wilhelm Friedrich Ditzen (Greifswald, 21 luglio 1893 – Berlino, 5 febbraio 1947) è uno fra gli autori di lingua tedesca più conosciuti del XX secolo. Le sue opere, tradotte in diverse lingue, hanno riguardato essenzialmente scritti a sfondo sociale. Alcuni dei suoi racconti sono stati pubblicati postumi. Fallada descrive con realismo e precisione una coppia giovane, onesta, lavoratrice e perbene in caduta libera verso la povertà. A poco a poco, Hans ed Emma Pinnenberg si ritrovano ad aver sempre meno fiducia e speranze nei confronti di questa Germania degli anni ’30. La crisi economica li travolge nella sua spirale infernale, finiranno a vivere in una capanna. La scrittura scenica di Romeo e Trotti va oltre, non si limita al romanzo prende a pugni la realtà. In una società in cui si possono contare circa venti milioni di disoccupati, in un paese dove la gioventù che esce dalle scuole si vede sbarrata ogni via e ogni speranza di occupazione proficua e duratura, la storia di questo giovane disoccupato diventa una storia emblematica. Il teatro paradigma di una condizione reale che ci riguarda da vicino, tutti. Amedeo Romeo, solo in scena, racconta il dolori di un uomo che osserva impotente il declino della propria vita e lo fa con delicatezza, mostrando, attraverso i toni, i gesti ben calibrati e misurati, tutti gli altri personaggi: la moglie Ciuffetto, il proprietario del negozio in cui lavora, i clienti, i colleghi, tutte figure immaginate che prendono forma sul palcoscenico grazie alle sue doti d’artista. Va avanti e indietro nel tempo, esce e poi rientra nelle pagine del libro e negli intermezzi racconta i fantasmi della nostra società contemporanea «di una società allo sbando, aggrappata alla futilità di un oggetto di lusso che, perduta la sua funzione, diviene simbolo del fallimento personale e di un modello di vita. Giovanni ci parla di noi, del nostro presente, delle nostre illusioni e del bisogno di ricostruirsi». La regia immerge il protagonista in una vasca da bagno: l’acqua che purifica, l’acqua da cui tutti veniamo, l’acqua, forza vitale della nostra terra, accompagna ogni sequenza. La drammaturgia riscrive il testo in forma ciclica, apre e conclude la narrazione con l’uso di un infinito sostantivato, un infinito che diventa soggetto, nucleo dell’azione scenica. Un infinito che esprime un dato di fatto, qualcosa che è già accaduto nella crisi economica degli anni ’30, qualcosa che si sta ripetendo oggi, inevitabilmente. Un infinito che non dà speranza. Quell’uomo, solo in scena, nella visione poetica della regia, ha l’acqua alla gola, come tanti giovani oggi.

Milano, Teatro Linguaggicreativi 30 Novembre 2014