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È l’esordio alla drammaturgia di Fulvio Pepe, giovane attore cresciuto alla Scuola di recitazione dello Stabile di Genova, questa produzione della Fondazione Teatro Due in scena, tra le Compagnie Ospiti, al teatro Duse di Genova dal 27 al 31 gennaio. Un esordio impegnativo che affronta il teatro nel suo impianto più classico, o se vogliamo più tradizionale, quello che sviluppa le sue narrazione nel fitto dialogo tra più personaggi, ciascuno impegnato ad equilibrarsi e definirsi in scena proprio attraverso la reciproca relazione.
Una “favola” moderna, ambientata appunto in un non definito piccolo luogo dell’Europa Centrale (come nelle migliori operette dell’ottocento), che sembra mutuare, più che dalle tendenze aspre e spesso solipsistiche del dramma novecentesco e post-novecentesco, dal cinema di Frank Capra con i suoi miracoli “domestici”, ivi compreso il finale positivo,

qui non scontato, un happy end costruito su progressivi “equivoci” e colpi di scena.
Così Gyula, il ragazzo diverso, l’handicappato con il dono dell’amore per la musica che in fondo è amore tout court, salva non solo la sua piccola comunità dall’incombente minaccia (la chiusura della segheria), ma soprattutto salva i suoi singoli componenti dalla personale e quasi scontata sconfitta psicologica ed esistenziale.
Un testo ed una messa in scena, quella curata come regista dallo stesso Fulvio Pepe, che consente allo spettacolo un esito nel complesso felice, pur con ancora qualche disomogeneità di struttura e di scrittura, peraltro abilmente recuperata con l’uso della comicità e della battuta, talora anche facile, che recupera prontamente attenzione ed interesse del pubblico.
In scena Ilaria Falini è Gyula, un ruolo difficile e faticoso che interpreta con efficacia, mentre la brava, ma non è una novità, Orietta Notari è la madre amorevole e protettiva. Attorno a loro le “maschere” di quel piccolo e ignoto borgo cui danno corpo Gianluca Gobbi (Bogdan), Enzo Paci (Adi), Alberto Astorri (Messi), Nanni Tormen (Yuri), Ivan Zerbinati (Viku), Alessia Bellotto (Nina), Pietro Bontempo (Maestro Jani), Laura Cleri (Tania), Massimiliano Sbarsi (il governatore); una compagnia, tra giovani e più esperti, di ottima resa.
Eccellente lo spazio scenico di Mario Fontanini che, insieme alle luci di Pasquale Mari, asseconda l’interessante idea registica della contemporaneità sulla stessa scena dei luoghi della narrazione mentre questa si sviluppa.
Molto ben accolta alla “prima” da un pubblico numeroso e alla fine entusiasta.