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Mito fondativo della Grecia Attica, e quindi dell'intero occidente, la narrazione di Teseo e del Minotauro è affrontata da Emanuele Conte e da Michela Lucenti, in questa loro terza collaborazione artistica, a partire dalla terra, in cui continua ad affondare le sue radici come nella nostra stessa essenziale identità, e con uno sguardo che definirei 'traverso', quasi in tralice, come a spiare non visti una intimità irrisolta. Non a caso, credo, la drammaturgia è intitolata ad un personaggio molto secondario del mito, a quel povero pastore Axto, testimone della blasfema unione carnale tra il Toro Bianco di Poseidone e la Regina Pasifae, nascosta nella vacca di legno di Dedalo, che generò il mostruoso Minotauro. Per questa blasfema testimonianza, quasi ne fosse partecipe, fu catturato e torturato per tre giorni fino a confessare ciò che tutti già sapevano. È dunque lui, l'incauto e inconsapevole Axto, il drammaturgo, che come lui diventa testimonio sofferente e che questa testimonianza agisce davanti

ai nostri occhi e ripete come un rito di espiazione.
Dunque questi narratori, oltre le stesse varianti che la tradizione ha imposto al mito, ci conducono dritti nell'antro dove il Minotauro è nascosto, qui e ora, nel labirinto che è un luogo mentale da percorrere continuamente per rintracciare quel mostro, violento e insieme incolpevole, che vogliamo nascondere perché la nostra casa e la nostra mente tornino ad essere ovvero diventino infine 'umane'.
Infatti Teseo, uno strano dittatore burattino portatore della nuova civiltà della ragione e soprattutto delle 'leggi', uccide il minotauro ma non può evitare di assorbirne il sangue, il sangue che ciclicamente riemerge nella violenza di società ingiuste.
Tutto questo possiamo leggere in questa drammaturgia intensa e profonda che mescola con sapienza parola e danza, gesto e suggestione della mente e che come eco percorre un palcoscenico agitato in una coreusi quasi dionisiaca , tra la tranche e la violenza di corpi che si scontrano e movimenti che si miscelano fino a ripristinare una paradossale armonia.
Così quella violenza, come un rito quotidiano che le musiche ritmicamente enfatizzano a volte fino al parossismo, la possiamo leggere all'interno di un appartamento che consuma riparato o imprigionato nelle sue mura storie di nascosta sofferenza.
E a quella casa, Emanuele Conte e Michela Lucenti, ci conducono solo dopo un transito nelle profondità inconsce della mente, profondità che veramente abitano le suggestioni dei sotterranei di ogni teatro, di questo teatro che attraversiamo ciascuno accompagnato da incubi singolari ma condivisi prima di accedere alla platea materiale e a quella della nostra riflessione.
Uno spettacolo riuscito che miscela con padronanza il testo di Emanuele Conte, ben portato sulla scena dai bravi Lisa Galantini e Enrico Casale, con le coreografie di Michela Lucenti, dalla forza talora provocatoria, che lei stessa e i ballerini di Teatro Civile interpretano con straordinaria intensità corroborata dall'indubbia e ormai matura tecnica.
Uno spettacolo agito tra rimorso e ribellione, tra espiazione e future vendette, solo suggerite se vogliamo, tra l'abbandono di Arianna su un isola e la tragedia della sorella Fedra quando va sposa a Teseo ormai re di Atene
La regia a quattro mani sa dunque coniugare e armonizzare gli spazi della parola e dello sguardo, gli spazi cioè della più intima elaborazione, con quelli della danza che, con il suo ritmico modulare lo spazio, porta alla luce, come la schiuma del mare, le più nascoste profondità del nostra spirito, prima che acquisiscano la parola ma così consentendogli di acquisire quella parola, il nome che li definisce come avrebbe scritto Walter Benjamin. A favorire tutto ciò il bell'impianto scenico curato dallo stesso Emanuele Conte.
In scena come detto gli attori Lisa Galantini e Enrico Casale, con i ballerini Michela Lucenti, Maurizio Camilli, Emanuela Serra, Filippo Porro, Alessandro Pallecchi, Simone Zambelli, Aristide Rontini. Bravi anche i performer che ci hanno accompagnato nel labirinto: Attilio Caffarena, Pietro Fabbri, Francesco Gabrielli, Luca Hardonk, Gianluca Pezzino, Arabella Scalisi.
Ma tutto l'ènsemble è stato all'altezza dalle luci di Andrea Torazza, ai costumi di Daniela De Blasio, dalle rielaborazioni musicali di Massimo Calcagno alla collaborazione al testo di Elisa D'andrea e Luigi Ferrando. Assistenti alla regia Alessio Aronne, Natalia Vallebona, Ambra Chiarello.
Una produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, Balletto Civile e Artisti In Piazza - Pennabilli Festival, nel cui ambito ha esordito nell'estate.
Un esordio atteso e molto partecipato con tanti e meritati applausi.