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C’è un importante segmento della cultura letteraria italiana che da sempre si sofferma a riflettere sulla vita delle periferie urbane, delle borgate, dei grandi quartieri delle città esplose demograficamente e urbanisticamente nel novecento e soprattutto nel secondo dopoguerra. È un filone di ricerca, di elaborazione letteraria e di rispecchiamento artistico molto frequentato da scrittori e poeti e che poi, naturalmente, è tracimato nel cinema, nella canzone d’autore, nel teatro. Basta fare il nome di Pasolini e ricordarsi della sua passione per le borgate di Roma per capire la potenza, la fecondità e la profondità (anche diacronica) di questo filone d’ispirazione. Così vien fatto di pensare in relazione ad “Asia”, spettacolo costruito sul bel testo omonimo che l’autore, il medico e scrittore Antonio Ciravolo, ha pubblicato e poi ha voluto realizzare per la scena insieme con l’attrice catanese Tiziana Giletto. Uno spettacolo necessario, che sorprende per l’elegante, ruvida semplicità e per la

profondità con cui racconta una storia di vita, una storia densa di umanità smarrita, eppure autentica e generosa. Un’umanità proletaria, disgregata, declinata senza mediazioni secondo gli assi principali di questa realtà: amore, morte, dolore, solidarietà.  Lo spettacolo è andato in scena a Valverde, in provincia di Catania, la sera di sabato 22 giugno, in un interessante spazio scenico ricavato nel bel mezzo di un roseto nello spazio multidisciplinare “Dendron” (teatro di paglia e molto altro) diretto dall’artista Valerio Valino. Tiziana Giletto, pur essendo un’attrice catanese a tutto tondo, propone la narrazione in prima persona in un tagliente romanesco che, se non convince sempre del tutto, tuttavia colpisce per i toni di verità e l’intensità poetica di cui è intessuto. Chi è Asia? Asia è una bambina/ragazza/donna di una qualsiasi, disastrata borgata romana venuta su in fretta e senza famiglia che attraversa un intero calvario di ferite: le gravidanze, la figlia ceduta, i lavori massacranti e irregolari, la discoteca, la promiscuità, l’amicizia viscerale e disperata, vissuta quasi coniugalmente col Frollo un omosessuale (un frocio) che l’accoglie a casa sua e le vuol bene senza riserve, la tossicodipendenza, un matrimonio senza amore e fallito per viltà, la malattia mortale, la solitudine. Ferite che l’hanno indurita ma resa capace di verità, l’hanno resa capace di riconoscere e testimoniare il valore della vita che va vissuta comunque all’insegna di amore e speranza.

Foto Valerio Valino