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Alla quarta replica dello spettacolo “Caligola” di Camus, allestito al teatro comunale di Cilavegna, paesino famoso per i suoi asparagi bianchi tra Vigevano e Novara, ci sono diciotto attori in scena e cinque spettatori. Il padre e la madre di una ragazzina che non si fidavano a farla venire in auto con noi. Due amici ed uno spettatore sconosciuto. A metà del secondo atto, come dalla seconda replica in poi, in sala entrano una decina di anziani della bocciofila adiacente per vedere un’attrice che si spoglia in scena. Terminata la scena se ne ritornano a giocare a bocce. Noi, terminato lo spettacolo, andiamo in pizzeria. A cena non parliamo dello spettacolo, ma dell’imminente 25 aprile. A Milano si prevede una manifestazione con più di un milione di persone. È la risposta di piazza che la sinistra, sconfitta alle elezioni, intende dare al primo governo Berlusconi, sostenuto dagli ex fascisti e dalla Lega Nord. Di sicuro tra quel milione di persone ci saremo anche noi. Ma l’essere alla manifestazione di Milano non basta a contenere il nostro desiderio di partecipazione. Ci piacerebbe essere presenti al mattino nelle manifestazioni programmate dal Comune di Vigevano. Ma mancano solo quattro

giorni e sono già stati affissi in città i manifesti del programma. “Potremmo proporci come fuori programma?” dice Beppe, un giovanissimo attore che non demorde mai.
“Figurati se il Sindaco ci darà l’autorizzazione” gli risponde Liborio, un attore anziano che alla domanda “Vedi la bottiglia mezza piena o mezza vuota” risponderebbe “perché c’è una bottiglia?”. Il suo pessimismo si fonda sempre su validissime e inconfutabili ragioni. “Il Sindaco è della Lega. Non ci darà mai l’autorizzazione”.
“Potremmo recitare delle poesie” dice Laura, un’attrice anziana, malata di cancro che, ogni qual volta Liborio manifesta il suo congenito pessimismo, reagisce con il suo congenito ottimismo proponendo soluzioni che non vengono mai accettate. “Sai che tristezza, le dico. No, ci vorrebbe qualcosa che avesse un impatto forte”.
“Del tipo?” mi chiede Beppe.
Gli descrivo un’azione scenica inventata dagli attori del Living che vidi fare a degli studenti universitari di Urbino. Arrivavano uno alla volta in piazza e si gettavano a terra, uno sopra l’altro così da formare una catasta di morti che ricordava quella degli ebrei nei campi di concentramento. “Se riuscissimo a coinvolgere anche gli iscritti al corso di recitazione, avremmo un numero adeguato di persone per prepararla”.
“Dovevamo pensarci prima” dice Liborio.
Il che è vero. Torno a casa. Scrivo una richiesta al Sindaco per poter rappresentare una performance teatrale a conclusione delle manifestazioni programmate al mattino in città per l’anniversario del 25 aprile e, il giorno dopo, vado a consegnarla alla sua segretaria. Il Sindaco, che oltre a essere Sindaco di Vigevano è anche uno dei massimi esperti italiani di ufologia, mi riceve di pomeriggio. Fissandomi negli occhi e parlando a bassa voce dice “Faccia la sua performance sul ponte di Monstar, ma non voglio assolutamente, assolutamente dico che ci sia niente di politico”. Lo rassicuro. Non ci sarà niente di politico. Si tratta solo di una performance teatrale per il 25 aprile dedicata al ponte di Monstar che è stato minato e fatto esplodere durante la guerra nei Balcani. Sì perché nella richiesta ho scritto che la nostra performance rappresenterà la distruzione del ponte di Monstar in Serbia e sarà dedicata a tutti i popoli che auspicano ad un proprio 25 aprile, omettendo che la nostra presenza vuole essere una testimonianza in difesa della storia e dei valori fondanti della Liberazione che sentiamo minacciati, come molti in Italia, da chi ci governa.
      “Come è possibile che ci abbia autorizzato?” mi chiede sconcertato Liborio. Non so perché il Sindaco ci abbia autorizzati ma ci ha autorizzati. Telefono eccitato a tutti gli attori della compagnia e ai partecipanti al corso di recitazione. Spiego il progetto e convoco le prove per la sera. Vengono tutti. Anche chi ha votato Berlusconi, Lega e gli ex Fascisti. Stabiliamo che si entrerà in piazza uno alla volta recitando una frase tratta da poesie di Ungaretti, Montale, Pasolini, Butitta, Moscato e altri poeti italiani. Giunti al centro della piazza, si getteranno a terra a peso morto uno sopra l’altro. Iniziamo a provare. L’azione scenica è molto più complessa di come me l’ero immaginata. È difficile cadere a peso morto addosso agli altri senza farsi male. Poi la maggior parte delle persone coinvolte sono alla loro prima rappresentazione teatrale o attori amatoriali. C’è chi si imbarazza ad avere persone sopra o sotto di sé e gli scappa da ridere. Ad alcuni vengono attacchi di tosse. Ad altri di prurito. Non sembrano morti, ma zombi nell’atto del risveglio. Proviamo e riproviamo. Terminiamo le prove quando a Giacomo, un uomo di quarant’anni, scappa una scoreggia mentre sta facendo il morto. Tutti si alzano tra le risate e l’indignazione. “Che dovevo fare? Non sono riuscito a trattenerla”. Giacomo, quando è in scena, soffre di aerofagia. In ogni spettacolo, appena mette piede sul palco, lancia silenziosi petardi che rendono l’aria irrespirabile.
Il giorno dopo invio il collage poetico che reciteremo insieme ad una breve descrizione della performance al quotidiano “La provincia pavese”. Li esorto a pubblicare testo e notizia, così da pubblicizzare la nostra azione di cui nessuno in città sa nulla. Il quotidiano accoglie la mia esortazione e il 25 aprile pubblica per intero il testo della nostra azione scenica. Alle otto del mattino ricevo una telefonata dalla segreteria del sindaco. “Il signor Sindaco la vuole immediatamente nel suo ufficio”. Alle otto e trenta sono da lui. Ha sulla scrivania una copia della Provincia Pavese. “Lei mi aveva assicurato che avrebbe fatto una performance mentre leggo dal giornale che vi è un testo”. Lo rassicuro che non si tratta di un testo politico, ma frasi di poeti italiani. Basta leggerle. Niente di politico “Lei mi aveva parlato del ponte di Monstar”.  Ed è vero. È a quel ponte che dedichiamo la performance. Il Sindaco insiste. “Io non pensavo che ci fosse un testo, lei non me lo ha detto. Io credevo che non si parlasse”.
“Sindaco, mi deve scusare. Ho dato per implicito qualcosa che probabilmente non lo è e cioè che a teatro gli attori parlano e di solito recitano un testo e non ho ritenuto di doverlo specificarlo. Ma lo legga. Sono frasi di Ungaretti, di Montale e non di leader partitici. E poi, ora che la notizia è stata data dal giornale, se venisse censurata allora sì che diventerebbe uno spiacevole evento politico”.
Il sindaco non legge e con tono minaccioso dice “Speriamo che vada tutto bene”. Condivido. Speriamo che vada tutto bene.
Alle nove ci ritroviamo nel cortile del Municipio insieme a tutte le delegazioni. Le delegazioni vanno a posare le corone sulle lapidi e poi in corteo si dirigono verso la Chiesa di San Pietro Martire dove sarà recitata una messa. Poi si sposteranno nel cortile del Castello per posare una corona di fiori davanti alla lapide di Giuseppe Leone, impiegato antifascista ucciso dai tedeschi. E infine arriveranno in Piazza Ducale per i discorsi dei rappresentanti dell’ANPI e del Sindaco. Noi non seguiamo il corteo. Andiamo in Piazza per prepararci. Gli attori sono agitati. Una ragazza, alla sua prima esperienza teatrale, ha preso un Tavor. Poi le veniva da dormire e allora per stare sveglia ha preso otto caffè. Adesso trema e sbadiglia.
Alle undici, come previsto dal programma della mattinata, il corteo arriva in piazza Ducale accompagnato dalla banda. Iniziano i comizi. Con l’inizio dei comizi inizia a piovere. I presenti, un centinaio di persone, aprono gli ombrelli. Noi distribuiamo dei volantini in cui pubblicizziamo la nostra imminente performance. Dopo i discorsi dei rappresentanti dell’ANPI, inizia a parlare il Sindaco. Dopo tocca a noi. Ognuno attore va a posizionarsi dietro una colonna della piazza. “Qualsiasi cosa accada, non vi fermate e andate avanti” dico a tutti. Poi chiedo a Luca, che sarà il primo a entrare in piazza, di partire sugli applausi che di rito ci saranno dopo il discorso del sindaco perché sta piovendo e se lasciamo trascorrere del tempo tra la fine del comizio e l’inizio della nostra performance si corre il rischio che la gente vada via.
Il Sindaco termina il comizio. Luca entra in piazza mentre il pubblico sta ancora applaudendo al discorso del Sindaco. Deve urlare una frase di Pasolini “Dove sono le armi, io non conosco che quelle della mia ragione”. Ma Luca è al suo primo spettacolo. La tensione gli brucia la memoria e urla solo “Dove sono le armi”. Due carabinieri gli si avvicinano. “Si calmi c’è un comizio in atto”. Ma Luca è al suo primo spettacolo. Ha avuto come consegna di andare avanti senza fermarsi, qualsiasi cosa accada e procede urlando ancora più forte “Dove sono le armi”. I carabinieri gli intimano di zittirsi. Luca urla ancora “Dove sono le armi”. I carabinieri lo arrestano e lo fanno salire in auto. Corro in suo soccorso. “È una performance” provo agitato a spiegare. I carabinieri sono intenzionati ad arrestare anche me. Urlo a tutti gli attori di uscire da dietro le colonne. Trenta disperati entrano in piazza urlando, facendo azioni prive di senso realistico e indossando abiti altrettanto surreali. I carabinieri restano sconcertati. Io ne approfitto per urlare al sindaco, rimasto impietrito sul palco, “Sindaco è la performance”. Il sindaco in stato di trance va al microfono e scandisce come un annunciatore “È una performance. È una performance state calmi”. Ma i carabinieri sembrano ignorare il significato di questa parola straniera. Gliela traduco. È uno spettacolo teatrale. “Quale spettacolo?” mi chiede un graduato. “Questo” e gli do il volantino. Il maresciallo ormai ha capito. Liberano Luca che appena scende dall’auto dei carabinieri riprende a urlare “Dove sono le armi”. Il maresciallo ordina a due appuntati di scortarlo. Luca arriva al centro della piazza e si getta a terra a peso morto in una pozzanghera. A quel punto i carabinieri girano le spalle e vanno via.  Parte un forte applauso. Dai bar della piazza sono usciti tutti. Anche i camerieri. Ci saranno più di 500 persone. La performance continua tra scatti fotografici e pubblico eccitato. La catasta di morti si muove come nelle prove perché la ragazza che ha preso Tavor e caffè proprio non riesce a stare ferma e Giacomo è un petardo in piena evoluzione. Ma non è un problema. Tutti stanno comprendendo quello che sta accadendo.

Per gentile concessione di Teatroincontro coop. sociale.