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Nessuno si sarebbe aspettato una stagione di esordio del nuovo direttore del Teatro Nazionale di Genova così complicata e piena di ostacoli, per i motivi che tutti noi abbiamo purtroppo imparato a conoscere. Eppure, nonostante la pandemia, Davide Livermore ha voluto fortemente, quasi con testardaggine, confermare alcuni punti fermi, alcuni snodi significativi del suo progetto complessivo che, e non per sua colpa, fatica ancora a dispiegarsi. Uno di questi è il premio Ivo Chiesa dedicato al molto genovese fondatore dello Stabile e suo direttore per 45 anni, fino a poco prima della sua morte, nel 2003 ad 83 anni per la gran parte dedicati al teatro e al teatro della sua città in particolare. Così, nel centenario della sua nascita, oltre ad avere con il suo nome ribattezzato il teatro della Corte e ad

avergli dedicato l'intera, purtroppo falcidiata, stagione 2020/2021, si sono dati i natali a questo nuovo premio, presentato in una conferenza stampa, divisa tra presenza e collegamenti esterni, giovedì 17 dicembre.
Un premio che vuole essere una testimonianza del passato, per non dimenticarci, come purtroppo spesso accade, di un uomo di grande qualità che molto si è speso, ed insieme uno stimolo nuovo per un presente così difficile e per un futuro che si vuole ricco di aspettative.
Mentre i presenti ascoltavano, infatti, si susseguivano sullo schermo le immagini di passate stagioni, di incontri straordinari e di innovazioni che hanno portato lo Stabile Genovese, insieme e al pari del Piccolo di Milano, alla ribalta internazionale, tra gli altri, degli Arthur Miller, di Simone de Beauvaire e Jean Paul Sartre, delle grandi tourneè di una compagnia che Ivo Chiesa ha voluto e ideato come gruppo stabilmente creativo, un teatro di repertorio nella migliore tradizione europea e capace di incidere con efficacia nel panorama italiano.
Un premio nuovo dunque, in un panorama occupato da molte iniziative del genere, forse troppe, ma in grado di crearsi uno spazio importante per l'ampia articolazione della sua specifica visione, che va a riguardare tutti gli aspetti del teatro, dalla recitazione alla regia, dall'arte all'artigianato scenico, dalla critica all'accademia, e che comprende tutti i linguaggi del palcoscenico, dalla prosa alla lirica e alla danza.
Ben dieci sezioni, tra cui una (il Premio Città di Genova) intitolata ad un altro importante figlio di quella stagione, Carlo Repetti, recentemente scomparso, che fu il successore di Ivo Chiesa e direttore dal 2000 al 2014. Di ognuna sono state presentate ieri le tradizionali terne dei finalisti, tra le quali la giuria presieduta da Marco Sciaccaluga sceglierà i vincitori che saranno premiati il 22 dicembre sul palcoscenico dell'Ivo Chiesa, appunto.
Non è stata, però, solo una occasione quella di oggi, l'incontro ha consentito anche lo sviluppo di un dibattito tra gli intervenuti, alcuni in presenza come il presidente Alessandro Giglio, il segretario del premio Andrea Porcheddu e l'assessore regionale Ilaria Cavo, altri in collegamento come il direttore Davide Livermore ed il suo predecessore Angelo Pastore.
Tra gli interventi più interessanti quello del sovraintendente del lirico Carlo Felice, Claudio Orazi, che ha sottolineato come il premio possa e voglia essere di monito anche ad una politica lontana, che dovrebbe invece trattare il teatro e la cultura al pari di altri settori essenziali della Società, dalla sanità, alla economia e al commercio.
Rimandiamo per quanto riguarda i nomi dei giurati e soprattutto quello dei trenta finalisti ai comunicati stampa e alla serata del 22, che sarà diffusa sulla pagina facebook del Teatro Nazionale di Genova, per conoscere i vincitori.

Foto Giuliana Traverso