Pin It

Lunaria Teatro è una compagnia genovese, piccola ma che ha saputo nel tempo costruirsi una identità coerente andando oltre l'occasionalità. Il suo cartellone ha portato in città nomi di pregio, spesso dimenticati dai grandi circuiti, mentre le sue produzioni hanno puntato e puntano tuttora ad una qualità recitativa di livello che sappia sottolineare e valorizzare il testo drammaturgico, appunto, nella sua dimensione scenica.
Era questo il momento e il tempo della sua stagione invernale, quasi specularmente contrapposta a quella estiva all'aperto in piazzetta San Matteo, una stagione invernale da qualche anno ospitata nel piccolo Teatro Emiliani nell'estremo levante della città. Ovviamente l'emergenza sanitaria che ci percorre ha costretto gli organizzatori e la direttrice artistica Daniela Ardini ad un ripensamento complessivo, però in

controtendenza rispetto al consueto. In effetti Lunaria ha deciso di organizzare la stagione comunque, predisponendo gli spettacoli, previsti o prodotti direttamente, sul Palcoscenico del Teatro Emiliani, senza dunque modificare la struttura estetica e narrativa di una rappresentazione che sarà senza pubblico in sala finchè la normativa lo impedirà, ma che è già pronta ad accogliere gli spettatori appena si potrà.
Nel frattempo si rivolgerà ad una platea virtuale, in streaming gratuito su dverse piattaforme social, ai tradizionali orari peraltro, così da consolidare anche virtualmente la sensazione, anzi la convinzione, che il Teatro stia continuando nonostante la chiusura dei teatri, persistente e ormai anche poco comprensibile.
Un modo per non snaturare la propria visione, preservando del teatro l'estetica essenziale, che è fatta in particolare dell'idea di 'presenza', un modo da una parte, come detto, fuori dall'attuale tendenza ma che, insieme, ricorda una fase della nostra giovinezza, quando la RAI riprendeva in palcoscenico e trasmetteva tante pièces di teatro classico o contemporaneo.
Del resto Daniela Ardini ha mostrato di ben conoscere e di saper ben padroneggiare i diversi media incontrati e praticati nel corso della sua formazione e della sua esperienza artistica.
Un cartellone anche quest'anno equilibratamente suddiviso tra musica e drammaturgia che è partito oggi e si concluderà il prossimo 9 maggio, quando ci auguriamo saremo più liberi.
Si comincia con un omaggio ad Annibale Ruccello, drammaturgo napoletano di grandissimo spessore, uno spessore inusuale e che manca al teatro italiano ora che è prematuramente scomparso. Quattro atti unici sotto un unico titolo, un titolo che richiama il mondo periferico di Ruccello, fatto di vie psicologiche e affettive poco percorse perchè difficili, complicate e dolorose.
Nei primi due quadri, andati in scena il 31 gennaio, vediamo il dramma di vite di confine, al bordo tra resistenza e fragilità, sempre sul punto di spezzarsi eppure quasi approdate per inerzia ad un equilibrio instabile ma robusto.
Una mamma che racconta strane storie, fiabe nere che ci ricordano i cunti di Giovanbattista Basile, così ben delineati da Garrone nel suo celebre film, ed, a seguire, una vergine madre ipnoticamente proiettata su una vita abbandonata in un asilo sconosciuto, a metà tra il convento e il manicomio, una Madonna persa in un incubo psicotico tra consapevolezza e voglia di abbandonarsi al sogno. Storie che mescolano, nella sapienza della scrittura di Annibale Ruccelo, il comico e il tragico, che sanno trarre, l'uno dall'altro, il senso di vite appunto marginali ma emblematiche e quasi paradigmatiche della (nostra) condizione umana.
La messa in scena, coordinata da Daniela Ardini, sceglie una ambientazione senza tempo, un luogo di transito, quasi il pianerottolo di una vita che ci è data in prestito e da cui entriamo e usciamo senza volontà.
Anna Nicora è le due mamme, caratterizzate con pochi tratti ma forse anche con poche sfumature. Bene Michele Nasciuti che ha curato le scelte musicale e l'ambiente sonoro. Di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza la scena, spoglia ed evocativa. Il prossimo 14 febbraio gli altri due atti unici.