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È una scelta insieme condivisibile ed efficace, 'nobile' appunto, quella di Sergio Maifredi e di Tullio Solenghi di riproporre nell'immediatezza delle riaperture post-pandemia la risata, il comico, come filo rosso mai spezzato della vitalità del teatro, in tutte le forme ed i linguaggi che ha assunto e attraverso i quali si è espresso nei secoli. In effetti quel filo rosso affonda le sue radici nell'origine stessa del mondo drammatico, e che il testo fondativo della risata, la aristotelica “Commedia”, sia andato perduto, ci ricorda Solenghi facendo rimando al “Nome della Rosa” di Umberto Eco, è significativo e, forse, del tutto non casuale. La scelta è compiuta in forma di monologo per riscostruire il meglio e il prima possibile il rapporto spezzato, o che rischiava di spezzarsi, tra l'umano in scena e l'umano nel buio della platea, tra l'attore portavoce della parola e il pubblico che quella parola deve accogliere e maturare. Un veloce excursus che da Aristofane conduce fino a Paolo Villaggio, genovese come il protagonista e il regista, offre l'occasione dunque per

riaprire un dialogo che vuole e riesce ad essere antagonista nella sua ricerca di sincerità in un mondo rigido e ipocrita che si alimenta di noi, la sincerità che smaschera come il fool shakespeariano.
Le sale ancora limitate dal distanziamento e le mascherine che obbligano e nascondono la risata, segnata dalle lacrime insopprimibili, che vorrebbe liberarsi pienamente, sono ancora un limite che forse pesa sugli uomini e le donne della scena.
Ma nonostante questo l'emozione a stento celata, pur con la sua esperienza e la sua abitudine alla più diverse ribalte non solo teatrali, da Tullio Solenghi segnava l'importanza di questo rinnovato inizio che speriamo senza pause o paure.
Uno spettacolo che è cresciuto man mano, mescolando storia, cronaca e un po' di biografia a rendere sapido un legame, anche quello tra l'attore e la sua città, che non si è mai spezzato in fondo. Una prova d'attore importante e difficile come solo il comico impone.
Una produzione Teatro Pubblico Ligure per la regia di Sergio Maifredi. In scena come detto un  emozionato Tullio Solenghi che qui sappiamo ha cominciato il suo viaggio.
Ospite del Teatro Nazionale di Genova, al teatro Eleonora Duse dall'1 al 6 giugno. L'accoglienza è stata infine calorosa.

Foto Giovanna Cavallo