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Uno spettacolo anomalo per un processo creativo ribaltato, in cui l'unità espressiva e la coerenza estetica non sono una consueta premessa ma bensì sono un obiettivo, e un obiettivo non facile e faticoso.
È il settimo anno che un gruppo di artisti si riunisce in residenza nella Villa Salina Malpighi di Castel Maggiore, nella bassa bolognese, per condividere prima ed elaborare poi uno spettacolo che tragga dalle singole, sempre diverse e talora contrastanti, esperienze un filo condiviso con cui costruire la trama di una narrazione, di una drammaturgia da portare alla prova, quasi alla legittimazione direi, del pubblico.
Tutto ciò senza una regia, senza cioè una direzione organizzata gerarchicamente che ne abbia fissato i confini ed i contorni, quasi un quadro a più mani in cui però, alla fine, le singole pennellate non si

distinguano più, nell'esito creativo, le une dalle altre. Sette gli autori di quest'anno, ciascuno dei quali con diverse origini e diverse evoluzioni nel mondo del teatro, accomunati però dal comune principiare sulle assi del palcoscenico come attori, per poi evolversi ciascuno, chi verso la scrittura, chi verso la regia, chi verso la consapevole conferma di quella iniziale ed esclusiva vocazione.
Per due settimane, Maurizio Cardillo, Fabrizio Croci, Oscar De Summa, Angela Malfitano, Marco Manchisi, Francesca Mazza, Gino Paccagnella si sono confrontati e scontrati, hanno portato idee e suggerimenti, hanno colto dalla loro memoria artistica i segni di una adesione e di un discepolato talvolta condiviso. Da tutto questo hanno saputo trarre una trama drammaturgica man mano costruita sulla sottrazione, quasi decantando ciò che univa da ciò che poteva dividere, per fare dell'esito scenico un patrimonio in cui riconoscersi tutti e non riconoscere nessuno.
Il primo segno di un tale lavoro è inanzitutto, io credo, l'umiltà, qualità anche nel nostro mondo un po' bistrattata, ma che è la virtù che ci rende capaci di riconoscere noi stessi anche nell'altro, unico modo per condividere il mondo e la realtà. Ho detto un lavoro difficile, anche in questo ma anche capace di moltiplicare le suggestioni.
Dunque sette protagonisti per sette diversi gruppi di spettatori, ciascuno con il nome di un animale, filtrati all'ingresso, quasi una preventiva purificazione in una stanza chiusa, per poi condividere, nello spazio aperto di un peripezia comune tra villa e boschi limitrofi, quella comune creazione, in cui ciascuno esprimeva e ciascuno riconosceva un tratto della nostra vita nel presente, nel dopo ciò che è successo, “la vita nuova” appunto, suggestioni dantesche comprese.
In questa trama sottile ma robustissima sono stati intercettati i luoghi di questa età complessa, dalla famiglia che si trasforma in minaccia, al lavoro precario, all'ambiente e alla natura metaforizzata nelle maschere degli animali che avevano 'battezzato' i vari gruppi di spettatori.
E poi l'improvviso sprofondare nell'oscurità dell'ansia, che il contagio alimenta, e che trova nelle parole di Eliot e nella suggestioni del cuore di tenebra di Conrad, la sua efficace espressione:
«Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia...»
La suggestione delle parole poetiche dunque e di quelle filosofiche, il pensiero incoercibile come segno della irriducibilità della essenza e libertà dell'uomo, sono state le protagoniste di uno sguardo paradossalmente molto concreto sul presente, interpretato proprio alla luce di quelle parole, di quei frammenti da Andrej Tarkovskij, Chandra Livia Candiani, Werner Herzog, Eugène Ionesco, Dennis Kelly, Mark Ravenhill, Milan Kundera, Carlo Rovelli, Federico Fellini, Hans Magnus Enzensberger, Filelfo e Charles Simic.
Uno spettacolo interessante che ha saputo dare pienamente conto della fatica e dell'umiltà che hanno contribuito a crearlo.
Una progetto speciale della associazione “Tra un atto e l'altro”, nell'ambito di “Tutto il mondo è teatro”. di e con Maurizio Cardillo, Fabrizio Croci, Oscar De Summa, Angela Malfitano, Marco Manchisi, Francesca Mazza, Gino Paccagnella.
Coordinamento e cura Claudia Manfredi, assistenza e realizzazione maschere Cristina Carbone, assistenza tecnica Paolo Falasca, teaser e docufilm Teo Rinaldi, grafica Alberto Sarti, ufficio stampa PEPITApuntoCOM. Con il sostegno di Unione Reno Galliera, Città di Castel Maggiore, Regione Emilia Romagna.
Dal 20 al 25 luglio a Villa Salina Malpighi. Molti gli applausi.