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Element-Z è uno spettacolo ibrido, intrecciato fitto di musica, canto, danza, teatro. Element-Z è lo spettacolo che “La compagnia Multietnica del progetto Amunì” (laboratorio per la formazione ai mestieri dello spettacolo rivolto a richiedenti asilo, rifugiati e italiani di seconda generazione e creatura di Babel Crew, l’ensemble guidato da Peppe Provinzano), ha costruito come terzo step di questo progetto. Element-Z è uno spettacolo performativo che, attraversando con partecipe attenzione parole, gesti, canti, racconti e vissuto di una quindicina di giovani della “generazione zeta”, riflette in modo non superficiale su questa realtà umana e, col massimo dell’autenticità possibile, prova esprimerla (già visibilmente nel livello della formalizzazione dell’insieme magmatico dei materiali creativi) e/a relazionarsi col pubblico. In scena ci sono Naomi Adeniji, Hamissou Alidou, Ibrahim Ba, Priyanka Datta, Bandiougou Diawara, Alexsia Edman, Julia Jedlikowska, Hajar Lahmam, Jean Mathieu Marie,

Junaky Md Abdur, Bob Murana, Andrea Sapienza, Alfred Sobo Blay, Sheriff Sonko, mentre partecipa Sonia Tazeghdanti. Sergio Beercock, mediante un dj set, cura le musiche dal vivo, Simona Argentieri cura le coreografie, mentre Gabriele Gugliara si occupa del disegno luci.
Tutti protagonisti certo, data la natura ibrida, corale e performativa di questo lavoro, ma, come appare visibilissimo, il vero protagonista è lo smartphone. Il cellulare dal quale in scena, come nella quotidianità, questi ragazzi non si separano mai: sempre iperconnessi e bloccati su uno schermo che li illumina e illumina il (loro) mondo, li fotografa e fotografa il (loro) mondo, li educa e li istruisce, li isola e li assorbe, filtra ogni aspetto dell’essere, è (o appare) mezzo e fine della loro comunicazione continuamente istantanea, è ponte e riva dei loro percorsi esistenziali, medium e soggetto del loro, spesso solipsistico, racconto umano. Occorre metterci in mezzo l’antropologia per tentare di capire questa generazione smarrita e iperconnessa (non è affatto un ossimoro), non bastano la storia della scienza e la sociologia: è parte di loro il telefonino, è il loro corpo stesso, che si è accresciuto di un nuovo organo/funzione. No, non è un’esagerazione ed è in questa dimensione che con questi ragazzi occorre fare i conti; non è un’esagerazione anche se occorre essere consapevoli che non tutti i giovani del mondo sono così. Sono così i giovani occidentali, quelli che sono migrati in occidente, sono così i nostri giovani e i giovani anche di quei paesi orientali che vivono una condizione di altissima presenza della tecnologia della comunicazione. Quanto sia antropologicamente importante e politicamente pervasiva questa presenza tecnologica e quasi “sensoriale” lasciamo ai lettori il compito di valutarlo, qui basta invitare a guardare con attenzione i ragazzi che stanno intorno a noi per avvertirne la decisiva rilevanza culturale.
Ma non si tratta solo di un focus sulla condizione giovanile che inizia e finisce nello spazio disegnato dalla presenza degli smartphone: ci sono i vissuti brucianti di questi giovani, la loro voce spezzata, le emozioni che vengono fuori come frustrazione, rabbia, desiderio, dolore, amore (l’isolamento, la capacità sempre più flebile di rapportarsi con i pari in strada, la mancanza di religiosità alcuna, la scoperta con l’energia potente della sessualità, la frustrazione nell’incontro col potere e con la grettezza dichi lo esercita). E c’è l’incontro, bellissimo e fecondo, perché fatto sotto il segno di uno sguardo “altro”,  con la tradizione teatrale occidentale, ovvero con figure centrali della drammaturgia europea come Antigone, Ismene ed Emone, Eteocle e Polinice, Amleto, Ofelia, Rosenkrantz e Guildestern, Romeo, Giulietta e Mercuzio. Tutte figure che rappresentano, in modo archetipico il conflitto (o meglio aspetti e angolature diverse del conflitto) generazionale; figure che sono portatrici sane di senso, in un periodo come il nostro caratterizzato da profondo e vincente nichilismo; figure che esigono studio e riflessione in chi le sfida, nonché un dialogo profondo e vivo con lo spettatore. Spettacolo visto a Palermo il 12 dicembre, Spazio Franco, Cantieri culturali della Zisa.

Element Z
By Progetto Amuní, drammaturgia di gruppo diretta da Giuseppe Provinzano. Con Naomi Adeniji, Hamissou Alidou, Ibrahim Ba, Priyanka Datta, Bandiougou Diawara, Alexsia Edman, Julia Jedlikowska, Hajar Lahmam, Jean Mathieu Marie, Junaky Md Abdur, Bob Murana, Andrea Sapienza, Alfred Sobo Blay, Sheriff Sonko e con la partecipazione di Sonia Tazeghdanti. Musiche di Sergio Beercock, coreografie di Simona Argentieri, luci di Gabriele Gugliara. Aiuto regia Rossella Guarneri, actor coach Luigi Maria Rausa, organizzazione di Diana Turdo.
Crediti fotografici di Nayeli Salas Cisneros, video di Giuseppe Galante.