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La stand-up comedy è un genere assai diffuso nel mondo anglosassone ma ancora poco praticato in Italia, dove è tuttora prevalente lo spettacolo costruito attorno a un entertainer di successo – televisivo o digitale -, spesso con contorno di ballerine più o meno discinte, e, soprattutto, incentrato su una comicità sostanzialmente rassicurante e innocua. Esattamente l’opposto, insomma, rispetto all’umorismo dissacrante e sovente politicamente scorretto della stand-up, sferza dei mali e delle ipocrisie della società contemporanea. Un tentativo di trasferire quel genere alle latitudini italiane è quello condotto da Carrozzeria Orfeo che, dopo spettacoli corali – l’ultimo è Miracoli metropolitani – realizza un monologo di cui è protagonista una delle attrici “storiche” della compagnia, ossia la pluripremiata Beatrice Schiros. Un tentativo che non è traduzione letterale di un prototipo bensì rielaborazione e reinvenzione, a partire dalla mancata coincidenza di autore e interprete, una delle caratteristiche prime della

stand-up originale.  Gabriele Di Luca, dunque, scrive un testo destinandolo all’interpretazione di Beatrice Schiros, attrice impegnata non tanto a raccontare la propria esistenza fuori dal palcoscenico né, tantomeno, il suo sé reale, bensì il proprio personaggio, creatura ibrida e composita frutto di esperienze, riflessioni, emozioni tanto dell’autore quanto della performer. Un gioco delle parti quasi pirandelliano che denuncia l’”artificialità” della donna in scena: finzione che, nondimeno, garantisce universale e solida efficacia alla drammaturgia, serrato monologo di una cinquantenne costretta sua malgrado a disegnare un bilancio della propria vita.
Il personaggio Beatrice Schiros – a sua volta scisso fra un io più disincantato e feroce e un altro ancora desideroso di illudersi e di provare compassione – si rivolge direttamente al pubblico, stimolandone partecipazione e pensiero e inanellando senza apparente soluzione di continuità tematiche attuali e certo divisive. Dalla difficoltà ad accettare un corpo che l’avanzare dell’età allontana dalla perfezione all’insoddisfazione per una vita sentimentale e sessuale inesistente ovvero piuttosto noiosa; dall’ansia esagerata che accompagna spesso la maternità al cattivo uso dei social media; dall’egocentrismo dominante alla solitudine quale condizione esistenziale di molti.
L’attrice – ritmo impeccabile e saldo dominio del palcoscenico – rivela altresì insicurezze e fragilità che ineludibilmente accompagnano il raggiungimento dell’età matura: l’estraneità verso il proprio corpo; la necessità di occuparsi dei propri genitori e la tristezza che scaturisce dal constatarne la senile e feroce debolezza; il sentimento di nostalgia sgorgato dalla consapevolezza di aver già vissuta la gran parte dell’esistenza…
Temi eterogenei e, nondimeno, legati fra loro dall’urgenza di descrivere una società – e una vita scelta quale paradigma - alla deriva: uno sguardo certo pessimistico, acuito dall’umorismo irriverente e demistificante, tutt’altro che consolatorio ovvero qualunquista, urticante e spietato.
Uno spettacolo che porta in scena una “stupida” – ossia una persona ancora capace di indignarsi profondamente, oltre la patinata e rassicurante superficie del politicamente corretto – allo scopo di seminare nelle menti degli spettatori, a volte inconsapevolmente anestetizzate, stimolanti e sanissimi “cattivi pensieri”.    

Drammaturgia di Gabriele Di Luca. Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti. Con Beatrice Schiros. Prod.: Carrozzeria Orfeo, in coproduzione con La Corte Ospitale, Accademia Perduta – Romagna Teatri, Fondazione Campania dei Festival - Campania Teatro Festival.

Visto al Palco 19 di Asti il 28 giugno 2022 nell’ambito del Festival Asti Teatro.

Foto di Sabrina Cirillo