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Da una parte, e prima, c'è l'enigma intellettuale, drammaturgicamente rappresentato dall'iconico emergere dal buio della sala di personaggi pirandellianamente ancora alla ricerca di una sincerità ontologica, dall'altra, e dopo, l'immersione nel sangue dei sentimenti che ripropone l'enigma profondamente concreto del rapporto tra carnalità e affettività, suggerendo scritture teatrali ora spesso dimenticate ma di grande spessore, quelle del Rosso di San Secondo della “Bella Addormentata”, ad esempio, che racconta di una prostituta ingenuamente inconsapevole e sospesa al suo tragico destino. “Immacolata Concezione”, questa interessante drammaturgia di Joele Anastasi già da noi pubblicata nel 2018 nella rubrica curata da Damiano Pignedoli, si muove immersa in un ambiente di suggestioni e corrispondenze teatrali e narrative ricchissime, ivi compreso il crudele realismo verghiano, senza esserne in alcun modo dipendente in quanto è capace di destrutturare e ricostruire un

proprio autonomo discorso scenico che supera il piano storico e sociologico, che pure lo influenza, per agganciare un esistenzialismo metafisico che ha nell'Amore in tutte le sue diverse dimensioni, tra corpo e anima, il suo snodo irrisolto.
Il punto di caduta di questa contraddizione, che agisce sul piano sociale nelle forme di un anche feroce patricarcato di cui l'economicismo capitalistico ha man mano ingessato le articolazioni tagliandone le radici di senso, è comunque la Donna, il luogo fisico che suscita e accoglie, che elabora e genera, e insieme il luogo spirituale che lo trascende e lo rende 'vero'.
Si potrebbe dire che questa è una narrazione 'glocale' che cioè va oltre il localismo per intercettare tematiche universali, per cui quel paese della Sicilia, sociologicamente tinto di tragica arretratezza e di cattiveria psicologica, e quegli anni 40 sul ciglio della guerra, diventano 'mondo' oltre il tempo della Storia e delle singole esistenze che vi transitano.
Concetta la cui ingenuità è socialmente sovrapposta alla reificazione non solo del corpo femminile ma del femminile tout court (enfatizzandone così per paradosso la irriducibilità), è capra-umana barattata dal padre in rovina con una capra-gravida (abbinamento icastico) e sbarca così nel bordello del paese gestito da Donna Anna.
Concetta però è gravida di quella ingenuità che la fa pura ed è tale la forza di questa condizione che nessuno la tocca, e resta vergine finchè invidia e repressione non conculcano quella sua scandalosa libertà trascinando verso di lei, con l'Eros, la Morte.
Una morte che è finale trasfigurazione in cui le contraddizioni del vivere sembrano ribaltarsi e risolversi nell'attesa che è il tempo che costantemente viviamo, come il Colapesce delle storie raccontate dai girovaghi che nel legame con l'amata perduta da il segno della vita che non può interrompersi.
Dunque anche dal punto narrativo si mostra una drammaturgia che attinge e trasfigura dal patrimonio profondo di una sicilianità letteraria e artistica, che da Pirandello e Rosso di San Secondo a Sciascia e alle pitture di Guttuso deformate nella loro bellezza, vuole farsi cifra della condizione umana.
Il femminile è l'inciampo, lo scandalo che non solo può condurci oltre un patriarcato stanco e privo di prospettive, e per questo sempre più crudele, ma può attrezzarci e difenderci dalla perdita di noi che l'oggi ci porta come dono imposto e inevitabile.
Scriveva Rosso di San Secondo nel preludio della sua “Bella addormentata”: <<Ma fresca la Bella rimane perché non s'adonta né si lusinga parendole d'aver sempre viaggiato ma senza vedere e senza capire per le distese dai mille colori sotto l'azzurro cielo e il grigio...>>.
Un dramma che trova la sua prima forza in una scrittura di grande intensità, in cui l'uso del dialetto è soprattutto figurativo e mai folclorico, e che si dipana in una messa in scena essenziale ma anche molto dinamica in cui maschere e manichini quasi si impongono ad esseri umani incerti e contraddittori.
Bravi gli attori in scena che si alternano in varie parti ciascuno, ed efficace l'uso del travestitismo anche per gli altri personaggi femminili (tenutaria e “signorine”) quasi ad indicare che la sola capace di 'sopportare' e valorizzare il femminile come identità esistenziale consapevole, e non solo idea metafisica, sia appunto Concetta
La regia favorisce, al riguardo, una recitazione talora consapevolmente meccanica e alienante, in cui la immedesimazione si accompagna al distacco critico, quasi che certi toni accentuatamente calcati e le scene con le spalle al pubblico volessero invitare ad andare oltre la stessa narrazione verso i flussi che carsicamente la alimentano.
Insieme ad essi una prossemica dai ritmi coreutici e con soluzioni d'effetto (le geometriche e improvvise giravolte, oppure i giornali ritmicamente sbattutti) che facilitano, nella simbolica immersione nell'universale dell'individuale, del soggetto nella maschera manichino, la trasmissione significante.
Uno spettacolo di qualità e suggestione, cui la musica fornisce ulteriore significativo supporto.
Alla sala Aldo Trionfo dei Teatri di Sant'Agostino a Genova, ospite della Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, il 17 e 18 febbraio. Un pubblico molto coinvolto ha a lungo applaudito e chiamato gli artisti alla ribalta.

IMMACOLATA CONCEZIONE. Drammaturgia e regia di Joele Anastasi. Con Federica Carruba Toscano, Alessandro Lui, Enrico Sortino, Joele Anastasi, Ivano Picciallo. Da un’idea di Federica Carruba Toscano. Scene e costumi di Giulio Villaggio. Light designer Martin Palma. Musica originale “scurannu agghiunnannu” Davide Paciolla. Testo musica originale Federica Carruba Toscano. Aiuto regia Nathalie Cariolle. Collaborazione alla drammaturgia Federica Carruba Toscano. Contributo drammaturgico Alessandro Lui. Foto Dalila Romeo. Video e graphic designer Giuseppe Cardaci. Scenotecnica 2C Arte. Opere di cartapesta Ilaria Sartini. Organizzazione Nicole Calligaris. Uno spettacolo di Vucciria Teatro. Produzione Fondazione Teatro di Napoli -Teatro Bellini. Vincitore di TEATRI DEL SACRO V.

Foto Dalila Romeo