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La geometrica rappresentazione della 'violenza', che sembra appartenerci fondativamente più di ogni altra passione o sentimento, quando scende in guerra calcandosi l'elmo dell'Amore e dunque mascherandosi con esso solo e proprio per esserne, cosi metamorficamente trasfigurato, il più distante possibile. È la nuova drammaturgia di Carmelo Rifici, in collaborazione con Livia Rossi, che lui stesso mette in scena e che ha al suo baricentro l'omonimo e famosissimo romanzo di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, illuminato, a scritto dello stesso drammaturgo, dalle interpretazioni, anzi elaborazioni di René Girard. Scrive il filosofo francese (riferendosi al teatro di Marivaux): <<Quello che sigilla la battaglia amorosa è l'alleanza tra vanità rivali, un vero e proprio patto di ammirazione reciproca che assomimiglia a un surrogato dell'amore corrisposto finché la sua tenuta non è messa alla prova; naturalmente non esiste alcun rischio in proposito, poiché la commedia arriva alla fine>>. Ma  questo baricentro è come una frattura nella roccia da cui, fonte perennemente surgiva, sgorgano infinite suggestioni psicologiche e ripetute corrispondenze linguistiche che ci portano spesso a coloro

che, da Nietzche ad Artaud, da Teresa d'Avila al più che coerente Marchese De Sade, per citarne solo alcuni dei tanti, paradossalmente cercavano appunto l'Amore non attraverso la violenza ma nella violenza stessa anche auto-inflitta.
Così la narrazione di Laclos, più che essere filtrata in altri orizzonti è come se fosse letta di volta in volta con gli occhi di questi altri e condivisi spettatori che si affacciano con noi, mentre li riconosciamo nell'improvviso essere con noi coinvolti, al palcoscenico.
Ma lungi dal mostrarsi in scena come una lettura in qualche modo spezzata o esteticamente incoerente, la drammaturgia evidenzia anche in questo una compattezza linguistica, espressiva e anche di capacità a comunicare sensi nuovi e significati profondi, teatralmente assai apprezzabile.
Il romanzo epistolare di un uno diventa dunque, quasi senza che ce ne accorgiamo, il romanzo di molti se non di tutti, il metaforico specchio del combattimento che combattiamo, volenti o nolenti, uno contro l'altro e ciascuno dentro ciascuno, mentre esistiamo.
“Trascende ogni mio controllo” ripete significativamente in scena il Visconte di Valmont, e la frase ha la forza drammatica di una formula programmatica.
Tutto questo nel recinto dell'inestinguibile paradosso grazie al quale quando si parla o si agisce di Amore, anche censurandolo o mascherandolo come sulla scena, allora l'Amore comunque da qualche parte si nasconde, magari deformato e irriconoscibile, fino ad emergere nella tragica soluzione che solo la Morte alla fine gli offre, non sfuggendo peraltro ad un richiamo chiaro, e anche maschilisticamente paternalistico, destinato alla promotrice dell'inganno, femmina cattiva in quanto indipendente, ovvero indipendente in quanto cattiva.
Dentro una scenografica tecnologica e distanziante, programmaticamente  'fredda' fino ad apparire algida, la vita si fa a fatica strada attraverso i personaggi conquistando una parola che sembra precipitare in essi dall'esterno, ma che solo in essi trova il senso giusto, l'armonia giusta per rivendicare un valore più riconoscibile.
Efficace a questo scopo l'uso figurativo della microfonatura che distorce ed insieme disvela, come ci ha sempre ricordato il fare di Carmelo Bene, ed insieme a questo l'utilizzo dei proiettori come portatori tecnicamente neutri, e in questo inconsapevoli di una memoria molto umana e umanamente capace di improvvisamente commuovere.
I movimenti scenici reiterano il conflitto, che è dentro la vita se non è la vita stessa, e lo ribadiscono quasi ritmicamente in forma di incrocio schermistico che ci riporta quasi inevitabilmente al famoso film di Ridley Scott “I duellanti”.
La recitazione è di livello notevole, ed è capace di alternare e ben miscelare spontaneità e movimenti meccanici da burattini abbandonati su una scena ormai priva anche di un Mangiafuoco a cui potersi ribellare.
Uno spettacolo interessante in grado di lasciare strascichi e intuizioni che vanno oltre il tempo stesso della drammaturgia, che scorre spontanea e sempre attrattiva nelle oltre due ore della sua durata.
Alla sala Trionfo dei teatri di S'Agostino, per la stagione della Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse di Genova dal 6 all'8 Aprile. Va da ultimo detto che la programmazione del Teatro della Tosse è scelta con cura e molto stimolante, e il pubblico genovese dovrebbe approfittarne con più continuità. Molti gli applausi.

LE RELAZIONI PERICOLOSE. Ispirato a: Il teatro e la peste, Antonin Artaud; Il castello interiore, Teresa d’Avila; Vita, Teresa d’Avila; Massa e potere, Elias Canetti; Della guerra, Carl von Clausewitz; L’idiota, Fëdor Dostoevskij; Portando Clausewitz all’estremo, René Girard; Le relazioni pericolose, Christopher Hampton; Lettera a Lord Chandos, Hugo Von Hofmannsthal; Poesie, John Keats; Le relazioni pericolose, Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos; L’anticristo, Friedrich Nietzsche; Lettera a don Giovanni Rossi, Pier Paolo Pasolini; Justine, Donatien-Alphonse-François de Sade; La persona e il sacro, Simone Weil; Sovvertimento dei sensi, Stefan Zweig; Lettera di una sconosciuta, Stefan Zweig e al Cantico dei Cantici. Frasi citate da Il gabbiano, Anton Cechov; I promessi sposi, Alessandro Manzoni. Drammaturgia: Carmelo Rifici, Livia Rossi. Ricerca delle fonti: Carmelo Rifici, Ugo Fiore, Livia Rossi. Regia di Carmelo Rifici
Con: Flavio Capuzzo Dolcetta, Federica Furlani, Elena Ghiaurov, Monica Piseddu, Edoardo Ribatto, Livia Rossi. Disegno sonoro: Federica Furlani. Impianto scenico: Carmelo Rifici, Pierfranco Sofia. Disegno luci: Giulia Pastore. Progetto visivo: Daniele Spanò. Costumi: Margherita Platé. Drammaturgia del corpo: Alessandro Sciarroni. Assistenti alla regia: Ugo Fiore, Simon Waldvogel. Costumi d’epoca realizzati presso la Compagnia Italiana della Moda e del Costume e
da Giulia Alvaro. Ricerca tecnologie audio e sonorizzazione: Brian Burgan. Disegno e realizzazione attrezzeria: Matteo Bagutti. Produzione LAC Lugano Arte e Cultura. Si ringraziano Perry Tièche della RSI Radiotelevisione svizzera per la fornitura dei dispositivi audio d’epoca e Fabio Liberatore per la consulenza e il supporto tecnico, Naturhistorischen Museum Bern - Eine Institution der Burgergemeinde Bern per il gentile prestito dell’esemplare lupo (Canis lupus).

Foto Luca Del Pia.