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L’ultimo domatore di leoni, l’ultimo uomo in grado di reggere lo sguardo di un predatore. Metafora del tempo che passa e della voglia di andare avanti nonostante tutto, domare il tempo, ecco il messaggio profondo de Il Domatore. È possibile? Sì,

perché ogni stagione della vita può regalare bellezza. Chi ha saputo domare il tempo, può regalare ad un giovane tante perle, tanti modi per affrontare il tempo che passa. Attore, autore e regista teatrale, Vittorio Franceschi, ha alle spalle una lunga e ricca carriera teatrale e ancora tanto da dire. Un tendone da circo senza pubblico, senza animali, senza pagliacci e una giovane donna arrivata per intervistare l’ultimo domatore. Nel corso dell’intervista i due si confrontano e si scontrano ragionando sulla vita, in un dialogo che capovolge i ruoli portando via, via, l’intervistatrice a essere intervistata. Una lezione di teatro che getta uno sguardo sul mondo ordinario e straordinario, sulla quotidianità: il circo come metafora della vita, favola, illusione, incantesimo, convivono con la realtà con l’odore degli animali, del sudore, con la fatica: l’effimero e la materialità, sotto il tendone, si confondono e diventano tutt’uno. “Ho scritto questo testo perché volevo partire da un luogo che liberasse la fantasia. Non so come si domini un leone, non so nulla della vita di un circo, ma mi ha affascinato la figura del domatore di leoni per raccontare la nostra vita, i nostri rapporti. Nella storia nasce anche un’amicizia tra la giornalista e il domatore e l’intervista si trasforma in una reciproca indagine sulla vita e sulla vita del teatro. Volevo raccontare di quel momento magico che accade in prova, un lampo misterioso, quella scintilla che ti fa capire di aver centrato il cuore dell’arte teatrale”. Così Vittorio Franceschi chiarisce gli intenti del testo e lo fa aprendo uno sguardo sul suo significato profondo: la magia del teatro come rappresentazione della vita. Una parola scenica ironica e tagliente che va in profondità, dialoghi freschi e vivaci. Si va dritti alla natura delle cose, alla loro essenza, si va dritti alla verità. Traspare la grande umanità di Franceschi, colpisce per la sua forza ed empatia in scena, ottima anche la performance della giovane attrice Chiara Degani. La regia di Matteo Soltanto, con sapienza, dà spazio alle due diverse anime in gioco e lavora sui segni e sui simboli del circo come metafora dell’abbandono. Spettacolo pluripremiato (Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2022 come Migliore Novità. Premio Nazionale Franco Enriquez 2023) da vedere per capire il domatore che è in ognuno di noi e quanta magia abbiamo ancora da regalare agli altri.

Milano, Teatro Franco Parenti 13-17 giugno 2023
Produzione Fondazione Teatro Due Parma / CTB Centro Teatrale Bresciano

Foto Andrea Morgillo