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Certo è difficile mettere in scena Aristofane. È strutturalmente difficile perché, trattandosi di comicità legata a concretissimi fatti politici con protagonisti chiamati per nome e cognome e con riferimenti a specifiche situazioni socio-culturali, non è automatico riuscire a mantenere un registro artistico e comico che si dispieghi lungo tutto il corso dello spettacolo senza perdere di tensione e senza cadere nelle secche dell’antiquaria, della sciatteria o dell’intellettualismo. Per mettere in scena Aristofane occorre confrontarsi non solo con quello che è stato realmente questo meraviglioso drammaturgo (e qui sono utilissimi gli apporti di studiosi, di filologi e di antichisti di ogni risma), ma anche con quella che è stata la tradizione comica che da esso, quasi come da una fonte inesauribile, è sgorgata ed è arrivata fino a noi (e qui devono entrare in gioco la consapevolezza storica del regista e la sua cultura teatrale). Questa è la partita che va giocata e non è facile vincere costruendo uno spettacolo che, piantato solidamente nell’Atene della fine del V secolo riesca a parlarci, dicendo cose che riguardano non tanto la nostra quotidianità ma la più profonda sostanza storica del nostro essere attuale. Siamo a

raccontare de “La Pace”, la commedia di Aristofane in scena al Teatro Greco di Siracusa nella traduzione di Nicola Cadoni e per la regia di Daniele Salvo. Protagonista è un grande Giuseppe Battiston, nel ruolo del contadino Trigeo, attorniato da un nutritissimo gruppo di attori e attrici che ben sostiene la dimensione corale, quasi di festa campestre, che aleggia già nel testo e che ben ha fatto il regista a valorizzare. Tra gli attori si segnalano sicuramente Massimo Verdastro (strepitoso nei ruoli di Ermes e del sacerdote Ierocle), Martino Duane (nel ruolo del secondo servo di Trigeo e in quello di Aristofane), Elena Polic Greco solidissima nel monologo della Pace.
Ma è evidente che è la regia che va discussa ed è nell’idea di regia, o a partire da essa, che si possono trovare le qualità e le carenze di questo allestimento. Daniele Salvo sembra aver dapprima – giustamente – voluto isolare i nuclei da cui scaturisce la comicità aristofanesca: il “basso corporale” dei corpi, del cibo, del sesso ribaltato in scena con meravigliosa e vitalissima energia, la coprolalia e il vivace plurilinguismo nella varietà “bassa” e popolare dei tanti dialetti italiani, l’attacco al potere violento e cialtrone, la lettura facile (noi diremmo populista) della guerra come tremendo gioco a perdere tra potenti con il popolo che subisce devastazioni e violenza e infine l’attacco agli intellettuali (Euripide, ovviamente), incapaci di connettersi realmente al sentimento del popolo. Dopo aver isolato questi nuclei ecco che Salvo sembra declinarli in quella che sia rivela la qualità migliore dello spettacolo e forse la sua idea di fondo: la costruzione teatrale della festa campestre che, per molti versi, sembra derivare dalla fascinazione di diversi episodi della pittura fiamminga (Hyeronimus Bosch, Bruegel), compreso lo scarafaggio mostruoso e orrendamente coprofago ribattezzato “scaravallo”. Ovviamente di questo interessantissimo e sofisticato mood che si afferma immediatamente nello spettacolo, oltre al regista, è giusto dar merito ad Alessandro Chiti per le scene, a Michele Ciacciofera per le installazioni sceniche, a Daniele Gelsi per i costumi, a Miki Matsuse per i movimenti scenici. Una costruzione elegante, capace di vibrare febbrilmente, di animarsi sotterraneamente lasciando trasparire, non solo la gioia della risata beffarda di Aristofane, ma soprattutto quell’eretica gioia di vivere che sa sconfiggere le bugie del potere, della cattiva politica, della violenza. Cosa invece non convince di questo allestimento? Due aspetti sostanzialmente: da una parte la tentazione di rendere esplicito un collegamento col nostro presente con dei cortocircuiti di senso, oggettivamente poco meditati e che mal si addicono al contesto formale. Ad esempio chiamare Cleone Vladimircleone nulla aggiunge veramente al molto che la commedia aristofanesca costringe a considerare riguardo alla perenne ferocia di noi umani e, anzi rende parziale e impoverisce questa riflessione. Lo stesso può dirsi del tappeto/mappamondo che copre l’orchestra e dello sventolio di bandiere in un palazzo di vetro che dovrebbe spingere a riflettere, niente meno, sul fragile ruolo dell’Onu nella costruzione della pace e nella gestione dei conflitti tra popoli. Cortocircuiti che impoveriscono il senso dell’allestimento e non lo collegano al presente se non in modo superficiale. Un altro aspetto che non convince è l’ingrediente musicale: le musiche originali, scelte e volute, ovviamente, dal regista ma curate da Patrizio Maria D’Artista oscillano pericolosamente in direzione di una atmosfera da musical che mal si addice alla potenza del comico aristofanesco e non aggiunge nulla di interessante all’economia dell’allestimento. Il problema, ovviamente, non è la “forma” del musical, spettacolo popolare con una sua rispettabile tradizione e un suo linguaggio specifico, ma l’averla adottata senza alcuna visibile motivazione che la rendesse necessaria alla costruzione di senso dello spettacolo. Si conferma insomma, anche in questo caso, quella sensazione che avverte di tempi troppo stretti per la realizzazione degli spettacoli classici siracusani: anche quando il regista riesce a costruire lo spettacolo su una idea di regia buona, interessante, feconda, è evidente che poi la “messa a terra” dell’allestimento provoca una serie di varianti rispetto alle quali le altre idee che sorgono dal concreto lavoro di costruzione da una parte non riescono a trovare una sintesi congrua e adatta all’idea centrale di regia (in questo caso, come si è detto, di origine molto probabilmente pittorica) dall’altra c’è troppo poco tempo per scartarle o scartarle del tutto. Si finisce così col riempire lo spettacolo di espedienti che, invece di arricchirlo e completarlo in tutte le sue dimensioni, lo appiattiscono ad una qualunque realtà tangibile e lo impoveriscono di senso. In scena, a giorni alterni, dal 9 giugno al 23 giugno. Per maggiori e ulteriori info vedi il sito dell’INDA: https://www.indafondazione.org/.

Foto: Ballarino, Pantano, Centaro

La pace
Opera di Aristofane. Traduzione di Nicola Cadoni. Regia di Daniele Salvo. Scene di Alessandro Chiti. Installazioni sceniche di Michele Ciacciofera. Costumi di Daniele Gelsi. Musiche originali di Patrizio Maria D’Artista. Cura del movimento, Miki Matsuse. Luci di Giuseppe Filipponio. Direzione dei cori cantati di Elena Polic Greco e Simonetta Cartia. Con: Trigeo, Giuseppe Battiston; Ermes/Ierocle, Massimo Verdastro; primo servo di Trigeo, Simone Ciampi; secondo servo di Trigeo/Aristofane, Martino Duane; prima figlia di Trigeo, Francesca Mària; seconda figlia di Trigeo, Stella Pecollo; Polemos/mercante di zappe, Patrizio Cigliano; Macello, Gaetano Aiello; mercante di armi, Giuseppe Rispoli; fabbricante di falci, Paolo Giangrasso; la Pace, Jacqueline Bulnés; la Pace (monologo finale), Elena Polic Greco; Opora (dea del raccolto), Federica Clementi; Theoria (dea della festa), Gemma Lapi; corifei, Gaetano Aiello, Simonetta Cartia, Simone Ciampi, Patrizio Cigliano, Enzo Curcurù, Martino Duane, Marcella Favilla, Paolo Giangrasso, Elena Polic Greco, Francesco Iaia, Giancarlo Latina, Francesca Mària, Stella Pecollo e Giuseppe Rispoli. Coro realizzato con la partecipazione degli allievi dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico: Clara Borghesi, Davide Carella, Alberto Carbone, Carlotta Ceci, Federica Clementi, Alessandra Cosentino, Giovanni Costamagna, Christian D’Agostino, Carloandrea Pecori Donizetti, Ludovica Garofani, Enrica Graziano, Althea Maria Luana Iorio, Denise Kendall Jones, Domenico Lamparelli, Gemma Lapi, Zoe Laudani, Emilio Lumastro, Marco Maggio, Carlo Marrubini Bouland, Carlotta Maria Messina, Moreno Pio Mondi, Matteo Nigi, Giuseppe Oricchio, Edoardo Pipitone, Beatrice Ronga, Francesco Ruggiero, Jacopo Sarotti, Massimiliano Serino, Davide Sgamma, Francesca Sparacino, Stefano Stagno, Giovanni Taddeucci, Siria Sandre Veronese, Elisa Zucchetti.
Crediti fotografici di Franca Centaro Maria Pia Ballarino, Michele Pantano, Daniele Aliffi.