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Se c’è una pagina della storia occidentale densa quante altre mai di contenuti culturali e simbolici è sicuramente quella che riguarda l’antichissima e a celeberrima battaglia delle Termopili. Uno scontro che, duemila e cinquecento anni fa, nel 480 a.C.

vide schierati da una parte qualche migliaio di greci, con un’elite di trecento Spartiati guidati dal re Leonida a presidiare il varco più stretto di quel passaggio in Tessaglia e dall’altra l’esercito persiano (decine di migliaia di uomini, tra cui il battaglione dei diecimila immortali) guidato dal re Serse e pronto a dilagare in Grecia. I greci resistettero tre giorni e alla fine furono quasi tutti massacrati, grazie anche al tradimento di un pastore del luogo, Efialte che indicò ai persiani un sentiero che consentiva di accerchiare i greci e stringerli a tenaglia. I contenuti culturali riguardano l’importanza storico-politica reale di quell’episodio bellico nel contesto della storia greca e del costituirsi di una fisionomia identitaria del mondo greco che, va ricordato, era organizzato non unitariamente ma in poleis distinte e autonome. Quali possono essere invece i contenuti simbolici? Il valore guerriero, il senso dell’onore ad esempio, la disciplina militare, il confitto strutturale tra Oriente e Occidente, tra libertà e servitù, tra l’essere cittadini e l’essere sudditi, l’idea del sacrificio a difesa di una terra che è considerata patria, un bene comune da difendere costi quel che costi.
Queste considerazioni servono per comprendere e interpretare il senso di “Quando venne buio – racconto delle Termopili”, lo spettacolo scritto e diretto da Giovanni Arezzo e intrepretato da Stefano Panzeri, con musiche originali eseguite dal vivo da Michele Piccione. Un allestimento che si è visto, il 12 settembre scorso, sul palcoscenico (Teatro della Nike) allestito dentro l’Area Archeologica di Giardini Naxos nel contesto della rassegna “Interpretare l’antico” organizzata dalla Rete siciliana di drammaturgia contemporanea Latitudini in collaborazione con “Naxos legge”. Lo spettacolo è immaginato, costruito e realizzato come una narrazione emozionata e partecipe: il racconto di un personaggio, Aristodemo, il guerriero spartano che le fonti indicano come l’unico (o uno dei due) a essersi salvato dalla strage delle Termopili. Una narrazione che si dispiega su due piani: da una parte il racconto della battaglia costruito sul tradizionale piano epico dell’eroismo e della virtù guerriera che sono tramandati dalle fonti (la più importante delle quali è Erodoto), dall’altra i dialoghi supplicanti e senza risposte con la moglie che, orgogliosamente, non gli apre la porta e non lo accoglie in casa perché, anche secondo lei e sebbene fosse praticamente cieco, doveva restare alle Termopili a morire combattendo con gli altri, come e con il suo compagno Eurito. Aristodemo disobbedisce a quella ferrea disciplina di guerra e di morte sicura, sceglie la vita e sceglie l’amore per la sua famiglia, attirandosi il biasimo e la severa condanna morale dei suoi concittadini.
Una narrazione emozionata e partecipe si è detto e, con questa definizione, proviamo a dire anche il maggior pregio e la maggior debolezza di questo spettacolo che complessivamente non convince: da una parte l’intensità della prova d’attore di Panzeri e dall’altra la fragilità della riflessione critica su ciò che viene raccontato, a maggior ragione trattandosi di un episodio bellico che nella storia occidentale ha assunto una dimensione mitica e archetipica. Una riflessione critica che resta debole e si pone quasi in secondo piano rispetto all’asse del racconto eroico, ma di cui pure il progetto registico di Arezzo avverte l’importanza e la rivela nella focalizzazione della narrazione su Aristodemo e nella presenza del dialogo mancato con la moglie che non lo accoglie mentre gli altri spartiati stanno morendo. Ecco, questo pensiero divergente, questa eversione della mentalità collettiva e bellicista, questa contestazione pratica del patriottismo eroico come retorica indiscutibile sono sviluppati troppo poco e troppo,  mentre sarebbero stati invece un ottimo piano di costruzione per rendere lo spettacolo più congruo rispetto alla necessità, ineludibile, di una fruizione contemporanea, critica e culturalmente avvertita di questo racconto storico.

“Quando venne buio – racconto delle Termopili”,
Drammaturgia e regia di Giovanni Arezzo. Con Stefano Panzeri, musiche originali eseguite dal vivo da Michele Piccione. Produzione Vimas Teatro con la collaborazione del Teatro l’Idea di Sambuca.

Foto Giorgia Faraone