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C’è modo e modo di amare la musica classica, c’è chi l’ascolta in sottofondo mentre legge, chi mentre passeggia, chi senza fare altro, semplicemente per il gusto e il piacere del puro ascolto e c’è chi, come Maria Letizia Compatangelo, crea qualcosa

di nuovo, scrive un musical da camera, un concerto che diviene rappresentazione scenica. È l'ultimo lavoro della drammaturga e scrittrice, presidente del Centro di Drammaturgia Contemporanea, in scena con il Trio Metamorphosi. Un trio vivace e gioioso (Mauro Loguercio al violino, Francesco e Angelo Pepicelli al violoncello e pianoforte) tre ottimi musicisti, in metamorfosi insieme all’autrice, che intraprendono, in compagnia di Beethoven, una nuova avventura. I tre musicisti, grazie all’autrice che ha curato anche la regia dello spettacolo, si sono trasformati in veri e propri attori, hanno imparato a recitare a muoversi con disinvoltura sul palco, il che dimostra, che non c’è limite d’età nel mettersi in gioco. Il musicista è abituato a lavorare sul proprio strumento che è altro da sé, attraverso la recitazione i tre musicisti-attori si sono confrontati con il loro corpo parlante, strumento unico e raro. Tutto questo grazie al rapporto di fiducia che si è creato fra i diversi componenti di questa avventura, grazie anche alle abilità sceniche dei tre artisti, al loro desiderio di diffondere un panorama culturale e musicale di cui sono portatori. Nel sito dell’autrice www.marialetiziacompatangelo.it è possibile trovare tutte le notizie sulla rappresentazione. Lo spettacolo girerà con una lunga tournée nei maggiori teatri, recentemente in cartellone a Milano (27 settembre, Teatro Lirico) e successivamente Firenze (22 ottobre, La Pergola), Termoli (5 novembre), Napoli (9 novembre, Teatro Sannazzaro), Gioiosa Ionica (12 novembre, Teatro Comunale), Campobasso (27 gennaio 2024 Teatro Comunale), Bari (30 gennaio Teatro Piccinni). Maria Letizia Compatangelo, porta nel cuore, una lunga storia di esperienze teatrali, allieva di Eduardo, ha scritto e rappresentato testi, ha ideato e realizzato convegni, ha insegnato drammaturgia teatrale, ha scritto volumi sul teatro. Accanto al suo impegno nel teatro civile, c'è sempre stato un "ramo" dedicato al teatro musicale: “Lady M, rock opera”, “Una serva napoletana alla corte del Re Sole”, “La musica dell'anima”. La vicenda raccontata in questo spettacolo, è affascinante. Nell’estate del 1951, all’indomani della seconda guerra mondiale, tre  famosi musicisti esuli dalla Germania nazista, Adolf Busch, Hermann Busch e Rudolf Serkin, devono decidere il programma del concerto inaugurale di quella che sentono come la scommessa che sintetizza le loro vite, la loro unione artistica e il percorso che li ha portati sin lì, dal rifiuto del nazismo all’esilio volontario, dal ripudio della cittadinanza tedesca all’emigrazione negli Stati Uniti: il battesimo del Marlboro Music Festival, un nuovo modo per studiare, insegnare e fare musica in libertà. Tra esecuzione di brani, dissensi e opinioni contrastanti, lo spettacolo immagina lo scambio di idee musicali e umane tra i tre rappresentanti della vecchia Europa di fronte ai loro giovani allievi americani. Alla fine, per il primo concerto di una formidabile serie che da allora non si è mai interrotta, la loro scelta è Beethoven, il musicista portatore per eccellenza degli ideali di collaborazione e fratellanza tra i popoli, e l’8 luglio 1951 il Festival di Marlboro aprirà per la prima volta i battenti al proprio pubblico e al mondo con l’esecuzione da parte del Trio Busch-Serkin dell’opera 97, “L’Arciduca”, l’ultimo trio di Beethoven, il ponte verso i suoi futuri capolavori. Come si può arrivare a costruire una drammaturgia che va a braccetto con la musica? Lo spettacolo è articolato e pensato in modo efficace. Da una parte il testo narrativo, dall’altra parte, un’azione musicale, nasce un atto performativo originale che parla ad un pubblico vasto, a chi ama la musica, a chi ama la storia, perché si racconta un evento significativo. Che cosa spinge un’autrice teatrale a raccontare in musica? Il desiderio di andare oltre i confini, di esplorare territori affini alla scrittura. Musica, e scrittura, in teatro sono vicini di casa, parenti stretti, chi scrive deve avere un’intuizione musicale. Questo è possibile solo quando nella scrittura drammaturgica, ci sia consapevolezza del ritmo, del suono. La scrittura di Maria Letizia Compatangelo, i cui testi si possono leggere nella sezione: “Autori” di questo sito, ha una musicalità interna, uno stile dinamico, frasi lunghe si alternano a frasi corte, una rapsodia vivace agita la parola scenica della Compatangelo. Ogni linguaggio teatrale può essere utilizzato con diligenza o fantasia, le forme che ne scaturiscono, possono, quindi, presentarsi come rassicuranti strumenti o come strade originali. Nel caso della Compatangelo la scrittura è originale, vive di continue metamorfosi, per esplorare mondi sconosciuti, come in questo spettacolo che getta un ponte fra teatro e musica, raccontando momenti di vita vissuta, episodi di storia contemporanea, poco noti al grande pubblico. È così che il teatro assume anche una funzione sociale, diffondendo note, esplorando mondi. 

Milano, 30 ottobre 2023