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Come sogniamo? Da questa domanda ha origine tutto. Per gli antichi erano messaggi degli dei, per il Medioevo era la guida di Dio Padre, per il razionale mondo borghese una bizzarria dell’animo. Poi è arrivato Sigmund Freud. Stefano Massini ci si è

dedicato anima e corpo a ricostruire metodo e intenti dello psicanalista austriaco, così nasce la sua “Interpretazione dei sogni” in scena al Teatro Grassi di via Rovello a Milano fino al 22 ottobre (produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro di Roma, in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa).
Massini se ne intende di linguaggio teatrale, come il pluripremiato Lehman Trilogy ha ben dimostrato. Ma qui la faccenda si fa più complessa, occorre portare un metodo e una visione dell’interiorità sul palcoscenico. Liberamente ispirata agli scritti di Freud, la ricetta funziona: segue un criterio generalmente cronologico, narrandoci gli esordi del metodo psicanalitico di interpretazione onirica – quasi inconsapevolmente  casuali - fino al suo perfezionamento. Aneddoti, illuminazioni, casi specifici per mostrare cosa ci sia nella cassetta degli attrezzi dello studioso della mente.
Massini si fa Freud e ce lo avvicina, mantiene l’aura magica del personaggio ma lo attualizza demitizzandolo. Ti prende per mano sulle note di trombone, tastiere, chitarre e violino dal vivo. Ti confonde con i giochi di luce del palcoscenico e con quell’occhio indagatore gigante che scruta lo spettatore. 
Eppure non è magia, ma comprensione del “come si fa”. Viene spontaneo applicarlo a se stessi, notare sfumature personali, avvicinarsi a se stessi con l’occhio rivolto a quegli apparenti vagheggiamenti notturni che sono i sogni.
Il testo di Massini funziona, scorre, coinvolge. La sua interpretazione, volutamente accentuata nei toni, scuote il dubbioso e rallenta l’affaccendato, spinge a portare la mente a sé stessi come forse solo il teatro tragico antico sapeva fare.
Dal punto di vista formale, risulta molto convincente la scelta di costruire capitoli scenici che si susseguono, in una sorta di manuale della psiche che semplifica ma raggiunge, con chiarezza e incisività.

Foto Filippo Manzini