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Ludovico Ariosto, nella sua più celebre opera “Orlando furioso”, descrive il cavaliere più famoso dell’esercito carolingio, assuefatto dalla ricerca di qualcosa di irraggiungibile, in questo caso Angelica, così come altri personaggi appaiono coinvolti e

sconvolti dalla ricerca di alcuni oggetti o desideri irraggiungibili; Orlando è distrutto dal cieco “furor” per aver scoperto l’amore tra questa principessa e Medoro, semplice fante dell’esercito nemico, ossia quello dei saraceni. L’Umanesimo pone l’uomo al centro delle riflessioni filosofiche e artistiche e lo descrive attraverso i suoi pregi e nelle sue profonde debolezze. Anche il regista napoletano, Davide Iodice, pone spesso al centro delle sue riflessioni le debolezze degli uomini, volute, accettate, fortuite o naturali. Riesce, però, a trovare un mezzo affinché queste rappresentino il motore scatenante dell’intera vita dei suoi personaggi e, quindi, dell’umanità intera.
Nel titolo di questo spettacolo, LA LUNA, ritorna quel concetto di ricordo e di desiderio che gli uomini, sin dall’antichità, riponevano lassù, lontano da loro perché ricordo terribile e doloroso, o lontano perché irraggiungibile. Nel canto XXXIV, all’interno delle ottave 69-97, Ludovico Ariosto inserisce uno splendido personaggio che è Astolfo, cugino di Orlando, definito “duca”, ricordando anche il significato dantesco, ossia di guida, cardine fondamentale dell’intera storia, protagonista dell’ennesima deviazione dell’opera, strutturata attraverso molteplici ramificazioni narrative, attraverso la tecnica dell’entrelacement. Astolfo vola a cavallo del suo Ippogrifo fin sulla luna, per recuperare il senno di Orlando e per riportarlo sulla terra, restituendo dignità e umanità al nostro cavaliere. 
In particolare, all’interno del racconto scenico ideato, scritto e diretto da Davide Iodice, in scena presso la Sala Assoli di Napoli dal 17 al 19 novembre e già spettacolo vincitore del Premio ANCT 2019, alcuni personaggi pronunciano una sorta di preghiera, di nenia e di lamento, ripetendo i versi firmati da Ariosto, inseriti, non a caso, nel canto in cui compare Astolfo, il quale osserva il mondo lunare come se fosse un vero e proprio pianeta caratterizzato da panorami ed elementi terrestri. All’improvviso compaiono, dunque, i versi prescelti da Iodice:

«Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo d'uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti qua giù,
là su salendo ritrovar potrai».

L’immagine della luna come luogo mistico, magico, in cui gli uomini riponevano le speranze e i dolori, ripresa poi, più avanti, con diverso punto di vista, anche da Giacomo Leopardi, è il punto di partenza di un racconto teatrale in cui, è vero, l’uomo è al centro dell’osservazione, ma lo spettatore ripiomba con i piedi per terra e sprofonda anche “sottoterra”. In questo spettacolo, infatti, i protagonisti narranti non pensano assolutamente alla luna, ma recuperano ricordi attraverso gli oggetti; inevitabilmente, il filtro novecentesco della psicanalisi ci condiziona fortemente, ma si tende a strapparlo dalle nostre menti, per osservare attraverso la purezza del racconto.
Il contrasto ossimorico, dunque, tra il titolo e l’allestimento scenico è evidente: Davide Iodice ci conduce negli inferi dell’animo umano e del ricordo relegato negli angoli bui della nostra mente perché troppo doloroso. La narrazione è costruita su una struttura drammaturgica che poggia su testimonianze reali, voci registrate che svelano il significato, per lo più doloroso, dell’oggetto consegnato. Iodice, infatti, attiva una vera e propria «chiamata pubblica per una drammaturgia partecipata», invitando gli spettatori a consegnare un oggetto, raccontandone la storia. Il piccolo foyer della Sala Assoli, infatti, ci accoglie con un angolo e un tavolo che raccolgono centinaia di oggetti, dal biglietto strappato della metro, alla confezione di un farmaco, ad una foto, ad un paio di scarpe. È incredibile come l’immaginazione si attivi attraverso esplosioni di memoria, osservando ogni singolo oggetto o l’insieme della raccolta.
Il concetto di “rifiuto” è il tema portante dell’intero spettacolo, raccontato in scena attraverso le voci off, che rappresentano la drammaturgia di partenza, e attraverso gli attori-ballerini-performer - Francesca Romana Bergamo, Veronica D’Elia (Annamaria Palomba), Fabio Faliero, Lia Gusein Zade (Alice Conti), Biagio Musella, Damiano Rossi, Ilaria Scarano, Fabrizio Varriale – che accompagnano il pubblico all’interno di immagini e di simbologie che si susseguono incessanti e coinvolgenti. Il pubblico è ipnotizzato e la scena, realizzata da Tiziana Fario che produce anche le maschere e i pupazzi utilizzati in questo spettacolo, attrae immediatamente gli spettatori in ingresso, quando scendono le scale che conducono alla platea, posta ad un piano inferiore rispetto al livello della strada. Sul palcoscenico si ergono quattro monoliti mobili, ricoperti di frammenti di sacchetti per l’immondizia, stracci di plastica che sembrano ricreare a tratti la spigolosità e ruvidità di una parete rocciosa, in altri momenti sembrano incombere come alte onde soffocanti. Questi grandi contenitori, funzionali all’intero spettacolo, servono da quinte mobili, da ripostiglio di oggetti e da luoghi su cui è possibile arrampicarsi, ma anche da cui sbucare fuori, emergendo dall’oscurità; ricordano spesso un ventre metaforico che nasconde le zone più buie del ricordo e della memoria. Una particolare discarica di rifiuti visivi e psicologici in cui il rifiuto ha una doppia valenza: rifiutare qualcosa che ha provocato un trauma, ma anche sentirsi rifiutati. Le storie narrate sono molteplici, mai positive, ma si percepisce la volontà di rinascita che affiora attraverso l’intonazione delle frasi e dei periodi registrati dai protagonisti.
Gli oggetti riportati in scena sono semplicissimi, ma si caricano di valenze incredibili, di sfumature e di coloriture che ogni spettatore assimila e rende proprie. La commozione, infatti, è una caratteristica conosciuta e riconosciuta, durante la visione degli spettacoli firmati da Iodice, il quale, come affermiamo spesso, dipinge le storie sulla scena e le profuma di poesia, senza tralasciare l’attento disegno delle luci, curate nei minimi dettagli, e delle musiche coinvolgenti ed elegantissime, elementi firmati entrambi da Sebastiano Mazzillo. 
Ogni aspetto di questo spettacolo rivela uno studio del particolare che si costruisce partendo da materiali di recupero, da piccolissimi oggetti della quotidianità, da travestimenti e simbologie corporee, il tutto mescolato in una partitura scenica in cui non esistono sbavature perché ogni elemento è collocato in un posto ben definito.
La presenza numerosa degli spettatori e i lunghissimi applausi dimostrano, ancora una volta, la bravura di questo poeta del teatro e sostengono fortemente il lavoro di un’ottima compagnia che ha centrato lo scopo artistico, sociale e culturale: comunicare per immagini e attraverso le parole. Stimolare l’osservazione del pubblico è un obiettivo imprescindibile, perché permette a noi tutti di continuare a ragionare e a parlare di uno spettacolo anche nei giorni successivi alla visione, contribuendo alla narrazione e all’immaginazione anche attraverso l’interferenza del nostro vissuto. 

LA LUNA
Sala Assoli Napoli 
17-19 novembre 2023
un percorso di ricerca e creazione a partire dai rifiuti, gli scarti, il rimosso di una collettività
ideazione, drammaturgia e regia Davide Iodice
aiuto regia Ilaria Scarano
training e studi sul movimento Fabrizio Varriale
spazio scenico e maschere Tiziano Fario
costruzioni scenotecniche Luciano Di Rosa
costumi Daniela Salernitano
assistente ai costumi Ilaria Barbato
direzione tecnica Antonio Minichini
luce e suono Sebastiano Mazzillo
allestimento Fabio Cosimo
foto di scena Cristina Ferraiuolo
con Francesca Romana Bergamo, Veronica D’Elia (Annamaria Palomba), Fabio Faliero, Lia Gusein Zade (Alice Conti), Biagio Musella, Damiano Rossi, Ilaria Scarano, Fabrizio Varriale
produzione Interno 5 in collaborazione con Teatri Associati di Napoli
co-produzione Casa del Contemporaneo
direttrice di produzione Hilenia De Falco
Un ringraziamento particolare va a tutte le persone che, consegnandoci i propri oggetti, ci hanno reso partecipi di una parte della propria vita.
SPETTACOLO VINCITORE DEL PREMIO ASSOCIAZIONE NAZIONALE CRITICI DI TEATRO 2019

Foto di scena Pino Miraglia
Foto in apertura Emanuela Ferrauto