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Raccontarlo è uno dei modi, forse il più sincero, di rendere vero ciò che non (o sembra non) esistere, e il fatto che non esista non lo rende meno vero; la parola, scritta sulla carta o ancor meglio detta sulla scena, è il suo strumento e l'Immaginazione è

l'energia che esteticamente la sprigiona (la parola ovviamente).
Se Jorge Luis Borges, il poeta cieco e visionario come il veggente Tiresia, ha cercato e mostrato attraverso di essa il lato doloroso e tragico del reale e dell'esserci che lo abita, il nostro Italo Calvino, di cui ricorre il centenario della nascita, ha invece utilizzato quella stessa immaginazione in modo per così dire aristocratico e ironicamente difensivo, senza nascondere la violenza e la cattiveria del mondo come nelle migliori fiabe, ma quasi facendosene schermo.
“I nostri Antenati”, lo spettacolo uno e trino prodotto dalla Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse di Genova, rappresenta un articolato tentativo di tradurre, e far trascorrere teatralmente in scena, quella singolare immaginazione, caratteristica della scrittura letteraria di Italo Calvino che nel romanzo breve ha trovato la sua più coerente sistemazione.
Lo ha fatto attraverso il 'cimento', termine che ben si addice al suo concetto di racconto, di tre registi drammaturghi, organizzando in un unico spettacolo a stazioni itineranti tre loro  drammaturgie ispirate, ciascuna, ad una diversa creazione calviniana, da cui il Trittico che dello spettacolo è l'esergo a sottotitolo.
Come nella più classica figuratività del passato, ciascuna delle Pale che costituiscono questo trittico, ha una sua singolare dimensione pittorica che si completa in coerenza nella visione complessiva che è nel percorso dello sguardo (e dell'udito e dello spirito) dello spettatore.
Un percorso iniziato con Emanuele Conte che, dopo l'interessante e breve PROLOGO, quasi un introito, ben interpretato da un 'silvestre' Enrico Campanati circondato dai segni dell'artistica mano di Emanuele Luzzati, ha presentato:

MAL VISCONTE MEZZO GAUDIO
Evidentemente ispirato al calviniano “Il Visconte dimezzato” sceglie una sintassi fiabesca, forse per aderire maggiormente alle intenzione dell'autore, una sintassi quasi da racconto di inverno davanti al fuoco mentre in video scorrono figure donchisciottesche, che distilla la non tanto nascosta brutalità della narrazione (tra guerre, squartamenti, torture e quant'altro) in un transitare leggero dalle stanze del castello ai prati delle fattorie, ma sempre in fondo 'dentro casa', i luoghi cioè in cui il confronto-scontro tra Bene e Male nel Mondo, e tra bene e male nell'animo umano, si dipana nella sua paradossale naturalezza. Una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde scritto nell'universo di Biancaneve, il cui stridere in fondo ferisce ma insieme risana. La storia è conosciuta ed è inutile ripeterla, e la scrittura di Conte, sostenuta dalle belle scenografie che sono le sue anche negli altri spettacoli, vi aderisce con fedeltà anche se, rimanendo un po' sulla superficie del racconto, predilige, rispetto al colpo che ferisce, quella tonalità pedagogica che non dà pienamente ragione dell'etica sempre un po' lontana e appunto aristocratica dello scrittore di Sanremo. Buona la prova dei tre attori in scena Pietro Fabbri, Antonella Loliva e Matteo Traverso (il 'doppio' Visconte).

A seguire il giovane Giovanni Ortoleva che, coadiuvato nella riduzione del testo da Riccardo Baudino, ha realizzato:

PAGINA
Basato sull'ultimo capitolo de “Il cavaliere inesistente” è forse la Stazione più ispirata e suggestiva in quanto, a mio avviso, la più efficacemente 'interpretativa' e non solo 'rappresentativa' della scrittura letteraria di Calvino. Infatti in una scena vuota e anche metafisica che suggerisce le pagine bianche aperte di un libro non scritto e insieme il suo archetipo, fa recitare la maschera dello scrittore che tenta di svelare e risolvere il suo rapporto, sempre giocato tra lo specchiarsi e il travestirsi (come un attore in fondo), senza mai, e aggiungo per fortuna, riuscirci, perché è il mistero dell'immaginazione che lo regola, e mistero deve rimanere. Un rapporto con la scrittura che da suo (dello scrittore) diventa, attraverso il drammaturgo, anche il nostro, mentre come Suor Teodora, la brava Valentina Picello, cerchiamo di scrivere qualcosa sulle pagine bianche della nostra vita.

Da ultima Laura Sicignano (un ritorno il suo) che firma:

IL BARONE
Superfluo ma doveroso dire che è una drammaturgia adattata da “Il Barone Rampante”, per la quale la Sicignano sceglie, forse fidando nei poteri del paradosso, uno scenario in qualche modo naturalista, segnato da sonorità quasi onomatopeiche, pur nella efficace stilizzazione scenografica e, dentro questo scenario, una sorta di flusso narrativo tra l'autoanalisi surrealista o tardo futurista e un impossibile recupero del tempo perduto. In fondo la 'foresta di Arden' in cui si rifugia il giovane barone-uccello, sperimentando e insieme perdendo il tutto (amore e politica, sogno e desiderio) della vita assomiglia in qualche modo ad un rifugio esistenziale (può essere la letteratura ma anche un altro luogo della mente) in cui ci rintaniamo per cercare di evitare, di quella stessa vita, l'inevitabile dolore e la certa morte. Una scelta drammaturgica in cui però si perde un po' della brillantezza del raccontare di Calvino, le sue svolte improvvise, il suo ribollire prima della mareggiata, in un percorso troppo pianeggiante che la recitazione del bravo Alessio Zirulia non riesce, nonostante tutto, a ravvivare. In una sala Trionfo ribaltata, con il pubblico accomodato sul palcoscenico.

I NOSTRI ANTENATI – trittico calviniano, prima nazionale. Produzione Fondazione Luzzati Teatro della Tosse  

Sala Agora’/La Claque PROLOGO, testo e regia Emanuele Conte, costume Danièle Sulewic, con Enrico Campanati.
Sala Agorà / La Claque MAL VISCONTE MEZZO GAUDIO. Testo e regia Emanuele Conte, con Pietro Fabbri, Antonella Loliva, Matteo Traverso, scene Emanuele Conte, Luigi Ferrando, Luci Matteo Selis, disegni animati Paolo Bonfiglio, costumi Danièle Sulewic, Assistente alla regia Alessio Aronne, 
Luzzati Lab PAGINA, di Riccardo Baudino e Giovanni Ortoleva, drammaturgia e regia Giovanni Ortoleva, con Valentina Picello, scene Emanuele Conte, Luigi Ferrando, musiche Pietro Guarracino, luci Davide Bellavia, costume Daniela De Blasio, movimenti di scena Anna Manella.
Sala Aldo Trionfo IL BARONE, regia e adattamento Laura Sicignano, con Alessio Zirulia, scene Emanuele Conte, Luigi Ferrando, movimenti di scena Piera Pavanello, luci e sonorizzazione Luca Serra, costume Daniela De Blasio, attrezzeria ed elementi scenici Renza Tarantino, produzione in collaborazione con Teatro Cargo.
Una produzione impegnativa in scena dal 16 al 26 novembre. Applausi calorosi.

Foto Donato Aquaro